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Epatite C: urgente diagnosticare tutte le infezioni
Scovare il sommerso significa bloccare la progressione del danno epatico e diminuire drasticamente la circolazione del virus. Nella giornata mondiale, l’appello degli infettivologi ad ampliare lo screening agli over 55. Sono 253.009 gli italiani avviati al trattamento, ma troppi ancora hanno la malattia senza saperlo
Di epatite C si guarisce perché oggi il virus Hcv può essere eradicato grazie a farmaci efficaci. In molti ricorderanno, ormai una decina di anni fa, i drammatici vissuti dei pazienti in attesa, prima, della rimborsabilità del primo farmaco e, poi, della somministrazione perché inizialmente non tutti ne avevano diritto. Tuttavia, l’eradicazione virale deve essere tempestiva, perché il virus danneggia progressivamente il fegato, fino a portarlo a cirrosi e carcinoma epatico. Da qui, l’urgenza di scovare le infezioni sommerse, spesso asintomatiche, per evitare che la malattia progredisca verso la fase avanzata ma anche per diminuire la circolazione del virus e ridurre così i nuovi contagi.
Per questo, proprio in occasione della giornata mondiale delle epatiti virali, che si celebra il 28 luglio nel mondo, gli infettivologi italiani della Società italiana di malattie infettive e tropicali – Simit e dell’Associazione italiana per lo studio del fegato – Aisf chiedono venga rifinanziato e allargato ad altre fasce d’età lo screening per la diagnosi precoce e l’individuazione del sommerso, le cui conseguenze sanitarie ed economiche sono notevoli.
Oggi gli screening sono offerti «soprattutto nelle categorie a rischio, vale a dire la popolazione nelle carceri e i soggetti con dipendenza da droga per via endovenosa, nonché tra quelli nati tra il 1969 e il 1989, sebbene noi specialisti chiediamo di ampliare tale fascia d’età, coinvolgendo tutti i soggetti maggiorenni nati dal 1943 in poi» dice Vincenza Calvaruso, segretaria nazionale Aisf.
Fare i test per scovare il sommerso
«Gli screening per far emergere il sommerso dei casi di epatite C rappresentano una buona prassi che negli scorsi anni ha portato l’Italia in linea con l’obiettivo dell’Oms per l’eliminazione del virus entro il 2030, come dimostra il bilancio complessivo degli oltre 250mila trattamenti effettuati fino ad oggi» sottolinea Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit. «La disponibilità dei 71,5 milioni di euro stanziati nel 2020 ha dato una grande opportunità, purtroppo frenata dalla pandemia. La proroga fino al 31 dicembre 2023 è stata utile per incrementare il numero delle diagnosi, ma considerando le inadempienze di diverse regioni, colpite dagli strascichi del Covid-19 e da altre contingenze, è auspicabile un’ulteriore proroga di altri due anni e un allargamento delle popolazioni coinvolte, rivolgendosi non solo a tossicodipendenti, detenuti e ai nati tra il 1969 e il 1989, ma anche alle coorti d’età precedenti, con riferimento almeno ai nati tra il ’48 e il ’68, in cui si può annidare il virus. Solo con un approccio così capillare sarà possibile curare centinaia di migliaia di persone ed eliminare l’epatite C nel nostro paese entro il 2030».
L’epatite C
L’epatite C è una infezione causata dal virus Hcv che si trasmette prevalentemente attraverso il contatto di ferite, anche lievi, con sangue infetto, o tramite scambio di siringhe contaminate. Sono sufficienti anche piccolissime quantità di sangue per trasmettere l’infezione. Nel 60-70% dei casi essa cronicizza e, a lungo andare, può danneggiare seriamente il fegato. Il 20-30% dei pazienti con epatite cronica C sviluppa, nell’arco di 10-20 anni, cirrosi e, in circa l’1-4%, successivo epatocarcinoma.
Qualche dato
In Italia, In Italia si stima che ci siano tra 600mila e 1,2 milioni persone con l’epatite C, e molte di esse non sanno di averla; si stima ci siano 100.000 persone con malattia di fegato avanzata causata da epatite C e non diagnosticata, la maggior parte di età compresa fra i 60 e i 70 anni, e altri 280.000 persone con infezione da Hcv attiva con età media di 46 anni, ignari di essere malati perché senza sintomi.
Testare e trattare
Dal dicembre 2015 al 24 luglio scorso, i pazienti avviati ad almeno un trattamento contro il virus dell’epatite C sono stati 253.009, come indica il monitoraggio dei trattamenti con i nuovi farmaci ad azione antivirale diretta di seconda generazione (DAAs). Secondo i dati Aifa, però, il 30% dei pazienti che iniziano la terapia nel 2019 sono in una fase di fibrosi avanzata. Ciò significa che c’è ancora molto da fare. Testare e trattare.
Image by jcomp on Freepik
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