Famiglia

Eppure vi dico: le adozioni non sono in crisi

Esclusivo. Per la prima volta parla la presidente della Cai

di Benedetta Verrini

L?abbiamo rincorsa a lungo. Volevamo, di volta in volta, sottoporle i mille dubbi, le preoccupazioni e le difficoltà che il settore adozioni internazionali sta vivendo. Ma anche poter raccontare le cose buone, i progetti in atto, le prospettive. Ora, a circa un anno dalla sua investitura a presidente della Commissione adozioni internazionali, in un momento in cui si fa certo il passaggio della delega politica sulle adozioni al ministro della Famiglia, Rosy Bindi, Roberta Capponi accetta di fare il punto. Rispondendo alle domande che, in questi mesi, abbiamo raccolto dagli enti autorizzati e dalle stesse famiglie.

Vita: Cosa pensa possa cambiare, a livello internazionale, per sveltire le procedure adottive con i paesi ratificanti (e non) la Convenzione dell?Aja?
Roberta Capponi: Il nostro obiettivo e il nostro mandato è quello di intensificare le relazioni internazionali e i contatti bilaterali. Sotto il profilo della celerità delle procedure conta relativamente il fatto che un paese abbia o meno ratificato la Convenzione dell?Aja. Ciò che condiziona i tempi delle adozioni all?estero sono le singole realtà dei paesi, la loro struttura istituzionale. Ci sono paesi che non hanno nemmeno l?anagrafe dei minori abbandonati. In questi casi, attraverso progetti di sussidiarietà mirati, possiamo intervenire per cercare soluzioni. La materia è complessa e le generalizzazioni sono sbagliate così come non esistono ricette valide in tutti i casi. C?è un lavoro intenso da svolgere paese per paese, che la Cai porta avanti ogni giorno.

Vita: Cosa pensa di dire alle famiglie che presentano la domanda di adozione e che non trovano risposta presso gli enti, ormai saturi e con lunghe liste d?attesa?
Capponi: è un problema che esiste e deriva prevalentemente dal fatto che le famiglie italiane si orientano verso paesi dell?Est europeo nella ricerca di un bambino. Con alcuni di quei paesi ci sono situazioni di crisi, di difficoltà che inevitabilmente determinano lunghe ?liste d?attesa?. Gli enti autorizzati, obbligati ad accettare tutte le richieste, hanno avuto difficoltà a dare risposta alle domande delle famiglie. Oggi, per alcuni paesi in fase di blocco o semiblocco, alcuni enti, comprensibilmente, non accettano nuovi incarichi. Ma è bene sottolineare che questa realtà non è generalizzata. Ci sono difficoltà, ad esempio con la Bielorussia, con l?Ucraina. Ma se una famiglia si orienta per una adozione in un paese dell?Asia o dell?Africa riceve dagli enti risposte adeguate alle attese. Trovo che ci sia una tendenza a fare di tutta l?erba un fascio in questo campo. Se un ente ha difficoltà in un paese, o se un paese chiude anche temporaneamente, esiste un problema per quell?ente o in quel paese. Problemi che sono certamente seri, e che noi affrontiamo con il massimo impegno. Ma se un ente non viene accreditato in Russia non significa che dalla Russia non arrivano più bambini, perché gli altri enti continuano a lavorare. Se un paese chiude non vuol dire che è in crisi il sistema, ma solo quel paese. Negli altri si continua ad adottare.

Vita: La legge 476 proponeva un ente autorizzato trasparente, che lavora con strutture proprie e opera per la sussidiarietà. Oggi, dopo sei anni, la crisi delle adozioni internazionali sta dichiarando la fine di questo modello e stanno emergendo enti che non intervengono in maniera incisiva nel tessuto sociale dei paesi di origine, pur realizzando un grande numero di adozioni. Come invertire la tendenza?
Capponi: Ma chi l?ha detto che le adozioni internazionali sono in crisi? Io firmo ogni giorno molte autorizzazioni all?ingresso di minori stranieri nel nostro paese. Tutti i sistemi, anche quello adottato dall?Italia in questo campo, sono migliorabili, ma il nostro attualmente funziona e lavoriamo per farlo funzionare sempre meglio. Riguardo alla ?mutazione genetica? degli enti cui lei allude, quando mi sono insediata ho trovato 69 enti autorizzati in quattro anni. Da quando sono presidente, in più di un anno, ho autorizzato solo un nuovo ente e nell?esame delle domande, alcune delle quali sono state respinte, abbiamo posto la massima attenzione all?esistenza di un impegno serio in progetti di sussidiarietà nei paesi per i quali viene chiesta l?autorizzazione. Stessa attenzione abbiamo messo nell?esame della richiesta degli enti già autorizzati di ampliare la propria attività in nuovi paesi. Abbiamo inoltre avviato una verifica sull?attività dei singoli enti per accertare se e quante adozioni sono state fatte, paese per paese, e quali sono stati i progetti di sussidiarietà concretamente attuati. Ove riscontrassimo la non operatività degli enti potremmo procedere anche alla revoca dell?autorizzazione.

Vita: Purtroppo in alcuni paesi la parola ?adozione? è ancora strettamente legata a termini come corruzione, traffico, interessi privati. Come intende intervenire la Cai, in questo senso, per tutelare i bambini stranieri e le famiglie italiane?
Capponi: Il sistema adottato in Italia è nato anche per bloccare quel ?fai da te? delle adozioni internazionali che esisteva prima del 2000 e che poneva le coppie a diretto contatto con interlocutori-mediatori stranieri di ogni tipo, in mancanza di una rete di tutele di legalità, e di certezze sui costi e sulla trasparenza delle procedure. L?ente autorizzato è quell?interfaccia che dovrebbe assicurare un tramite ?garantito?, in grado di evitare alla famiglia di affrontare in prima persona e senza guida il percorso all?estero. Questa metodologia si è dimostrata efficace ed è stata in più occasioni apprezzata a livello internazionale. Nel 2003 è stata elaborata una tabella con i massimali dei costi per ogni singolo paese, consultabile sul nostro sito web. Oggi ogni famiglia è in grado di valutare la congruità delle richieste economiche che riceve. Esiste un sistema attentissimo a evitare speculazioni sulla pelle dei minori. è importante che, accanto a questi strumenti tecnici, maturi anche una cultura forte del rifiuto di ogni ?scorciatoia? a pagamento da parte delle famiglie, che devono chiedere e ottenere il rispetto delle regole e segnalare ogni ?deviazione? alla Cai.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.