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Est Europa, l’inferno dei calciatori

Minacce di morte, razzismo, corruzione. Il calcio in mano alla criminalità organizzata. Ma l’Uefa che fa?

di Joshua Massarenti

“Mi chiamo Rodoljub Marjanovic, ho 23 anni, sono un calciatore professionista della Serbia. Due anni ho firmato un contratto con l’FC Hadjuk Kula. Per sei mesi non sono stato pagato, poi sono stato costretto a recidere il mio contratto presso la federazione serba. Ho voluto difendermi, ma il direttore finanziario del club mi ha detto che sarei stato ucciso se non ritiravo la denuncia. Stavo male, anche perché il direttore finanziario, Nikola Dzomba, è molto in Serbia per essere qualcuno disposto a tutto. Ero in uno stato psicologico tale che ho detto ai media di essere pronto a immolarmi con il fuoco davanti alla sede della federazione serba”.

Quella di Marjanovic è una delle tante, tantissime testimonianze raccolte dal Sindacato internazionale dei calciatori professionisti (FIFPro) nell’Europa dell’Est, dove molti di coloro che hanno deciso di tentare l’avventura calcistica vivono le pene dell’inferno.

“Dopo aver raccolto informazioni sempre più precise e concordi, nel luglio 2011 abbiamo deciso di creare una task force per l’Europa dell’Est e di lanciare una grande inchiesta per determinare con esattezza la gravità della situazione” spiega il Segretario generale della FIFPro, Theo Van Seggelen. E le conclusioni raggiunte nel rapporto pubblicato oggi sono a dir poco allarmanti. “L’UEFA sosteneva che la corruzione”, uno dei tanti mali segnalati dai 3.557 calciatori coinvolti nell’inchiesta, “non era un problema di primo piano. Ora spero che Michel Platini, il suo presidente, ammetterà che la situazione è allarmante e che il fair-play non basta per porvi rimedio. Ma è anche necessaria la collaborazione dei governi e delle istanze europee, che devono affrontare la situazione di petto perché da sola, la FIFPro rimarrà impotente”.

Leggendo le anticipazioni fornite da Le Monde sui contenuti di quello che ormai potremmo chiamare il “libro nero del calcio europeo dell’Est”, c’è da chiedersi come sia stato possibile che in tutti questi anni l’UEFA di Platini non abbia mai denunciato le condizioni surreali in cui versano molti calciatori nell’Est Europa. La risposta sta probabilmente nei campionati europei di calcio che si terranno a giugno in Ucraina e Polonia, una prima assoluta, e attorno ai quali ruotano interessi finanziari e d’immagine enormi per l’UEFA e l’insieme del calcio europeo.

Polonia e Ucraina, non solo paesi ospiti dell’Euro 2012

A Platini non farà certo piacere leggere nel rapporto della FIFPro che in Polonia “le violenze, le intimidazioni, le molestie e il razzismo sono fenomeni molto seri”. Su 212 calciatori attivi in questo paese, il 42,9% sostengono di non percepire lo stipendio in tempi dovuti. Il 15,6% rivela inoltre di allenarsi fuori dal gruppo, ma soprattutto il 6,2% dicono di essere stati avvicinati da personaggi della criminalità organizzata per truccare le partite.

In Ucraina, su 363 coinvolti nell’inchiesta, il 13% dicono di essere al corrente dell’esistenza di gare corrotte nel loro campionato e il 7,6% di essere stati contattati per alterare i risultati delle partite in cui avrebbero giocato.

Oltre a Polonia e Ucraina, altri tredici paesi sono stati chiamati in causa. Oltre il 40% dei giocatori sostengono che gli stipendi sono pagati in ritardo, il 22% assicurano di essere stati soggetti a minacce fisiche o psicologiche e un terzo dei giocatori contattati per truccare una partita (oltre 400 calciatori) dicono di aver subito delle violenze.

La Russia riassume tutti i mali che attanagliano il calcio dell’est europa. Molti ricorderanno gli insulti razzisti che l’ex stella dell’Inter e del Real Madrid, Roberto Carlos, ha subito durante le partite giocate per l’Anzi Makhachkala, squadra della Prem’er –Ligam (la serie A russa).

A Nikola Nikezic è toccato un destino ben più funesto. “Pochi dopo minuti dopo aver rifiutato di firmare un documento che poneva fine al mio contratto, due tipi che sembravano guardie del corpo sono entrati nella stanza che il mio allenatore ha prontamente lasciato” ricorda l’ex calciatore del Kuban FC. Molestato e minacciato con una pistola, Nikezic ha finito per firmare il documento. Il giocatore russo Igor Strelkov fa parte del 15,6% di calciatori intervistati costretti ad allenarsi da soli, lontano dal gruppo. Salvo che nel suo caso il club in cui militava gli ha confezionato un programma individuale con i fiocchi: ore di corsa solitaria attorno a un terreno di calcio in un clima polare (-20 gradi). E a sentire la FIFPro, di calciatori come Strelkov ce ne sono molti in giro. Molti di più di quelli che hanno partecipato all’inchiesta “ma non osano parlare perché temono per la loro carriera o per la loro propria vita”.

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