Famiglia

Essere mamma in Italia prima e dopo il Covid

Il carico di cura nelle famiglie più a rischio povertà è sulle spalle delle donne, senza il supporto degli uomini: oltre la metà è da sola a occuparsi dei figli (51,7%) e a fare la spesa (50,3%), inoltre pulire la casa e lavare i vestiti (l’80,2%), e cucinare (70,5%) resta un “compito” quasi esclusivamente femminile

di Redazione

L’Italia si è presentata alle porte di un’emergenza senza precedenti come quella causata dal coronavirus con oltre 6,2 milioni di mamme con almeno un figlio minorenne. Sempre meno quelle più giovani (l’età media al parto cresce inesorabilmente e nel 2019 tocca i 32,1 anni, il tasso più alto in Europa), molte di loro sono costrette a rinunciare alla carriera professionale (tra i 25 e i 54 anni solo il al 57% delle madri risulta occupata rispetto all’89,3% dei padri), non possono appoggiarsi ad una rete per la prima infanzia (solo il 24,7% dei bambini frequenta un servizio socio-educativo per la prima infanzia) e spesso ammettono di aver modificato qualche aspetto della propria attività lavorativa per cercare di conciliare lavoro e vita privata (la scelta della riduzione dell’orario di lavoro ha riguardato il 18% delle donne e solo il 3% degli uomini).

È questo il quadro preoccupante che emerge dall’analisi di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2020” diffuso oggi, dal quale emerge chiaramente che la condizione delle madri in Italia non riesce a superare alcuni gap, come quello molto gravoso del carico di cura, che costringe molte di loro ad una scelta netta tra attività lavorativa e vita familiare. Una situazione già critica che è ulteriormente peggiorata con l’emergenza Covid-19, specie per i 3 milioni di lavoratrici con almeno un figlio piccolo (con meno di 15 anni), circa il 30% delle occupate totali (9 mln 872 mila).

Secondo un’analisi elaborata da Save the Children sui questionari somministrati dall’Associazione Orlando a quasi 1000 mamme, sul fronte lavorativo, le mamme nell’ultimo periodo sono sempre più “equilibriste”: nonostante quasi la metà di quelle intervistate (44,4%) stia proseguendo la propria attività lavorativa in modalità agile, tra queste, solo il 25,3% ha a disposizione una stanza separata dai figli e compagni/e/mariti dove poter lavorare, mentre quasi la metà (42,8%) è costretta a condividere lo spazio di lavoro con i familiari. In questo periodo, per 3 mamme su 4 tra quelle intervistate (74,1%) il carico di lavoro domestico è aumentato, sia per l’accudimento di figli/e, anziani/e in casa, persone non autosufficienti, sia per le attività quotidiane di lavoro casalingo (spesa, preparazione pasti, pulizie di casa, lavatrici, stirare). Tra quelle che hanno dichiarato un aumento del carico domestico, il 43,9% dichiara un forte aumento, mentre il 30,2% lo considera aumentato di poco. All’interno dei nuclei familiari, comunque, le mamme continuano ad avere netta la sensazione che tutto “pesi sulle loro spalle”: solo per una mamma su cinque la situazione di emergenza ha rappresentato un’occasione per riequilibrare la ripartizione del lavoro di cura e domestico con le altre persone che vivono insieme a lei (19,5%).

Le misure introdotte in marzo con il decreto “Cura Italia” e rinnovate con il Decreto Rilancio, di cui oggi inizia la discussione in Commissione Bilancio alla Camera, inoltre, hanno riguardato una platea alquanto ridotta di genitori lavoratori: dagli ultimi dati disponibili solo 242 mila lavoratori e lavoratrici hanno fatto domanda per il congedo previsto per genitori con figli di età non superiore ai 12 anni, poche anche le richieste per il bonus baby sitter (alternativo al congedo) di massimo 600 euro, poco più di 93 mila

