Famiglia
Espoleta, chi tha ucciso?
A Madrid è andato in scena la «Crociata dei bambini di strada» uno spettacolo scritto a sei mani da autori latinoamericani.
È in un bidone di latta arancione che inizia e finisce questa storia. Un bidone come ce ne sono tanti. Di quelli nati per trasportare il gasolio che, se trovi per strada, puoi farci un cestino della spazzatura, porta cose e tira calci.
Oppure una casa. Come quella che, sul palcoscenico spoglio del Centro Dramatico Nacional di Madrid, una bambina magra usa per dormire e nascondersi alla polizia.
Di lei si sa solo che ha otto anni, sniffa colla, vive a Rio e cerca Espoleta. Un?amica che come lei, qualche sera prima, è miracolosamente sopravvissuta alle pallottole sparate dalla polizia sui bambini di strada rifugiatisi nella chiesa della Candelaria, quartiere ricco e chic di Rio de Janeiro.
Candelaria è un nome tristemente noto nella storia dei bambini di strada. Nel 1993, la polizia aveva ucciso sei di loro che dormivano su gradini della cattedrale. Il caso attirò l?attenzione dell?opinione pubblica internazionale, anche perché la polizia infierì su due altri bambini, per reagire al fatto che alcuni di loro avevano tirato pietre il giorno prima ad un?auto della polizia.
Dov?è Espoleta? Che fine ha fatto? A Rio nessuno sembra saperlo, tantomeno questa bambina. Resa cieca da un poliziotto della Candelaria che, per paura di essere riconosciuto, le ha tirato negli occhi la colla che lei sniffa per reggersi in piedi.«Vai, corri a cercare la tua amica ora che non ci vedi», le grida in faccia il poliziotto.
Una ricerca impossibile, viene da dire. Ma non se sulla tracce di Espoleta si mettono tutti i bambini di strada dell?America latina. In missione. O, come recita il programma del Centro Dramatico Nacional, nella ??La cruzada de los ninos de la calle?.
Sei autori in cerca dei piccoli
La Crociata dei bambini di strada. Uno spettacolo teatrale sulla terribile vita dei bambini senza case e famiglia scritto da Claudia Barrionuevo, Dolores Espinoza, Christiane Jatahy, Ivan Nogales, Aristides Vargas Sosa e Voctor Viviescas. Sei autori latini tra i 32 e i 45 anni che José Sanchis Sinisterra, drammaturgo spagnolo autore di ?Ay, Carmela?, riunisce per la prima volta a Madrid nel 1998 e convince a lavorare insieme dicendo: «Dobbiamo smuovere il pubblico come una farfalla che sbatte le ali e causa una tempesta dall?altra parte del mondo». Facile, no?
Tutt?altro, spiegano i sei autori della pièce. Scelti perché Sinisterra apprezza il loro lavoro. Racconta il drammaturgo spagnolo: «Sono veri esperti di bambini di strada. Come Ivan Nogales, autore boliviano che ha creato una compagnia teatrale formata da ex bambini di strada. Una vera autoritas in materia». E anche un grande artista, come i suoi colleghi.
«Difficilissimi da mettere d?accordo, però», spiega Sinisterra, «all?inizio ciascuno aveva un suo modo di fare teatro e raccontare la vita di strada dei bambini». Che in Colombia sono costretti all?accattonaggio dai genitori, in Perù si prostituiscono per sopravvivere, in Bolivia vendono i loro organi al mercato nero, in Brasile ammazzano per soldi e, ovunque, soffrono e combattono giorno dopo giorno.
Come portare sul palcoscenico le loro storie? Come lasciare massima libertà agli autori senza che lo spettacolo risultasse un mix incomprensibile di stili?
«Alla ?Bolivarian?», scherza Sinisterra. «L?unica cosa certa era che, proprio secondo lo spirito di Simon Bolivar, tanti e diversi artisti sudamericani dovevano lavorare insieme su un problema comune». Già, ma come? «Ispirandoci alla crociata medievale dei bambini», suggerisce, nel corso del primo incontro tra gli autori, Dolores Espinosa. Trentatrenne attrice e autrice di teatro con i capelli neri lunghi e i tratti marcati delle donne messicane, che racconta ai colleghi di una antica crociata. «Si dice che nel 1212 Gesù apparve a un bambino francese esortandolo a raccogliere tanti altri bambini e partire con loro per una missione in Terra Santa. È da qui che dobbiamo partire, chi ci sta?».
