Cultura

Etica: non è un sogno, non un bisogno. è un legame

Per Pierangelo Sequeri, teologo,"La vera libertà non è sciogliere i legami, ma crearne di buoni. Senza legami anche il gesto ritenuto più etico, il dono, diventa autoreferenziale."...

di Sara De Carli

Gratuità, donazione assoluta, ontologia del dono? Basta, non se ne può più! La frase suona quasi una bestemmia, e il fatto che venga dalla bocca di un sacerdote, anzi, di un monsignore, non ci rassicura per niente. Lui è Pierangelo Sequeri: teologo e musicista, 61 anni, si divide tra la Facoltà teologica dell?Italia settentrionale, l?Accademia di Brera e il centro Esagramma, dove attraverso il lavoro d?orchestra riesce a integrare persone con ritardi mentali gravi. Vita: Monsignore, la Chiesa sta puntando tutto sull?etica: non si rischia di perdere la bellezza del cristianesimo? Pierangelo Sequeri: Bella domanda: di solito mi chiedono se non si perde la verità. Io non vedrei tutta questa distanza: la fede è irriducibile a un?etica, però non dobbiamo neanche esagerare con la critica, perché l?etica non è una cosa indecente, anzi, magari ce ne fosse di più. Comunque il rapporto tra etica e bellezza, lo ?stile?, è un punto su cui il cristianesimo oggi deve sviluppare una riflessione importante, che non gli è più familiare. Vita: Che cos?è lo stile? Sequeri: Ciò per cui il gesto sconta la forzatura: lo sforzo è una cosa, la forzatura un?altra. La forzatura ferisce l?etica, significa che lì la libertà è compressa, e allora il comportamento, anche corretto, perde la sua qualità spirituale. Lo sforzo invece è necessario e inevitabile. Inevitabile, perché lo Spirito è forza, e quindi è bello che muova il mondo, muova le mie mani o le trattenga. Vita: Proviamo a declinare questo concetto sul versante personale e su quello sociale? Sequeri Noi abbiamo un?icona: la libertà è lo scioglimento dei legami e viceversa i legami sono ciò che, limitando la libertà, deve essere sciolto. Oggi cioè parliamo di condizionamenti anche per quelle che in realtà sono le condizioni della libertà: la libertà di volare chiede di fare i conti con l?attrito, la forza di gravità. Però non ci si pensa. Libertà e legami sono complici, perché la libertà non si realizza se non incorporandosi in un legame. Vita: E cosa fa la differenza con un legame che mi vincola? Sequeri: Che io in questo legame riconosco la cosa che volevo. Lungi dal rappresentare il suo esaurimento, questa incorporazione della libertà nel legame e nell?altro è la sua perfetta realizzazione. Il problema è che ci sono legami buoni e legami non buoni. Vita: Un esempio concreto? Sequeri: Il legame dell?uomo e della donna, che è l?origine di tutti i legami. Tutti i legami buoni li abbiamo imparati da piccoli dentro il triangolo di relazioni uomo-donna-generazione, quando abbiamo sperimentato che c?è un legame non utilitaristico. C?è qualcosa per cui l?uomo percepisce che c?è una sporgenza gratuita. Noi tratteniamo questa esperienza, e ogni volta che sentiamo che una relazione è perfettamente sovrapposta allo stato di necessità, noi la patiamo: mi vuoi bene per i miei soldi, sei mio amico perché devi fare carriera? Vita: Come si traduce il gioco della libertà e dei desideri nella sfera sociale, dove si ragiona in termini di bisogni? Sequeri: Questa cosa bisogna affrontarla a muso duro: l?idea della società come sistema di bisogni da soddisfare o da realizzare si è accorpata al racconto di un individuo ossessivamente autoreferenziale, il cui problema è quello di ottimizzare il godimento, cioè di soddisfare dei bisogni. Questa visione dell?individuo è distruttiva, e questo modello di società come insieme degli individui che cercano l?ottimizzazione della loro soddisfazione – oggi si chiamano anche diritti – è una corruzione del rapporto sociale e della qualità umana. E gli effetti si vedono. Vita: Lei dice che insistere sulla capacità di donazione assoluta rischia di legittimare il narcisismo? Sequeri: Ci ha aperto una strada, ma rischia di essere una bolla di sapone. Sottolineare il dono come contrario dell?utilitarismo può andare bene, ma come contrario dello scambio no, è mettersi un serpente in seno, perché ci abitua a pensare lo scambio come qualcosa che è per forza mercantile. Ma noi di scambi viviamo, e così facendo facciamo passare l?idea che la relazione è per sua natura mercantile e che l?ottimizzazione dello scambio tra le persone dipende dalla gratificazione che ne viene. In secondo luogo diamo l?idea che il dono nella sua perfezione assomiglia al gesto narcisistico dell?individuo che si compiace di donare a perdere, ma che vuole solo mostrare la sua superiorità e la sua potenza, perché non è interessato allo scambio e al legame. Vita: E cosa c?entra Dio? Sequeri: Dietro questo modello c?