Non c’è niente di più efficace del racconto di un detenuto che ha visto da vicino il dolore di un suo connazionale espulso in Albania, nonostante la sua famiglia viva in Italia, per spiegare quanto la sorte degli immigrati in carcere sia segnata dall’assenza di speranza: «”È incredibile come il mio bambino più piccolo sta crescendo a vista d’occhio. Una volta al mese si misura l’altezza e poi al colloquio mi aggiorna su ogni centimetro guadagnato”, mi ha detto quel giorno Nico raccontandomi l’ultimo colloquio con la moglie e i tre figli. Aveva fatto ricorso contro l’ordinanza di espulsione per non essere separato dalla propria famiglia, ma dopo un paio di mesi, poco prima del fine pena, lo hanno rimpatriato. La moglie e i figli continuano a vivere a Genova, e lui per un po’ ha continuato a scrivermi raccontandomi come aiuta telefonicamente i figli a fare i compiti».
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