Politica
Ernesto Caffo, il lobbista dell’infanzia
Il fondatore di Telefono Azzurro è riuscito a far convergere 26 candidati di opposti schieramenti sul Manifesto per l'infanzia e l'adolescenza con cui la storica associazione propone alla politica. Fra loro due ministre uscenti, Bonetti e Carfagna, un sottosegretario, Ascani, una ex-ministro, Lorenzin, e tre papabili titolari di dicastero se vincerà Meloni: Bellucci, Rauti e Ronzulli. Il successo personale di un instancabile costruttori di reti
Alle fine Ernesto Caffo, fondatore e presidente di Telefono Azzurro, ce l’ha fatta: in una campagna elettorale brevissima e praticamente balneare, in cui i programmi elettorali hanno di fatto dimenticato la tutela e la promozione dell’infanzia – al più si parla di asili nido e di assegni: insomma delle esigenze dei genitori -, in una campagna elettorale brevissima, dicevamo, è riuscito a coinvolgere 26 candidati sul Manifesto per l’infanzia e l’adolescenza, che ha lanciato, in pieno agosto.
Ventisei nomi non da poco: il professore, che 35 anni fa ha lanciato il tema della difesa dei bambini, costruendo la prima linea telefonica di ascolto di bambini, il celebre 1.96.96, ha compiuto il capolavoro di far firmare assieme Luigi De Magistris, masaniellesco leader di Unione popolare, e Maria Teresa Bellucci, la donna a cui Giorgia Meloni ha affidato la cura dei principali dossier sociali e che potrebbe anche diventare ministro se Fratelli d’Italia vincesse, così come lo potrebbe essere Isabella Rauti, anche lei firmataria; ha messo insieme Cecilia Guerra, bersaniana ortodossa, e Simonetta Matone, l’ex procuratore minorile di Roma, che oggi corre per la Lega di Matteo Salvini.
In mezzo ci sono nomi importanti del Partito democratico, a cominciare da Beatrice Lorenzin, l’ex ministro della Salute che ha lasciato per una mezza giornata il difficile collegio uninominale di Vicenza e Verona dove sta correndo, lavorando di lena fra incontri e porta-a-porta, per essere fisicamente presente all’evento di lancio della piattaforma, il 14 settembre scorso.
Lorenzin apre una lista composta dalla vicepresidente Debora Serracchiani, dalla sottosegretaria Anna Ascani, dall’ex-collaboratrice del ministro Speranza, Sandra Zampa, di Michela Di Biase (in Franceschini, come hanno ripetuto le cronache elettorali), di Stefano Vaccari, potente responsabile organizzativo, di Paolo Siani, deputato di Napoli, che ha già lavorato molto sui temi dell’infanzia in Commissione Affari sociali, il responsabile associazioni del Nazareno, Marco Furfaro, la senatrice Valeria Valente e Silvia Roggiani, il consigliere lombardo, voluta a capo dei volontari di questa campagna elettorale proprio da Enrico Letta.
E c’è anche Forza Italia, con Licia Ronzulli, possibile futuro ministro, con Maria Spena. Esile ma qualificata la pattuglia pentastellata, con la capogruppo alla Camera, Maria Domenica Castellone, e un’altra uscente da Montecitorio, Stefania Ascari.
Autorevoli anche i sottoscrittori del Terzo polo: capitanati dalla ministra Elena Bonetti che, nel videomessaggio, pronuncia parole non di circostanza all’indirizzo dell’associazione e del manifesto. Con lei un’altra ministra ex-azzurra, Mara Carfagna, la calendiana Valentina Grippo, portavoce nazionale di Azione, Chiara Copello, giovane avvocatessa candidata a La Spezia e la deputata ex-grillina, oggi ItaliaViva, Soave Alemanno.
Fra i sottoscrittori, naturalmente, vecchi amici della causa, come Paola Binetti, che sta nel rassemblement di Noi moderati, Annamaria Corazza Bildt, che corre con Più Europa, e Vincenza Rando, già vice-presidente di Libera, in lista col Pd.
Un piccolo successo personale per Caffo, che ha lavorato col metodo che contraddistingue da 35 anni il suo impegno per l’infanzia: dialogo e trasversalità. E determinazione, ovviamente. Sì perché a questo neuropsichiatra infantile, professore ordinario a Modena, non fa difetto mai una volontà ferrea, una capacità di non demordere, di tenere il punto che ha pochi uguali.
Non solo: Caffo non s’è stancato mai di costruire, di fare rete, in Italia ma ormai sempre più in Europa, con le associazioni ma anche in solitaria quando necessario, ma ha continuato a farlo sempre più con la competenza che trattare questa delicata materia sempre più richiede: con la politica ma anche con le grandi big del digitale, che hanno in mano la sicurezza di Internet e la capacità di farne risorsa e non trappola per milioni di bambini e ragazzi, così con le istituzioni e con la autorità di garanzia.
E lo ha fatto con la capacità (e l’umiltà) di capire anche che certe battaglie non si possono sempre condurre da soli e coi propri staff, e che occorre dotarsi di competenze esterne. Di qui, per esempio, la decisione di lavorare con una grande società di public affairs la FB & Associati di Roma, ossia usando le attività di advocacy e – parola inutilmente equivocata da molti – di lobbying.
Con un parlamento dai membri ridotti dalla recente riforma, d’altra parte, il lavoro della Commissioni nella prossima legislatura sarà a rischio ingolfamento: le attività di lobbying, che significano analisi, studio dei dossier e produzione di documentazione, in modo da dare spessore e forma giuridica adeguata alle proposte delle associazioni, sarà perciò fondamentale.
Bravo Caffo, evviva la lobby dell’infanzia.
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