Politica
Etiopia, quello stallo che tiene in istituto 50 bambini che potrebbero diventare figli…
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera scritta da alcune coppie coinvolte nel blocco delle adozioni internazionali dall'Etiopia. Mettono il loro nome per lanciare un pubblico appello affinché tutti quelli che hanno un ruolo istituzionale si adoperino per trovare una soluzione che consenta di portare a conclusione le loro procedure adottive già avviate da anni in quel Paese. Perché una cinquantina di famiglie, qui in Italia, hanno già la porta aperta per accogliere altrettanti bambini dall'Etiopia e dar loro tutto l'amore che meritano...
di Redazione
Siamo alcune delle circa cinquanta famiglie rimaste coinvolte dalla sospensione delle adozioni internazionali da parte dell'Etiopia a gennaio 2018. Abbiamo tutte conferito mandato a vari enti autorizzati alle adozioni internazionali ( 'Centro Aiuti per l'Etiopia', 'Cifa onlus', 'In cammino per la famiglia' poi assorbito da 'Nadia onlus' ed 'Aiau') e depositato i documenti necessari presso l'ambasciata etiope tra il 2013 ed il 2017, quindi molto prima che l'attuale legge etiopica – in vigore da febbraio 2018 – bloccasse le adozioni internazionali.
Nei primi mesi dopo l'approvazione della legge, la Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI), da noi interpellata più volte, si diceva ottimista sulla possibilità di completare i nostri iter adottivi. La stessa legge etiopica prevede una clausola di salvaguardia per il completamento delle procedure in corso: alcune coppie, forse circa una cinquantina – alcune con abbinamento, altre senza – sono riuscite in quei mesi a concludere l'iter. Noi circa 50 coppie siamo rimaste inspiegabilmente in un limbo e con noi quei 50 bambini che avrebbero potuto entrare in famiglia da oltre un anno…
Nel corso del 2018 ci sono state varie occasioni di incontro tra governanti/funzionari italiani ed etiopi su vari temi. Lo stesso premier etiope Abiy ha incontrato a Roma il nostro premier Conte. Abbiamo informato e chiesto alle varie autorità/parlamentari/funzionari che avevano occasione di incontrare le autorità etiopi di farsi portavoce di questa situazione: non sappiamo se e quanto sia stato fatto. La situazione però non si è sbloccata. Con il passare dei mesi, la CAI e gli enti autorizzati – tranne il 'Centro Aiuti per l'Etiopia' – sono diventati sempre meno ottimisti, fino a consigliarci di cambiare Paese ed avviare un nuovo iter adottivo (con conseguenti nuove somme da versare agli enti e altri anni di attesa).
Sappiamo che nel corso del 2018, l'Etiopia ha ufficialmente chiesto ed ottenuto dalla Commissione per le Adozioni Internazionali l'elenco delle coppie rimaste sospese, ma non hai mai dato alcun riscontro o manifestato la volontà di permettere il completamento dei nostri iter adottivi.
Per inquadrare meglio la situazione generale del paese, c’è da dire che l'approvazione della legge etiope che abolisce l'adozione internazionale non è certo scaturita dalla capacità dell'Etiopia di gestire in autonomia il welfare della propria infanzia: i bambini accolti negli istituti – solo statali ormai, quelli privati hanno chiuso dopo l'approvazione delle legge – sono moltissimi, tanto che le strutture non riescono ad accoglierne altri. Vi lasciamo immaginare le possibilità di sopravvivenza dei bimbi lasciati per strada…
Il mese scorso uno dei membri del consiglio direttivo del Centro Aiuti Etiopia (CAE), praticamente unico ente rimasto al fianco di noi coppie per supportare le nostre istanze, l'Avv. Tiziana Pozzoni, ha avuto un'audizione in Commissione Affari Esteri del Senato, nella quale ha illustrato nel dettaglio la vicenda e ha chiesto alle autorità italiane di fare pressioni sul governo etiope, facendo leva oltre che sulla clausola di salvaguardia prevista dalla stessa legge etiope anche sugli ingenti investimenti italiani per la cooperazione a favore dell'Etiopia e non ultimo sulle somme investite in questi anni dagli stessi enti autorizzati alle adozioni internazionali, che da sempre in Etiopia hanno portato avanti parallelamente adozioni e cooperazione.
Vorremmo chiedere, attraverso questa nostra lettera, un aiuto per sbloccare le nostre pratiche adottive e permettere l'abbinamento e l'adozione degli ultimi 50 bambini etiopi e portare finalmente a casa questi figli lontani.
