Cultura

Eroismo e imbrogli: come “vendere” la polizia negli USA

Tim Wise, editorialista di AlterNet, critica duramente la nuova ondata di eroismo con cui i media americani stanno "beatificando" le forze dell'ordine del proprio Paese

di Redazione

Un E-mail arriva nella mia casella di posta elettronica, mi raccomanda un sito web che cerca di spiegare (si potrebbe dire razionalizzare), le svariate uccisioni di uomini di colore da parte della polizia di Cincinnati durante questi ultimi anni. Il mittente, che ritiene che io dovrei “ottenere i miei elementi da fonti sicure”, contesta alcuni dei miei precedenti commenti, in cui getto un occhio critico su un certo numero di questi incidenti. Almeno cinque su sedici sono avvenuti in circostanze assai sospette, in esse la prova di un “pericolo imminente” per i poliziotti sembra essere inesistente. Tuttavia per il mio detrattore, poiché io “non ero là,” non potrei proprio provare se le uccisioni sono state giustificate o meno. Il fatto che neanche lui era là, né ha una conoscenza diretta degli avvenimenti, naturalmente non gli entra mai nell’anticamera del cervello. Un’altra e-mail: questa volta mi consiglia di verificare un articolo che “dimostra” la validità del profilo razziale come metodo operativo dell’autorità giudiziaria Usa. Il mittente insiste che i poliziotti sono “eroi” della guerra contro il crimine, facendo preciso riferimento all’eroismo del Nypd (Dipartimento di polizia di New York, ndt) nei tentativi di soccorso dopo gli attentati dell’undici settembre. Poche notti prima di Natale, mia moglie ed io avevamo invitato a casa alcuni amici. Ci scambiamo i regali ed il migliore mio amico, un professore di Los Angeles, mi dà (per scherzo, intendiamoci) il nuovo regalo di Natale, ultima moda per i consumatori californiani: una bella bambola ben fatta, vestita come una componente del Lapd (Dipartimento di polizia di Los Angeles). Un tipo bianco (naturalmente) chiamato “agente West” (Occidente, ndt). L’uomo-giocattolo intagliato con i muscoli è “completamente snodabile” e viene venduto con il nebulizzatore paralizzante al pepe, le manette, una torcia elettrica, una pistola automatica e un bel manganello: quest’ultimo per picchiare le versioni giocattolo di Rodney King (un afroamericano picchiato selvaggiamente dalla polizia di L.A., ndt), suppongo. Le bambole dell’agente West sono firmate dall’unione della polizia di Los Angeles e sono prodotte in Cina: un’altra nazione che mette grande importanza sull’applicazione efficiente della legge. E per concludere, alcuni giorni dopo Natale, ho letto dell’inaugurazione del museo della polizia di New York City. Una celebrazione completamente priva di ogni critica nei confronti degli ufficiali della città, il museo ignora pagine imbarazzanti come gli incidenti di Amadou Diallo e di Abner Louima, così come la lista interminabile degli scandali di corruzione inerenti i commerci di droga, le rese dei conti e le bustarelle. Né c’è alcun cenno di commemorazione della Pressure Point Operation: un’operazione antidroga in cui la polizia arrestò dozzine di spacciatori di colore, avvisando i compratori bianchi di periferia di fare dietrofront con le loro automobili e di tornarsene a casa. E i docenti universitari non discutono del tentativo storico e sessista del Nypd di mantenere il requisito per gli agenti di essere alti almeno 183 cm: una mossa che ha spinto le donne a citare in giudizio il Nypd, poiché un requisito del genere era un palese tentativo di mantenere un dipartimento composto solo da maschi. Invece gli ospiti del museo sono condotti da un simulatore, in cui vengono sfidati “a sparare o meno” nella simulazione di un’azione criminale, visualizzata su uno schermo di prova: arrivate alle spalle di un brutto ceffo che si gira ed estrae il suo portafoglio dalla tasca posteriore e voi gli sparate, temendo che stesse estraendo una pistola. Allora vi rendete conto del vostro errore e, soprattutto, capite come dannatamente duro sia fare il poliziotto… Con così tanto sentimento pro-polizia che ultimamente sommerge la nazione, credo che gettare acqua fredda sul buon umore popolare non sarà accolto favorevolmente dalla maggior parte della gente. Ma il fatto è che ci sono tutta una serie di problemi con la rinascita dell’immagine del “poliziotto eroico” nell’immaginario collettivo. In primo luogo, se definiamo eroismo nella misura in cui uno mette a rischio la sua vita senza indugio nel corso del loro lavoro, ed apparentemente oggi è questa la definizione corrente, allora non c’è niente di eroico sul mantenere l’ordine pubblico. Secondo il dipartimento del lavoro, il tasso di mortalità sul lavoro per la polizia è più basso di quello per i giardinieri, gli elettricisti, i camionisti, gli spazzini, i muratori, i piloti di linea, i boscaioli ed i pescatori. In verità i pescatori hanno un tasso di mortalità professionale di quindici volte superiore a quello dei poliziotti ma raramente sentiamo qualcuno che ci stordisce con storie infinite sul loro eroismo… Una media annuale di 66 poliziotti è stata uccisa durante gli anni ’90 e il numero scende a 42 nel 1999. E la più grande causa di queste morti non è stata né una sparatoria, né uno scontro con malviventi, bensì il risultato di incidenti automobilistici. Come spiega Marie De