Tre stimoli per sollecitare all’estremo la geometria variabile dell’impresa sociale, intesa come forma istituzionale capace di infrastrutturare processi di innovazione che oggi si sviluppano, in modi diversi, all’interno di ambiti standard (pubblici o privati che siano). Tre banchi di prova per verificare gli elementi di vantaggio competitivo di un modello che combina finalità pubblica e sistema organizzativo aperto coi classici fattori d’impresa: continuità e qualità della produzione, sostenibilità in termini economici, creazione di ricchezza. Il primo ambito, pluricitato, riguarda l’implementazione di applicazioni del web 2.0 individuando soluzioni organizzative in grado di capitalizzare esperienze di collaborazione ad elevato tasso di creatività e innovazione. Ed evitando, o almeno limitando, le frizioni con catene di comando gerarchiche e le derive settoriali. Il secondo riguarda invece la strutturazione delle reti del km zero, enfatizzando al massimo il valore locale e comunque garantendo le giuste connessioni per farne un asset globale, non riducendolo a una nicchia (che magari discrimina l’accesso di nuovi beneficiari). Terzo ambito il design che questo bel articolo definisce come approccio globale alla progettazione di beni e servizi (aggiungo io, relazionali), dove a farla da padrone sono gli elementi di senso rilevabili lungo tutto il processo produttivo. Non solo dal simulacro del “consumatore finale”. C’è spazio per un bel workshop. Sta a vedere che uno di questi giorni…
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