Non profit

Esclusiva: Intervista a Matt, l’anti Bill Gates

Anticipiamo un brano dell'intervista a Matt Westervelt, 29 anni, di Seattle come il fondatore della Microsoft. La sua mission però è: creare un network senza fili, gratuito e gestito da volontari

di Carlotta Jesi

«L’unico modo per sconfiggere il digital divide è che Bill Gates vada in pensione». È l’uomo più ricco del mondo, eppure ogni giorno si alza dal letto e va in ufficio per vendere il suo sistema operativo. Secondo Matt Westervelt, uno così il divario tecnologico non lo riduce. Lo aumenta. E se pensa all’Africa, lo fa per ampliare il mercato di Windows. La mission che l’ha reso famoso e monopolista, come sottolineano i giudici che pure hanno bocciato la richiesta di divisione della sua compagnia.

Matt ha 29 anni, è un esperto di computer e vive a Seattle proprio come il fondatore della Microsoft. Ma la mission che un anno fa lo ha reso famoso è esattamente opposta a quella di Gates: creare un sistema di comunicazione senza fili, gratuito e gestito da volontari, che consenta a tutti i cittadini di Seattle muniti di un computer portatile di scambiarsi messaggi, musica e immagini da qualunque punto della città. Una missione impossibile che in meno di 12 mesi è diventata realtà. Oggi il sogno di Matt ha un nome, Seattle Wirless o Seattle senza fili, un sito (www.seattlewireless.net), oltre trecento utenti. E ammiratori in tutto il mondo convinti che questa rete cittadina sia la prova che si può costruire un sistema di comunicazione globale senza i software, i cavi, i computer e i ricarichi delle multinazionali.
Anzi, di più: Seattle Wirless, per qualcuno, è addirittura l’argomento che mancava al popolo anti globalizzazione. Mettici poi che è nata nella città del primo grande Summit anti liberalismo economico, e l’equazione è fatta: Matt Westervelt come Linus Torvalds.

Vita: è una bella responsabilità. Ti ci vedi nel ruolo dell’attivista anti globalizzazione, Matt?
Matt Westervelt: non sono un attivista. È un lavoro che lascio a chi sa davvero come farlo: io sono un amministratore di sistemi informatici. Quanto alla lotta anti globalizzazione, il mio supporto si limita a non portare abiti griffati, girare per Seattle con una bicicletta elettrica che non inquina e a mangiare cibo organico. Però sono d’accordo sul fatto che Seattle Wireless vada in controtendenza: è uno sforzo di comunicazione che parte dal piccolo, dal locale. Da una comunità di vicini di casa e non da una compagnia telefonica.

Vita: Un anno fa eri solo tu a credere nel progetto. A settembre hai lanciato l’idea su Internet e raccolto più di 80 volontari pronti ad aiutarti. Oggi Seattle Wirless ha più di 300 utenti: per essere un piccolo sforzo ha raggiunto risultati davvero grandi, ti aspettavi un riscontro così quando hai iniziato?.
Westervelt: No, ma ci speravo. Ho iniziato ha pensare ad una rete senza fili perché ero chiuso in ufficio col mio computer e avrei voluto stare seduto in un bel caffè in fondo alla strada. Mi ci sono immaginato, e ho pensato: perché limitarsi solo a un caffè, avrebbe più senso se potessi lavorare in qualunque punto di Seattle. E poi mi sono detto: perché solo io, avrebbe più senso se potessimo farlo tutti. E così è stato: oggi la nostra rete è gratuita e, attraverso ponti radio, copre tutta la città

Vita: come sei riuscito a costruirla, e come funziona?
Westervelt: la rete sta in piedi grazie a un complesso sistema di trasmettitori, antenne fatte da noi o di seconda mano montate sui tetti e sulle facciate delle case di chi vuole partecipare al progetto. Il primo ripetitore di Seattle Wirless l’ho montato nel mio salotto, spendendo poche migliaia di dollari, poi gli altri hanno seguito l’esempio.

Vita: Costruendo antenne, montandole sul balcone, comprando computer portatili e anche la scheda wireless che serve per collegarsi. È stato difficile convincere i tuoi vicini a partecipare? Volevi fare qualcosa di nuovo su Internet senza guadagnarci, non ti hanno preso per pazzo?
Westervelt: no, Seattle è una città aperta, con una grande comunità gay e una forte tradizione di indipendenza e protesta: chi non conosceva la rete, aveva comunque voglia di dividere qualcosa. Questa è davvero un’open society: i nostri utenti hanno dai 17 ai 60 anni.

  • L’intervista completa sul numero di Vita in edicola da sabato.
  • Se vuoi sapere di più sul progetto leggi Verso il G8: a Seattle si costruisce il futuro “senza fili”
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