Welfare

Erika, uno svago fuori strada

Polemiche. La prima uscita della ragazza responsabile del doppio omicidio di Novi Ligure / La giustizia dimostra di non essere all’altezza del suo compito

di Ernesto Caffo

Le immagini di Erika ripresa durante un momento di gioco, al di fuori della struttura carceraria, domenica 21 maggio, hanno suscitato grande emozione e numerosi interrogativi. Certamente turba vedere una persona che riemerge dal silenzio dopo un grande chiasso mediatico. E quelle foto, pubblicate senza che ci fosse alcuna elaborazione, fanno temere che si possano riaccendere dibattiti televisivi inutili e sterili. Quelle immagini, d?altra parte, non racchiudono solo un problema di forma, ma anche di sostanza.
L?episodio va letto guardando alla storia della ragazza e al suo percorso giudiziario, che si è concluso con una sentenza particolarmente significativa rispetto alla nostra legislazione, 16 anni di reclusione. E va letto, soprattutto, ricordando che ad Erika è stato impedito un percorso di recupero o di intervento terapeutico in comunità associato alla detenzione carceraria.
La reclusione, da sola, non è certamente sufficiente per recuperare un soggetto giovane, con patologia e grande sofferenza mentale, che si è macchiato di un reato gravissimo come Erika. Per questo la sua foto, che documenta un momento, uno spot di apparente gioia nell?ambito della detenzione, è per tutti noi anche un?occasione per riflettere sul fatto che la giustizia di fronte a certi casi molto gravi non è all?altezza del suo compito e dovrebbe interrogarsi su nuovi modelli d?intervento.
è certo che dobbiamo pensare sicuramente a delle misure sanzionatorie forti e dare un messaggio chiaro a tutti coloro che compiono deviazioni gravissime o che hanno comportamenti devianti pensando di non espiare. Le pene devono essere chiare e definite in tempi brevi. Però occorre anche pensare al recupero dell?autore di reato. Altrimenti, se non c?è un intervento terapeutico di sostegno a quelle componenti residuali ?sane? della sua personalità, il soggetto, scontata la reclusione, rischia di tornare a delinquere o in ogni caso di non essere sufficientemente integrabile con la comunità. Come uscirà Erika da questa esperienza carceraria? Uscirà in una condizione strettamente legata a quelli che sono stati i percorsi di cura e di aiuto che ha ricevuto. Se in questo momento non sta ricevendo alcun supporto, è chiaro che lei, con questa reclusione, resta solo isolata dal contesto sociale senza nessun tipo di modificazione sostanziale della sua personalità e del suo disagio.
L?episodio di cui tutti i giornali hanno parlato documenta un?attività di socializzazione sempre più frequente nell?ambito della cultura carceraria e mirata a dare ai soggetti in carcere – di tutti i tipi – delle opportunità d?integrazione. Ma un?attività ludica estranea a un percorso complessivo di recupero può non essere affatto utile. Perché quello che spesso succede, non soltanto in carcere ma in molte istituzioni, è che si fanno attività ?sociali? ma del tutto afinalistiche, quasi fossero un momento di relax, dimenticando invece che devono essere utilizzate per il recupero del soggetto, all?interno di un percorso di responsabilizzazione di quanto è avvenuto e di investimento sulle capacità personali e sociali utili a progettare un futuro.
Di questo tutti parliamo da tanti anni, però dobbiamo dare un segnale che si può fare molto di più. Ed è quello che noi, come Telefono Azzurro, facciamo impegnandoci con quanti, scontando una lunga pena, necessitano di stare con i propri figli, dando loro l?opportunità di vederli in condizioni serene e ?protette? in alcuni momenti della settimana. La modulazione del rapporto con i figli è un modo per recuperare e migliorare anche le proprie capacità sociali e di adattamento che permette, all?uscita dal percorso giudiziario, di poter tornare nella comunità con competenze nuove e meno problemi. Ciò riguarda solo una componente della popolazione carceraria, ma è un approccio, una presa in carico, che vale per tutti gli autori di grandi reati. Si potrà fare di più? Su questo punto, molto dipende dalle singole carceri e dalla cultura che si gioca su questo versante.

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