Cultura
Essere immigrata è una fortuna
La protagonista di “Che bella giornata” è una tunisina cresciuta tra Francia e Australia. Il multiculturalismo? Una chance
Non mi aspettavo assolutamente un successo simile». Si schermisce Nabiha Akkari, 25enne franco-tunisina che ha affiancato Checco Zalone nel film del momento, Che bella giornata, record d’incassi. Una pellicola, prosegue l’attrice, che «è stata una sorpresa anche per me, un po’ come per tutti gli italiani». Una modestia che non ha nulla di studiato. Le viene naturale.
Lei segue l’istinto (che l’ha guidata fin da subito, spingendola a presentarsi al provino senza sapere una parola d’italiano: «Se un progetto mi piace, io mi lancio»), e anche quando recita offre una presenza discreta, lascia che siano gli occhi a farsi carico di esprimere il guizzo. Forse di fronte alle ?sciocchezze? paradossali e spiazzanti del pirotecnico Zalone, non si può che fare così.
Lei le accoglie, assumendo l’espressione del ?non ci posso credere?, lasciando che quelle battute inaspettate facciano effetto sullo spettatore, ma senza sparire dalla scena. Una padronanza che le viene dal set, e dallo studio: «Checco mi ha aiutato a essere spontanea, anche a improvvisare come piace fare a lui, sempre tenendo un filo conduttore.
Zalone improvvisa molto: non fa mai due volte lo stesso ciak, e anche chi gli lavora accanto deve imparare rapidamente quest’arte. Per questo, certo, mi è servita, oltre all’intuito, anche la mia formazione. Ho recitato a teatro, ed è la scuola migliore, per un attore».
Recita con grande naturalezza…
Confesso che sì, ho una certa spontaneità naturale. E sul set non mi pongo mille questioni. Recito, cercando di dare al personaggio la maggior naturalezza possibile. Nei gesti, come nell’espressione del viso.
Che cosa l’ha convinta a recitare in questo film?
Quando ho letto la sceneggiatura, ho subito apprezzato i due livelli di lettura, sia del personaggio di Checco che del film nel suo complesso. Alcuni spettatori ridono perché il personaggio di Zalone è assurdo, e per loro il discorso finisce qui… Altre capiscono che è un personaggio che aiuta l’Italia a ridere di sé stessa, a non prendersi sul serio. Ho sempre amato la satira, l’uso dell’ironia come punto di partenza per un progetto. E poi, venendo al personaggio di Farah che interpreto in questo film, ho trovato interessante che non cada nelle braccia di un uomo, che non sia lì solo per fare la graziosa ragazza che ci vuole in ogni pellicola. Farah è un personaggio ambiguo: e questa, per un attore, è una sfida interessante.
Che impressione le ha fatto l’Italia?
Adoro l’Italia, la sua cultura, il fatto che ogni regione abbia una sua forte identità.
In questo momento sono in Toscana, ed è favoloso. Abbiamo girato qualche settimana a Milano: più che il Duomo, mi ha incantato la campagna milanese, molto romantica.
È stato difficile ?tenere testa? a Checco Zalone?
No, per niente. Sono un’attrice. È il mio lavoro. E lui è stato molto gentile e molto professionale.
Lei è figlia di immigrati giunti in Francia negli anni 70. Cosa pensa della politica che sta attuando l’Italia sull’immigrazione? E dell’atteggiamento dell’Unione europea?
Ogni Paese ha la sua storia, anche per quanto riguarda i flussi migratori e le comunità straniere con cui si trova a integrarsi. Purtroppo, noto che anche in Italia, così come in Francia, esiste un dibattito sull’immigrazione che talvolta diventa uno strumento di disinformazione e di divisione fra le comunità. Il che mi rattrista profondamente. Ma sono felice di vedere che, anche nel vostro Paese, ci sono associazioni, volontari – tanti tra gli attori – che lavorano nell’ombra per portare qualcosa di buono in questo campo: sono soprattutto loro che aiutano a combattere l’intolleranza e il razzismo.
Lei è una giovane donna. Cosa pensa dell’immagine della donna, in Francia come in Italia? Talvolta mi sento come se appartenessi a un’altra epoca, perché mi preoccupo per come la dignità della donna viene calpestata. E non sto facendo un discorso solo italiano… Mi dispiace anche per certi uomini che contribuiscono a questo svilimento: trovo che sia una visione triste quella che hanno della donna. Ma che vuoi farci? Oggi pare che il corpo di una donna sia un prodotto di marketing, è quasi normale che sia così. Però io non ci sto e, nel mio piccolo, nel mio lavoro, cerco di portare avanti un’altra visione. Anche se sembra di un secolo fa.
Oltre al rapporto uomo-donna, altro tema caldo oggi è quello tra culture differenti.
Bisogna far capire a tutti che il multiculturalismo è una chance. Ho viaggiato molto e sono sempre stata curiosa di scoprire altre culture; ho vissuto all’estero, in Australia, e mi sento arricchita dall’avere una doppia identità, di tunisina cresciuta in Francia. Viaggiare, vivere una storia d’amore con una persona di cultura diversa, condividere dei momenti insieme significa crescere. Se uno non ha la ?fortuna? di essere immigrato, consiglio a chiunque di viaggiare, viaggiare appena possibile.
Le piace il cinema italiano?
Sì, mi piace molto. Registi di oggi come Benigni e Muccino, ma anche attori storici, come Sordi o Gassman.
A quali progetti si sta dedicando?
Per quanto riguarda il cinema, sono in corso dei pour parler su diversi progetti.
Per ora c’è la musica – faccio parte di un gruppo rock che si chiama Hulawhy -, e il teatro: sto per andare in scena con una pièce di Michel Garneau che si intitola Quatre à quatre. La porteremo la prossima estate al festival d’Avignone.
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