“Mamme equilibriste” già prima dell’emergenza Covid-19, quelle raccontate dal rapporto sulla condizione delle mamme in Italia, che da Nord a Sud, con condizioni differenti, si trovano ad avere la maggior parte del carico di cura della famiglia e dei figli: molte di loro dopo una giornata di lavoro fuori casa rientravano e si occupavano della casa e della famiglia. Oggi non c’è più questa divisione spazio-temporale e lavoro e cura si sovrappongono, aggravando un equilibrio già molto precario. Ancora più precario quello delle donne che vivono in condizioni di vulnerabilità socio-economica. In un’altra recente indagine condotta da 40dB per Save the Children, emerge come il carico di cura nelle famiglie vulnerabili sia sulle spalle delle donne, senza il supporto degli uomini: sono praticamente da sole a occuparsi dei figli (51,7%), a pulire la casa e lavare i vestiti (l’80,2%), a fare la spesa (50,3%), cucinare (70,5%). «Con l’avvio della fase tre, le più penalizzate rischiano di essere le madri lavoratrici, circa il 6% della popolazione italiana.

Con la mancata riapertura dei servizi per la primissima infanzia molte donne, soprattutto quelle con retribuzioni più basse e impiegate in settori dove è necessaria la presenza fisica, rischiano di dover decidere di non rientrare al lavoro, aggravando la già difficile situazione dei livelli occupazionali femminili italiani. Per quelle che invece potranno lavorare in smart working, è forte il rischio di un carico eccessivo di lavoro e di cura», dice Antonella Inverno, Responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children, che prosegue «Non è solo la chiusura dei servizi per la prima infanzia a preoccupare le madri, ma anche la gestione della didattica a distanza, che soprattutto per le scuole primarie, necessita di un continuo supporto da parte di un adulto a casa, e soprattutto la gestione del carico emotivo dei figli, ancora oggi dimenticati dalla politica nella fase della ripartenza. E’ necessario adottare al più presto un Piano straordinario per l’infanzia e l’adolescenza, che metta al centro i diritti dei minorenni, perché le famiglie non devono essere lasciate sole ad affrontare le sfide educative e sociali che la crisi sanitaria ha imposto».

Sul fronte occupazionale, l’Italia rimane tra i paesi in Europa con il divario di genere più consistente (18 punti di distanza tra donne e uomini rispetto alla media europea di 10 punti a vantaggio maschile), divario che all’indomani dell’emergenza Covid19, rischia di diventare incolmabile. Nel nostro Paese per la fascia di età 20-64 anni ad essere occupato nel 2018 era il 72,9% degli uomini a fronte del 53,1% delle donne. Inoltre persiste una considerevole distanza che separa le donne 15-64enni occupate del Nord (59,7%) dal quelle del Sud (32,8%).

Secondo l’Istat in particolare le madri occupate sono il 69,4% al Nord, il 65,1% al Centro e appena il 35,9% nel Mezzogiorno, poco più di una su tre. Spesso sono disoccupate o inattive, ma anche con tipi di contratti precari e a termine ed è per questo che, ben il 46% di loro non può usufruire dei congedi parentali, che il Decreto Rilancio destina solo ai lavoratori dipendenti. Il Rapporto “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2020” di Save the Children, include come ogni anno, l’Indice delle Madri che identifica le Regioni in cui è più o meno facile essere mamme, elaborato dall’ISTAT per Save the Children, che misura, attraverso 11 indicatori, la condizione delle madri rispetto alle tre diverse dimensioni: quella della cura, del lavoro e dei servizi. Inoltre, anche quest’anno, l’indice evidenzia i principali mutamenti che hanno interessato la condizione delle madri dal 2004 ad oggi nei diversi territori. L’indice del 2020 fa riferimento alla situazione precedente alla crisi sanitaria causata dall’emergenza covid-19.

