Non profit

Esproprio

Sapete cos’è lo shop surfing? La versione globalizzata dell’esproprio. Che se nel passato è stato una tragedia, oggi non è altro che una farsa.

di Alter Ego

Proprio così, è tornato l?esproprio. Proletario, s?intende, con tanto di rivendicazione e di bollo d?autenticità. Esproprio che, come ogni esproprio che si rispetti, non è un furto ma un riequilibrio di risorse. O shop surfing, come viene chiamato oggi, mixando political correctness e anglofilia da villaggio globale.
Esproprio, comunque, che fa alzare il tono dello scontro sociale in atto, che fa gridare «la prossima volta li arresto» al ministro degli Interni (fin troppo buono, Pisanu, cosa avrebbe dovuto dire?), che fa schierare dalla parte dei Disobbedienti, che mette in crisi il compagno (anzi, no, perché sta pensando seriamente di togliere comunista dal nome del proprio partito) subcomandante Bertinotti. Il quale condanna fermamente il gesto, ma lo legge come un calembour, una metafora, una provocazione situazionista. Tale quindi da rientrare nella sintassi del teatro d?avanguardia, non in quello della politica da segnare in blu.
Sarà. Sarà che l?esproprio riproduce in piccolo il grande conflitto del potere, che in fondo si riduce sempre alla famosa canzone di De Gregori: «Tu stai con chi ruba ai supermercati o con chi ha fatto i supermercati rubando?».
A quanto pare, nessuno sta con chi ruba ai supermercati per ricordare che qualcun altro li ha fatti rubando. Però è triste vedere che riaccada. Perché la prima volta, la storia è una tragedia, ma la seconda è una farsa. Come diceva uno che d?esproprio s?intendeva più di Casarini.

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