Welfare
Estia, cura a basedi teatro controil rischio recidiva
L'esperienza Recite e formazione per gli ex detenuti
di Redazione

Portare il mondo del teatro in carcere per sconfiggere la recidiva. È la scommessa vincente della cooperativa Estia di Mazzo di Rho (MI), che in soli cinque anni, dal 2003 a oggi, ha aperto le porte di un lavoro vero a 58 ex detenuti delle carceri di Bollate e San Vittore a Milano. «Scenografi, tecnici delle luci o del suono che ora lavorano per i service di tutto il milanese», spiega Michelina Capato, 45 anni, fondatrice della cooperativa e responsabile dei laboratori teatrali in carcere. «Il nostro intervento inizia dietro le sbarre. Qui, assieme ai detenuti, abbiamo creato la compagnia Teatro in-stabile, che crea spettacoli e li porta in scena», continua la responsabile. «La prima volta è stata dieci anni fa, quando ci siamo costituiti nell’associazione Estia, poi diventata coop. Dopo qualche tempo, ai laboratori teatrali abbiamo affiancato dei corsi di formazione per tecnici, che si sono rivelati uno strumento davvero utile». Almeno 80 persone formate, «tre quarti delle quali, una volta scontata la pena, hanno trovato lavoro all’esterno. È una soddisfazione vedere sui cartelloni degli spettacoli in città i nomi delle persone che abbiamo formato».
La cooperativa oggi entra nelle tre carceri milanesi (a Opera da pochi mesi) tutti i giorni della settimana lavorativa. Un impegno che la Capato non porta avanti da sola: «Attualmente siamo un gruppo di 15 persone, di cui 8 tra ex detenuti e “articolo 21″», ovvero coloro che possono lavorare all’esterno ma alla sera rientrano in carcere. «Oltre alla formazione teatrale, abbiamo attivo un servizio di falegnameria e operiamo come service per fiere ed eventi vari, montando gli stand e gli impianti fonici», aggiunge la responsabile della coop, «inoltre stiamo trasferendo da San Vittore a Opera un laboratorio di post produzione audio-video». Con queste attività Estia ricava il necessario per svolgere la propria mission, «che in parte rimane su base volontaria: non chiediamo finanziamenti per l’attività della compagnia teatrale».
La passione per il teatro come strumento di riscatto ha portato la stessa Capato a preferire il non profit al lavoro di speaker in televisione: «Ho trovato nell’esperienza teatrale un ponte, uno scambio tra risorse e bisogno, in cui tutte le persone coinvolte traggono vantaggio», dice, «persino i carcerieri rimangono stupiti per la disciplina con la quale i detenuti affrontano le prove teatrali. È un ottimo esercizio di responsabilizzazione». Una delle ultime sfide della compagnia teatrale è quella di portare il teatro carcerario nel mondo esterno e viceversa. «Nel 2006 ci siamo riusciti, portando alla Triennale uno spettacolo».
Ma il sogno più grande si sta realizzando in questi giorni, nella casa di reclusione di Bollate: «Grazie a un finanziamento del progetto Être della Fondazione Cariplo, le porte del teatro del carcere sono aperte a tutti». Lo spettacolo in scena è Psycopathia Sinpathica, di Oskar Panizza, «il tema è l’esuberanza giovanile che a volte la società cataloga come follia. È stato scritto nel 1898, ma è ancora molto attuale». Le prossime repliche saranno a maggio, il costo del biglietto d’ingresso serve a sostenere l’attività di Teatro in-stabile. «Il progetto prevede un cofinanziamento, la fondazione ci dà 130mila euro», chiarisce la responsabile di Estia, «noi dobbiamo garantirne altrettante, per questo speriamo che tanta gente ci venga a vedere». Un evento inedito il poter assistere a uno spettacolo teatrale dentro le mura di quello che viene ritenuto il caso-modello dei penitenziari d’Italia. «Un’occasione da non perdere».
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