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Etiopia nella morsa della siccità. Mai così grave negli ultimi trentanni

Continua la serie sulle crisi dimenticate: in Etiopia quasi dieci milioni di persone sono a rischio fame e 400mila bambini sono a rischio denutrizione. È l’allarme lanciato dalle ong del network Agire che lavorano in Etiopia, dove la peggiore siccità degli ultimi 30 anni rischia di trasformarsi in carestia.

di Donata Columbro

Due mesi: è questo il tempo limite indicato dalle ong per portare aiuto alla popolazione dell’Etiopia, che sta affrontando una delle peggiori siccità degli ultimi anni, per cui la prossima estate quella che gli organismi internazionali definiscono “emergenza” potrebbe trasformarsi in “catastrofe”. Secondo le ultime stime del governo etiope già oggi più di una persona su dieci non ha abbastanza cibo per nutrirsi. La maggior parte della popolazione dipende dall'agricoltura e quando non piove l’aridità del terreno impedisce di avere raccolti sufficienti a sfamare i 92 milioni di abitanti del paese.

La colpa è di El Niño: un fenomeno climatico che porta ad anomalie nelle condizioni metereologiche a causa del riscaldamento delle acque superficiali dell’oceano Pacifico. Nelle aree direttamente interessante si verificano inondazioni, mentre in quelle più lontane la conseguenza diretta è la siccità. L’Etiopia in questo momento è il paese che soffre di più dell’azione di El Niño.

Il grafico mostra le conseguenze della siccità nell’area più colpita, quella al confine con il Gibuti, e l’aumento delle temperature del mare: il momento peggiore è stato il 1997, con un nuovo picco nel 2009 e nel 2015, di cui si sentono gli effetti ancora adesso.

In Etiopia il settore agricolo contribuisce del 42,3 per cento al pil del paese, per un totale del 73 per cento della forza lavoro impiegata. L’ultima stagione delle piogge è iniziata con grande ritardo, denuncia l’ong Coopi, che fa parte del network di Agire e già a novembre ha avviato un intervento urgente per portare acqua a 9.400 persone.

La pioggia è stata debole e scarsa, da 2 a 5 giorni di pioggia anziché 20-60, provocando un crollo della produzione agricola e la morte di migliaia di capi di bestiame.

A febbraio il 75 per cento dei raccolti sono andati perduti e il governo etiope ha annunciato che i bisogni economici per coprire la situazione di mancanza di cibo sono di almeno 1,4 miliardi di dollari. Secondo l’Onu il momento peggiore per l’Etiopia sarà l’estate del 2016, luglio e agosto; le zone più colpite sono il sud Afar e la regione settentrionale al confine con la Somalia, già dichiarata in emergenza lo scorso ottobre.

L’intervento delle ong

“Nelle emergenze umanitarie le donne e le bambine da sempre sono le più vulnerabili”, denunciano le ong di Agire. In questo periodo infatti aumentano i matrimoni precoci per le bambine, le violenze sessuali e gli abusi per le donne. Il motivo è che durante la siccità le famiglie decidono di dare in sposa le ragazze in età giovanissima, nella convinzione che questo aumenti le possibilità di avere cibo dai mariti adulti e possano essere salvate dalla fame.

«I bambini sono i più vulnerabili in tempi di penuria alimentare acuta. Abbiamo bisogno di rispondere immediatamente, prima che la crisi alimentare e la grave malnutrizione li tocchino in maniera irreversibile», dice Dereje Wordofa, Direttore Internazionale di SOS Villaggi dei Bambini dell’Africa orientale e meridionale, che lavora per la cura e il sostegno psicologico delle vittime della siccità. Il lavoro di sostegno alla popolazione più povera nei mesi scorsi si è concentrato sull’emergenza per sostenere chi sta perdendo raccolti, bestiame, scorte alimentari.

L’ong Action Aid si trova in tre diverse aree dell’Etiopia oggi colpite dalla siccità come Ankober, nel centro del paese, punto di partenza per molti migranti che fuggono nei paesi del Golfo in cerca di migliori condizioni di vita: con Amref l’ong si occupa di formazione degli agricoltori, di realizzazione ma anche di formazione di comitati pubblici e privati per contrastare la tratta di esseri umani.

Anche Oxfam sta lavorando per affrontare l’emergenza con l’obiettivo di raggiungere 777.000 persone nei prossimi mesi nella regione del Somali, dove fornisce acqua e foraggi, ricostruisce pozzi, aiuta gli allevatori a smaltire in sicurezza le carcasse dei capi di bestiame morti e costruisce latrine per circa 9.000 persone che sono attualmente stanziate in insediamenti vicino alle poche sorgenti d’acqua.

La prima puntata della serie

Vai all’articolo: Il Sud Sudan è a rischio carestia

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