Tutti. L?idea entusiasma, ma una soluzione per legarla alla triste attualità dei bambini di strada non si trova. Per quasi un anno ciascuno degli autori lavora da solo a un episodio dello spettacolo, fino a quando, nel maggio dello scorso anno, la squadra di Sinisterra si incontra davanti alla Candelaria di Rio.
«Degli orrori del 1993 erano rimaste solo croci di legno in memoria dei bambini uccisi conficcate nel cemento davanti alla chiesa e la sentenza di condanna per un solo poliziotto emessa tre anni più tardi», racconta Sinisterra. Uno spettacolo tristissimo, di fronte a cui Victor Viviescas, 40 anni vissuti a Medelin, sbotta: «Massacri così in Colombia accadono spessissimo, e la società non reagisce neppure».
La frase, quasi una battuta, scuote tutta la squadra. Che decide: la crociata dei bambini di strada del 2000 parte da Rio alla ricerca di un sopravvissuto della strage di Candelaria e della crudeltà del mondo adulto. E ciascuno degli autori ambienta un episodio della crociata nel proprio Paese.
La regia? «Il minimo indispensabile a rendere lo squallore e l?atmosfera della vita di strada», spiega Aderbal Freire Filho. Il regista brasiliano che, per dare un?anima unitaria allo spettacolo, ha scelto l?intero casting in Spagna e America Latina lasciando praticamente invariato l?ordine e la struttura delle trenta scene dello spettacolo. I risultati? «Innanzitutto un mix di accenti e intonazioni latine», recitano le critiche uscite subito dopo la prima madrilena, lo scorso mese di gennaio. E uno spettacolo che, se media e critica considerano difficile da giudicare esteticamente, il pubblico accoglie in lacrime. Per la piccola protagonista di otto anni, impersonata dall?attrice messicana Pilar Aranda, e per le avventure dei bambini di strada che la aiutano nella ricerca dell?amica in Colombia, Costa Rica, Equador e molti altri Paesi.
Dove, tutti, vivono o gravitano intorno a un bidone di latta arancione. L?unico oggetto in scena nell?episodio scritto da Viviescas, che ai bambini di strada guarda con gli occhi dei loro genitori. La prospettiva, crudele e utilitaristica, di una madre e un padre che una mattina, vicino al bidone di latta in cui di solito vive, non trovano più il figlio Angelote. Un bambino deforme e cieco che obbligano a chiedere l?elemosina per strada. Come vivranno senza il loro schiavetto? Dov?è finito Angelote? Lontano, con la crociata dei bambini di strada.
Una marea in scena
Una marea umana che in scena non si vede spesso, ma c?è. Mormora dietro le quinte o nascosta in qualche bidone di latta che rotola sul palcoscenico. E il suo silenzio sottolinea ancora di più la crudeltà di adulti e genitori che schiavizzano, urlano, picchiano, abbandonano e, loro sì, riescono a farsi udire.
«Il più crudele», raccontano gli autori, «è il medico descritto da Aristedes Vargas Sosa. Attore, regista e scrittore argentino che oggi vive a Quito. E in scena porta un dottore, terribile proprio perché assolutamente normale, che convince genitori poveri a vendergli gli organi dei loro bambini. Milze, fegati e perfino arti che per un paziente ricco valgono milioni e per un bimbo di strada un piatto caldo. Un uomo terribile come ce ne sono tanti nel mondo, ma che questa volta viene catturato, accecato, messo sotto processo dalla crociata dei bambini e quindi lapidato con le braccia, gambe e organi di una bambola».
Una scena terribile, ma non la più difficile per il pubblico. Che a fine spettacolo capisce quanto è veramente successo: Espoleta è morta, e anche la maggior parte dei bambini di strada della crociata accorsi in aiuto di una bambina magra.
Di lei si sa solo che ha 8 anni, sniffa colla, guarda il mondo da un bidone di latta. E, forse, non ha un nome e un?identità precisa perché in spalla porta tutte quelle dei trenta milioni di bambini di strada del mondo.
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