Stefania Masini e Andrea Manichi – Firenze
Enrica Carbone e Domenico Papa – Rimini
Marialetizia Pietraperzia e Marco Forcelli – Firenze
Ilaria Paris e Filippo Carletti – Pistoia
Alessia Agnoletto e Andrea Bertagnolo – Costa di Rovigo (Ro)
Maria Teresa Goglia e Giovanni Campagnuolo – Benevento
Francesca Fani e Massimiliano Breschi – Prato
Angela Laera e Bartolomeo Sardella – Monopoli (Ba)
Silvia Cabella e Michele Cotella – Genova
Raffaella Caputi e Alfonso Gallo – Milano
Loredana Guerriero e Ugo Trapani – Parabiago (Mi)
Carola Cambria e Fabio Molteni – Cantù (Co)
Simona Giacometti e Christian Crocco – Genova
Sara Tosi e Claudio Bottaro – Torino
Tiziana Pigozzo e Paolo Mich – Cavalese (Tn)
Gisella Lauriello e Daniele Caroccia – Salerno
Bianca Festa e Paolo Magotti – Rimini
Consuelo Vidale e Filippo Pallanza – Vellezzo Bellini (PV)
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Una scheda
Nel 2013 l’Etiopia era il secondo paese di provenienza dei minori adottati in Italia, con 293 bambini, pari al 10,4% di tutte le adozioni di quell'anno. Già due anni dopo, l’Etiopia era scesa all’ottavo posto. Nel 2018 l’Etiopia ha chiuso le porte alle adozioni internazionali: il 9 febbraio 2018 è entrata in vigore la riforma delle adozioni approvata dal Parlamento etiope. Oggi sono sospese nuove procedure adottive.
Questa riforma è stata preceduta da tre o quattro anni di pesante incertezza, rallentamenti e criticità, tanto che alcuni Paesi di accoglienza (come Francia, Germania, Belgio, Danimarca, Spagna, Irlanda, Svezia e la Svizzera) avevano già deciso di sospendere le adozioni internazionali dall’Etiopia. In Italia una esplicita comunicazione da parte della CAI è arrivata solo a inizio novembre 2017: «gli Enti autorizzati ad operare nel paese sono stati invitati dalla Commissione a non assumere ulteriori incarichi da parte di famiglie desiderose di adottare in Etiopia e a non proporre nuovi abbinamenti alle famiglie già in carico, considerata la situazione di estrema incertezza concernente la definizione degli iter adottivi». Diversi enti autorizzati, tuttavia, già da qualche anno avevano smesso di accettare nuovi incarichi sull’Etiopia. Al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, la Commissione Adozioni Internazionali contava (comunicato del 7 febbraio 2018) «circa 80 famiglie instradate per un’adozione in Etiopia, delle quali poco meno di un terzo hanno ricevuto la segnalazione di un abbinamento». La Commissione – si legge – «si è attivata sin da subito, all’indomani dell’approvazione della legge, per porre in essere ogni azione a livello politico e diplomatico, per cercare di pervenire ad una soluzione di questa vicenda, nell’interesse primario dei minori abbandonati e delle famiglie italiane che da tempo attendono di coronare il loro desiderio di famiglia, tenendo sempre presente, però, il fatto di trovarsi al cospetto di una decisione adottata dal Parlamento di uno Stato sovrano, che esige il massimo rispetto».
Nel primo semestre 2018, quindi dopo l’entrata in vigore della legge, sono stati autorizzati all’ingresso in Italia 46 minori provenienti dall’Etiopia, con un’età media di 2,4 anni. Un dato parziale, ma l’unico reso pubblico dalla CAI. Di essi, 28 sono entrati con il Centro Aiuti per l’Etiopia, un ente autorizzato che è accreditato unicamente per questo Paese. Ad aprile 2018, a seguito di un incontro con alti rappresentanti del MOWA, la CAI ha inviato una comunicazione alle Autorità etiopi, contenente l’elenco delle famiglie la cui procedura risultava avviata, per le quali – dice la CAI – «si auspicava una positiva conclusione». Rappresentanti dell’Autorità Centrale erano attesi anche a ottobre 2018 al convegno "L’accoglienza di bambini in stato di abbandono nel mondo: strumenti giuridici a confronto”, organizzato dalla CAI: presenza saltata per motivi di salute del Direttore del MOWA. A dicembre 2018 la CAI ammetteva che «nonostante gli sforzi profusi ad oggi, nessuna risposta è giunta dal MOWA. Si ritiene pertanto, allo stato, estremamente residuale la possibilità di concludere le procedure adottive in corso».
Non ci sono colpevoli in questa vicenda, sia chiaro. Né negligenza. È una questione politica e come spessimo accade in politica estera e nelle adozioni internazionali, la soluzione non può che essere complessa e delicata. Ma come ben evidenziano le coppie, non è formalmente impossibile: la legge stessa prevede una clausola di salvaguardia per completare le procedure in corso. L’alternativa per le coppie in attesa è quella – menzionata anche nella lettera dei genitori – di dare incarico all’ente per un altro Paese, ricominciando la parte “estera” della procedura adottiva. Nei mesi scorsi è stato ipotizzato un sostegno economico per questi nuovi iter, tramite un fondo “emergenze adozioni”. (Sara De Carli)
Foto Unsplash
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