è l?idea di un Dio che somiglia al faraone: magari ti regala un intero impero in Nubia, ma il giorno dopo può anche farti fuori. L?idea del dono perfettamente disinteressato, che ci sembra così bella, in realtà accresce il potenziale distruttivo dell?individuo autoreferenziale, e lo fa in un modo molto insidioso: gli fornisce una retorica nobilitante. È il dono dello spreco, di chi non dà valore alle cose: anche dopo il dono tu non sei nessuno. Il dono vero invece contrae legami: io donandoti qualcosa accetto di dipendere un po? da te. Il dono è fatto non per saturare un bisogno, ma per far nascere un legame. Questo è il dono puro. Vita: E questo è il dono nell?ottica cristiana? Sequeri: Esatto. Perfino all?offertorio diciamo a Dio: ti offriamo cose che ci hai dato tu, lo sappiamo, tuttavia restiamo ammirati che tu ci passi sottobanco qualcosa perché noi si possa fare persino con te l?esperienza degna di qualcuno che dice: «Anch?io ho qualcosa da offrire». Vita: Allora ammette che donare è gratificante? Sequeri: Quando ti riesce di essere felice o di far star bene qualcun altro, anche a costo di portare una ferita, fai esperienza di una bellezza e di una pienezza della libertà che è impagabile. Se tu ti misuri sull?autorealizzazione, ogni volta che ti mancherà qualcosa penserai che è perché non hai ancora imparato ad abbandonarti all?impulso di saturazione. No, gioia, è perché da troppo tempo non fai esperienza della felicità, e cioè del fatto che la bellezza della libertà si realizza precisamente dando la libertà in ostaggio a qualcun altro. Vita: Mi risponda con una battuta: l?individualismo è peggio del relativismo? Sequeri: Sicuramente. In questo momento è il primo nemico, l?altro viene di conseguenza. Solo se uno fa un passo indietro dall?individualismo riesce a sentire che c?è un umano comune del quale tutti siamo ospiti ma non padroni. Vita: Mi obbliga alla domanda sulle questioni di bioetica? Cosa ne pensa? Sequeri: Stiamo cercando di spidocchiare su questioni metafisiche fatte passare per scientifiche. Vogliamo vedere se possiamo ritagliare all?inizio e alla fine della vita umana uno spazio aperto, dove ancora io non faccio la figura di toglierti qualcosa, e posso fare tutto quello che mi serve. Noi qui speculiamo sull?icona, ma quando uno ci si presenta con degli occhi, un naso, una bocca, non osiamo dire certe cose, anche se magari sotto sotto consideriamo la sua esistenza come non necessaria? Invece quando gli occhi non li ha ancora o non li ha più, non ci tratteniamo. Ormai sull?umano andiamo a casaccio. Vita: Baricco di recente ha scritto che la Chiesa è unico luogo dove l?inesattezza fisica non significa niente? Sequeri: È una formula bella ma un po? letteraria, perché quel ?niente? è fin troppo poco. Sento risuonare il luogo comune dell?uguaglianza forzata, dello sguardo che dice «perché, sono diversi?». Io mi occupo di handicap da 40 anni, e questo ridurre a niente la ferita, anche nelle parole (diversamente abile, ci può essere una stupidaggine maggiore?), non è giusto. Bisogna portare la diversità fisica a non contare niente in termini di relazione e condivisione, non ignorarla. E ignorare lo si può fare anche per motivi spirituali, del tipo «in lui vedo Gesù»: perfetto, tu ci vedi Gesù, ma cerca di vedere anche che questa persona richiede che il nostro rapporto abbia una qualità superiore. Poi è vero che in questa società assatanata la comunità ecclesiale è l?unica che resiste nell?accoglienza dell?handicap senza limitarsi a riformulare protocolli del diritto egualitario, senza imbarazzo o sogni tipo «certo se la medicina fosse più progredita, sarebbe stato meglio prevenire il problema». Perché la scienza oggi ti dice «tu questo potevi evitarglielo, potevi anche non farlo nascere»? Vita Forse lo sa fare con l?handicap, ma non le sembra che la comunità cristiana sia sempre meno capace di resistere in parrocchia, là dove la comunità nasce su un criterio territoriale e tiene dentro tutti? Sequeri: È vero, anche nella Chiesa dobbiamo custodire i luoghi dell?umano generico. Ormai siamo in una società interamente amministrata, nella quale se non hai un ruolo non sei nessuno. Invece va recuperata attenzione non solo per l?handicap ma per tutte quelle parti della vita – quelle fondamentali – che non si lasciano ricondurre a un ruolo. Oggi bisogna puntare su questa Chiesa di base. È come dicono gli ecologisti: bisogna custodire la diversità biologica, quella bella confusione delle specie senza cui il mondo non sarebbe. Vita: È anche un modo per uscire dall?impasse «piazze piene e chiese vuote»? Sequeri: Abbiamo un nervosismo dell?evangelizzazione che ci ossessiona. A me piace il cristianesimo, ma faccio fatica a godermelo, perché continuo a trovare gruppi che hanno il problema di qualche cosa da acchiappare, da reagire, da realizzare? Ma dico: la Parola di Dio ve la godete anche? Il corpo del Signore ve lo godete, gli fate qualche carezzina e vi lasciate coccolare un po?? Questa è una bellezza nascosta che dobbiamo ritrovare. Chi è Pierangelo Sequeri Tra musica e teologia. Sequeri: sacerdote e figlio d?arte Pierangelo Sequeri è nato a Milano nel 1944. Sacerdote dal 1968 e figlio d?arte (padre violinista e madre pianista), da sempre lavora su due fronti: teologia e musica. È autore di canti religiosi molto popolari (tra cui Symbolum 77, Ed oggi ancora), e di opere come la Messa giubilare per coro e orchestra, eseguita davanti a Giovanni Paolo II dall?orchestra di Esagramma, il centro che Sequeri fondò nel 1985 per integrare persone con disturbi psichici con la musicoterapia. Oggi insegna alla Facoltà teologica dell?Italia settentrionale e all’Accademia di Brera. Tra i libri, Il Dio affidabile e Divertimenti per Dio. Per inviare mail a Pierangelo Sequeri: sequerip@ftis.it


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