Welfare

Ergastolo senza permessi, Comunità di don Benzi: «Si riconosce l’importanza della rieducazione»

Mercoledì 24 ottobre la Consulta ha fatto cadere il divieto per i condannati che abbiano dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo. Un svolta sottolinea la Comunità di don Benzi che gestisce 6 Comunità Educanti con i Carcerati (CEC)

di Redazione

La Consulta fa cadere il divieto per i condannati che abbiano dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo e se l'autorità ha acquisito prove che non c'è più partecipazione all'attività criminale. La Corte costituzionale stabilisce che si valuti caso per caso

«E' una grande svolta che riconosce il valore di quanti, come noi, lavorano per la rieducazione dei detenuti come sancito all'art. 27 della nostra Costituzione. Finalmente oggi si dice che la pericolosità è relativa: una persona condannata, che giustamente deve pagare per i suoi delitti, può riscattarsi e cambiare vita». E' quanto afferma Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, alla notizia che la Consulta ha dichiarato incostituzionale l'ergastolo senza permessi.

«Fino a ieri l'Ergastolo ostativo, il “fine pena mai”, significava negare alla persona ogni speranza. – continua Ramonda – Oggi invece possiamo affermare che è giusto dare un'opportunità alla persone di riparare al danno commesso e di cambiare vita. La vera giustizia non consiste nella vendetta».

Le Comunità per Carcerati. La Comunità di don Benzi gestisce 6 Comunità Educanti con i Carcerati (CEC), strutture per l'accoglienza di carcerati che scontano la pena, dove i detenuti sono rieducati attraverso esperienze di servizio ai più deboli nelle strutture e nelle cooperative dell'associazione. La prima casa è stata aperta nel 2004. Ad oggi sono presenti 61 detenuti. Negli ultimi 10 anni sono state accolte 565 persone. Nell'ultimo anno le giornate di presenza sono state 12.199.

La recidiva crolla. Per chi esce dal carcere la tendenza a commettere di nuovo dei reati, la cosiddetta recidiva, è il 75% dei casi. Invece nelle comunità della Papa Giovanni, dove i detenuti sono rieducati attraverso esperienze di servizio ai più deboli, i casi di recidiva sono appena il 15%.

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