Welfare

Essere detenuto ed essere genitore

Dentro fuori a cura di Ornella Favero.

di Ornella Favero

La domanda «Si può essere dei bravi genitori anche se detenuti?» è stata posta a Katia, una donna ex detenuta, dalla redazione di Zona 508, giornale delle carceri bresciane. E la sua risposta è stata complessa come è complessa la questione della genitorialità in carcere. Perché, comunque sia, non si può negare a un figlio un genitore, sia pure ?imperfetto?: «Diciamo che si può essere genitori anche se detenuti. E questo è già molto. Se solo lo si vuole, ovviamente. Se si riesce in quelle poche ore di colloquio ad instaurare un rapporto profondo sincero e pieno di amore. E dico ?se solo lo si vuole? perché spesso chi è detenuto non crede di essere in grado di fare il genitore e ha paura del giudizio dei propri figli e per non farli soffrire preferisce non vederli. L?impatto con tuo figlio può essere devastante. Ti costringe a fare i conti con le tue emozioni più intime e nascoste, che fanno male. Sei consapevole che tuo figlio soffre per te e questo può distruggerti. Puoi pensare: ?Meglio che cresca senza di me. Che posso dargli io da qui dentro. Solo dolore. E quando sarò fuori?? Sono pensieri normali. Umani. Dettati dalla paura e dalla scarsa considerazione di sé. Ma io penso che nel rapporto con i figli la detenzione, se vissuta in maniera costruttiva, può essere un momento importante anche di educazione, per far capire che nella vita ci si deve impegnare per costruirsi un futuro stabile».
Immigrati
Parlare con detenuti stranieri significa spesso parlare con persone che si vedono negare un diritto forse difficile da definire, ma fondamentale, che noi chiamo ?diritto al futuro?. Perché si fa presto a parlare di espulsione, come se ?tornare a casa propria? fosse un percorso semplice. Spiega un detenuto tunisino, Maher Gdoura: «Agli italiani sembra semplice dire: hai commesso un reato, non basta che paghi con il carcere, devi tornartene al tuo Paese. La parola ?ritorno? ad un emigrato suscita molta ansia, a volte lo fa proprio spaventare, soprattutto quando ha trascorso gran parte della sua vita in un Paese che ora non lo accetta più».


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