Mondo

Eritrea, scacco alla cooperazione

Il governo espelle sei organizzazioni italiane. Equilibri di potere fragili e tensione ai confini con l’Etiopia aggravano una situazione economica disastrosa.

di Emanuela Citterio

Il primo problema di un cooperante in Eritrea è trovare la benzina. E prima ancora avere i buoni, rilasciati dal governo, per poterla acquistare. Per uscire da Asmara, poi, serve un permesso firmato dalle autorità governative. Insomma, condizioni di lavoro difficili per chi si trova in una città dove, come racconta un esperto appena tornato dal paese africano, «il carburante è razionato, l?acqua scarseggia e la maggior parte delle famiglie non riesce ad acquistare nemmeno la farina per fare il pane». Problemi che, almeno per ora, non riguardano più sei delle otto organizzazioni non governative italiane presenti nel paese. Cesvi, Gvc, Coopi, Mani Tese, Cosv e Nexus, infatti, sono state espulse dall?Eritrea lo scorso 16 febbraio. Solo 17 ong internazionali (su un totale di 33) hanno ottenuto la registrazione necessaria per continuare a portare avanti programmi di cooperazione. Due sono italiane: Iscos e il Gruppo missioni Asmara. Le sei espulse hanno deciso di fare ricorso, ma anche le due autorizzate non avranno vita facile nei prossimi mesi.

In Eritrea, tutto sommato, la situazione non è cambiata rispetto a un anno fa. Nel 2005 l?Onu ha fatto sapere che circa due terzi dei 3,5 milioni di abitanti necessitavano di assistenza alimentare. E che il paese da tempo stava fronteggiando una grave crisi con conseguente aumento di prezzi e la difficoltà a reperire beni alimentari di prima necessità. E poi c?è la deriva sempre più autoritaria del governo del presidente Isaias Afewerki, denunciata, tra gli altri, da Amnesty International con un rapporto sulle numerose violazioni di diritti umani, le limitazioni della libertà di stampa e le detenzioni arbitrarie di presunti oppositori politici. La differenza rispetto a un anno fa sta nel fatto che la lotta per gli equilibri di potere all?interno del paese e la tensione che sembra riaccendersi con l?Etiopia stanno rendendo ancora più difficile la realizzazione di progetti di sviluppo a vantaggio della popolazione.

Iscos, ong della Cisl, è arrivata in Eritrea subito dopo la fine della guerra di indipendenza dall?Etiopia, nel 92, e collabora direttamente con il sindacato eritreo. Gestisce attualmente tre progetti finanziati dalla Commissione europea per un ammontare complessivo di 1,1 milioni di euro, più otto progetti, con budget in media di 150mila euro l?uno, con i fondi della cooperazione decentrata della Regione Marche. «Gli interventi principali riguardano la sicurezza alimentare, la formazione professionale dei soldati smobilitati dal fronte al confine con l?Etiopia e la tutela dei diritti dei lavoratori», spiega dagli uffici romani dell?Iscos Gemma Arpaia, «l?obiettivo è di creare un network di sindacati africani».

L?altra ong italiana rimasta in Eritrea, il Gma, vanta una presenza di lunga data, dal 72. Nata a Montagnana (Pd) da un gruppo di volontari in appoggio ai missionari pavoniani, oggi porta avanti 25 progetti di sviluppo nel paese africano cofinanziati dal ministero degli Affari esteri italiano e dall?Unione europea. «Abbiamo cominciato con un progetto di sostegno ai bambini orfani, puntando sull?accoglienza presso famiglie locali», racconta il presidente, padre Vitale Vitali. «Ad oggi siamo riusciti a far adottare più di 3mila bambini, ma soprattutto a creare comitati di villaggio basati su associazioni di famiglie che gestiscono i progetti di sviluppo».

Gma ha costruito sistemi di irrigazione e persino piccole dighe contro la siccità nei villaggi e, sul fronte della formazione professionale, due scuole di meccanica e di agraria ad Asmara. In Italia conta su una vasta rete di solidarietà, con 23 gruppi di volontariato attivi su tutto il territorio nazionale, 20mila sostenitori, 50 persone impegnate quotidianamente nei progetti. Tutte le attività sono a favore dell?Eritrea ma anche dell?Etiopia, il paese nemico per eccellenza del governo di Asmara.

In Eritrea Gma opera solo con personale locale, «una ventina di persone assunte dall?ufficio con sede ad Asmara». Una scelta obbligata? «Abbiamo scelto di non commentare la decisione del governo», afferma Vitali, «crediamo che in questo momento difficile la cosa più importante sia poter continuare a sostenere la popolazione».

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