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Epa: Tradewatch scrive a Prodi per bloccarli

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato dell'osservatorio italiano sul commercio internazionale e il testo della lettera inviata al Presidente del Consiglio

di Chiara Sirna

L?Unione Europea continua nella sua folle e insensata corsa per la chiusura dei negoziati per gli accordi di libero scambio con i Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Accordi di Partenariato economico-APE/EPA). In questi giorni, nonostante le richieste di fermare il processo pervenute da molti Paesi africani all’ultimo vertice Unione Europa-Africa, e la netta opposizione dell’Unione Africana, si stanno concludendo accordi parziali ?ad interim? con sub-regioni e singoli Paesi che avranno risvolti negativi su tutti gli altri

L’Ue, anziché accettare una proroga delle scadenze negoziali, ha posto i Paesi ACP di fronte a una scelta: firmare o vedersi ridurre il livello di preferenze commerciali di cui godono in Europa. Cioè: niente firma, stop ai vostri prodotti, alcuni dei quali essenziali per il reddito di centinaia di migliaia di comunità. Un ricatto che svela, se ce n’era bisogno, il vero volto della politica di cooperazione europea verso i Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico. Verso l’Africa in particolare, visto che anziché combattere la povertà, utilizza la leva del libero commercio per l’affermazione dei propri interessi, prodotti, imprese.

La Campagna per la Riforma della Banca mondiale, Fair, Crocevia, Mani Tese, Terra Nuova, Rete Lilliput e i Beati i Costruttori di Pace, attivi nell?Osservatorio sul commercio internazionale Tradewatch, in una lettera aperta a Prodi denunciano la politica della Commissione europea e chiedono al Presidente Prodi che l’Italia assuma in Consiglio europeo, e in tutte le sedi adeguate, una posizione di rifiuto di questa logica che riduce la cooperazione ad un mero strumento di penetrazione economica.

L?Osservatorio chiede anche al Governo (e al Parlamento) di imprimere un chiaro indirizzo di solidarietà nella politica di cooperazione allo sviluppo italiana, innanzitutto con l’approvazione della tanto auspicata Riforma della legge 49/1987, che garantirebbe maggiore coerenza, coordinamento ed efficacia alla politica estera del nostro Paese.

La lettera è stata inviata per conoscenza anche al ministro degli Esteri Massimo D?Alema e alla vice ministro agli Esteri con delega alla Cooperazione Patrizia Sentinelli.

Segue il testo della lettera in viata a Romano Prodi:

Caro Presidente,

Le scriviamo perché condividiamo con i popoli del mondo un destino comune, un’aspirazione di pace e di benessere collettivo. Per questo da qualche anno stiamo seguendo i negoziati dei nuovi Accordi di Partenariato Economico (APE o EPA) che l’Europa sta negoziando con molte sue ex colonie in Africa, Caraibi e Pacifico (ACP). