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Eppure la riforma ha già i primi figli

La rivoluzione nella formazione professionale. Tre anni di corso, per un titolo che non è più solo sperimentale. Ma che è pienamente riconosciuto

di Sara De Carli

Sono i primi figli della riforma Moratti, nati paradossalmente in anticipo sul varo defintivo della riforma. Sono i ragazzi ?licenziati? lo scorso giugno al termine di un percorso di formazione di tre anni non più semplicemente sperimentale: infatti gli allievi hanno ottenuto una qualifica professionale vera e propria e hanno assolto così il diritto-dovere allo studio come previsto da uno dei pochi punti della riforma che sono già legge. Daniele Primavesi, direttore dei corsi della Consorzio scuola lavoro di Milano, ha qualificato lo scorso anno i primi 35 ragazzi come aiuto cuochi, istallatori hardware e software e come operatori elettronici. Con lui abbiano fatto un bilancio di questa esperienza pionieristica. Vita: La formazione non è più solo un rifugio per chi non ha voglia di studiare? Daniele Primavesi: No. Da noi non viene solo chi ha idiosincrasia con i libri. Quello che attira è la possibilità di percorsi brevi che permettono di acquisire competenze per un inserimento lavorativo non troppo procrastinato nel tempo. Ma questo risponde anche all?interesse delle aziende, che possono incontrare giovani da conoscere e formare già durante l?esperienza degli stage del secondo e terzo anno. Giovani che poi eventualmente possono assumere. Vita: La formazione così come concepita dalla riforma è una risposta alla dispersione scolastica? Primavesi: Certamente rappresenta una risposta oggettiva al problema. In questa prospettiva diventa centrale la funzione dei numerosi tutor coinvolti con i ragazzi. Il tutor segue quotidianamente il cammino di ciascun allievo, si tiene costantemente in rapporto con la famiglia, e così facilita il raggiungimento di quel successo formativo e quella valorizzazione delle effettive capacità e potenzialità che invece, molto spesso, vengono frenati dalla presenza di troppi esperti. Come accade attualmente nelle scuole superiori: si frammenta l?azione educativa senza una sintesi che garantisca metodo e prospettiva. Vita: Quali sono invece gli aspetti più critici? Primavesi: Il più critico è quello dei docenti, ancora non stabilmente impiegati nei centri professionali di recente costituzione. Poi c?è il lavoro sulle metodologie didattiche. L?idea che il processo di apprendimento debba essere centrato sull?esperienza diretta del fare e dell?agire, rischiano di essere patrimonio più per gli esperti del settore che per quanti entrano poi nelle aule con i ragazzi. è anche strano pensare che nelle scuole di specializzazione post universitaria non esistano classi strutturate per chi volesse insegnare nella formazione. è strano, perché la riforma sostiene invece che i due canali hanno medesima dignità. Vita: E chi ha chiuso il corso triennale che prospettive ha? Primavesi: O il lavoro, o la continuazione della formazione. Gli allievi possono infatti frequentare un quarto anno che permetterà il raggiungimento di un diploma di qualifica professionale in qualche modo propedeutico a un quinto anno, che consentirebbe addirittura l?accesso al sistema universitario. Scenari politici Come disse Rutelli a Rimini… Il prossimo 15 settembre, quando è prevista la riunione della Conferenza Stato-Regioni, assume sempre più l’aspetto di una scadenza strategica. Se le regioni facessero muro contro la riforma il governo potrebbe anche decidere di procedere egualmente, stralciando gli articoli che investono le competenze delle regioni, oppure riformulandoli in modo da farli rientrare nelle materie di competenza esclusiva dello Stato. Non è da escludere, però, che in presenza di modifiche sostanziali del testo e – per esempio – di un avvio più graduale della riforma, magari a partire dal 2007-2008, le Regioni possano assumere un atteggiamento più flessibile, dimostrando che la scuola non è un campo di battaglia di schieramento, ma di merito, come hanno detto Formigoni e Rutelli al Meeting di Rimini.


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