Santis, direttrice del Centro di giustizia per le donne, la falsa presentazione dei poliziotti come eroi medievali non soltanto è inesatto ma anche pericolosa: “coltivando il mito gonfiato di eroi che sacrificano le loro vite per voi, la polizia ha creato una difesa di venerazione pubblica per difendersi contro le critiche per i misfatti che compie. Chi può accusare un poliziotto di avere il grilletto facile o per omertà?” De Santis fa notare che gli studi del suo Centro hanno stabilito che la preponderanza dei poliziotti maschi limita la corretta applicazione della legge, quando si occupano di violenza domestica e di violenza generale contro le donne, il che rappresenta approssimativamente un terzo di tutte le chiamate della polizia. In secondo luogo non c’è nulla di nobile in sé nel lavoro della polizia. Dopo tutto, la maggior parte dei Americani hanno una buona opinione degli ufficiali che fanno applicare la legge in Corea del Nord? O in Iraq? Naturalmente no. Ciò che rende nobile l’attività della polizia è sempre e soltanto la validità del sistema per cui gli ufficiali stanno lavorando. E mentre non voglio assolutamente comparare il sistema della giustizia degli Usa a quello della Corea del Nord, dell’Iraq, o di qualunque altra nazione autoritaria, il punto resta a mio avviso valido. Se il sistema è pieno di disuguaglianze ed ingiustizia, allora quelli che lavorano per sostenere il sistema sono una parte del problema, altrettanto molto come possono essere parte “della soluzione” per combattere il crimine. Presentando gli ufficiali di polizia come bastioni speciali e vitali contro caos, gli ideologi pro-polizia rattoppano le persistenti ingiustizie del sistema, rendendo ancor più difficile vedere e risolvere quegli stessi problemi. E questi problemi sono più di una preoccupazione secondaria per milioni di persone. Malgrado ciò che molti a destra sostengono sull’individuazione razziale del crimine, giustificato in qualche modo a causa dei tassi generalmente più alti di crimine fra gli afro-americani, tali posizioni sono solo una razionalizzazione del razzismo. L’individuazione razziale non può essere giustificata sulla base della rappresentazione generale dei dati sul tasso dei crimini dei neri. Spiegherò perché più avanti ma, in primo luogo, vediamo di capire cosa intendiamo per individuazione razziale. L’individuazione razziale significa due cose. In primo luogo, l’applicazione di arresto, perquisizione e vessazione dei cittadini in base solamente o principalmente sul colore della pelle. Un esempio di ciò la decisione della polizia in una città universitaria di New York di interrogare ogni maschio nero nell’università locale dopo che un’anziana donna bianca aveva denunciato di essere stata violentata da un nero (poi risultato essere bianco). La seconda e più comune forma d’individuazione razziale, sono gli arresti sproporzionati, le indagini, le perquisizioni e la vessazione contro gente di colore, nella speranza di scovare un crimine, anche quando non c’è crimine alcuna in base alle prove disponibili: per esempio arrestando la gente nera o i “latinos” sulle autostrade, le sopraelevate o negli aeroporti alla ricerca di droga. È tutto ciò non è solo razzista, ma è anche un’applicazione erronea della legge, perché i bianchi usano ugualmente (o anche di più) le droghe dei neri e dei “latinos” secondo gli istituti sull’uso delle droghe, gli studi riservati. I neri sono soltanto il 14 per cento dei consumatori di droga (approssimativamente gli stessi della loro fetta di popolazione) mentre i bianchi sono il 74 per cento di tutti i consumatori (contro un 71 per cento della popolazione). Così arrestare i neri per sospetto di droga è oltre che errato una dimostrazione della volontà d’ignorare chi sono i consumatori più probabili di droghe. Secondo un rapporto del dipartimento di giustizia del febbraio 2001 dal titolo “i contatti fra la polizia ed il pubblico,” i neri hanno molte più probabilità dei bianchi di essere fermati e ricercati dalla polizia, per il sospetto di possesso di droghe illegali, pistole e contrabbando. Ciò, malgrado il fatto che le ricerche sui veicoli guidati dai bianchi, controllati il 50 % in meno, hanno il doppio di probabilità di condurre alle prove di un crimine! Inoltre alcuni anni fa è stato segnalato che le donne nere avevano il 900% in più di probabilità di essere fermate e perquisite ai posti di blocco della dogana dell’aeroporto, anche se le donne bianche avevano il doppio di probabilità di fare contrabbando illegale…I numeri, insomma, suggeriscono che sono i bianchi, e non neri, il vero problema. Nonostante la venerazione pubblica verso la polizia dopo l’undici settembre, le prove indicano che ci sono molti motivi per evitare i troppi encomi e le lodi sperticate. L’attività di polizia non è ancora fatta in maniera equa ed onesta. Ci sono ancora troppo persone innocenti o disarmate uccise in circostanze discutibili da agenti che fanno “rispettare la legge”… Tim Wise è scrittore, professore universitario e attivista antirazzista. Potete scrivergli a tjwise@mindspring.com.


traduzione di Lisa Lovagnini

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Articolo originale: Heroism and Hype: Selling the Police in America


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