Le regioni mother friendly e quelle meno – Anche quest’anno, l’Indice delle Madri realizzato da Istat per Save the Children, ci restituisce una fotografia dell’Italia pre-Covid a macchia di leopardo, con le regioni del Nord più aperte a fornire supporto alla maternità e quelle del Sud nelle quali le madri devono faticare per trovare un equilibrio tra lavoro e carico di cura. Ai primi posti della classifica generale ci sono nuovamente le Province Autonome di Bolzano e Trento. Al terzo posto l’Emilia-Romagna (al 5° l’anno scorso), seguita da Valle d’Aosta (al 4° posto come l’anno scorso) e Lombardia (che perde due posizioni rispetto all’anno precedente. Sicilia (21° posto) e Campania (20° posto) si confermano le regioni dove essere madri è più complicato che altrove, seguite da Calabria (20° posto l’anno scorso), Puglia (che perde una posizione rispetto al 2018) e Basilicata (18° posto lo scorso anno). Mentre le regioni più virtuose fanno emergere il sostegno alla maternità con politiche di welfare mirate, le regioni che occupano le ultime posizioni, mostrano un indice inferiore a 100, a causa soprattutto della crisi economica e del progressivo peggioramento delle politiche per l’infanzia.

La crisi covid-19 e le conseguenze sulle mamme – Dall’analisi elaborata da Save the Children sui questionari somministrati dall’associazione Orlando, per quanto riguarda le principali criticità che le mamme hanno vissuto nella fase di isolamento forzato, la lontananza dai propri affetti (nel 21,7% dei casi), la limitazione di attività legate al benessere personale (15,4%) e il peso di lavoro di cura dei figli minori (14%), hanno prevalso addirittura sull’isolamento forzato (13,9%) e sulla paura del contagio (11,3%). Preoccupanti, anche, i problemi economici (8%), i conflitti in casa (6,7%) e il rischio di perdita del lavoro (6,3%). Particolari criticità, inoltre, riguardano i genitori single, che affrontano in contemporanea l’emergenza lavorativa e quella familiare. Tra questi, la grande maggioranza è rappresentata da donne, 302 mila mamme (a fronte di 47 mila papà) che devono gestire lavoro e cura dei figli da sole. Senza considerare le circa 70 mila donne che si stima abbiano dato alla luce un figlio in questi mesi, molte delle quali si sono dovute confrontare, oltre che con le classiche inquietudini e apprensioni delle neomamme, anche con quelle create dal Coronavirus e correlate alla difficoltà di avere informazioni chiare e univoche sulla trasmissione del virus, i pericoli del contagio, l’allattamento, la possibilità o meno di poter stare con il neonato in caso di positività al Coronavirus.

Gli interventi di Save the Children a sostegno di mamme e bambini – In Italia Save the Children realizza numerosi progetti a sostegno delle donne in gravidanza e delle neomamme. Ad oggi tutti i progetti, secondo le disposizioni governative, sono comunque attivi anche se da remoto. Dall’inizio dell’emergenza sono state prese in carico più di 2.500 famiglie con bambini dagli zero ai sei anni. Tra i progetti dell'Organizzazione ricordiamo Fiocchi in Ospedale, uno spazio dove le mamme possono trovare sostegno alla gravidanza, consigli e indicazioni perché il bambino fin dai primi giorni sia accolto in un ambiente sano e protetto; I 13 Spazi Mamme in altrettante città italiane; il progetto Per Mano con l’obiettivo di prendere in carico 1000 tra bambini e bambine, nati in Italia in condizioni di grave vulnerabilità a partire da maggio 2019; Nest un progetto, finanziato dall’Impresa Sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, con capofila l’associazione Pianoterra di cui Save the Children è partner. Il progetto intende rafforzare la protezione a sostegno delle famiglie più vulnerabili.

Per garantire un supporto nella fase dell’emergenza, sul sito delle Rete Zero-Sei di Save the Children (https://retezerosei.savethechildren.it/) è a disposizione una chat per il supporto, l’informazione e l’orientamento rivolto a future e neo mamme di tutta Italia. Il servizio è volto a supportarle nelle sfide a cui vanno incontro in questo particolare momento di emergenza sanitaria, condizione che può amplificare timori e incertezze: la paura del contagio in ospedale o, per le mamme positive al virus, l’incognita della trasmissione al feto durante la gravidanza e il parto, o, successivamente, attraverso l’allattamento o con la semplice vicinanza di un abbracci e tanto altro.

Le vignette sono state realizzate da Maria Chiara Gianolla per Save the Children

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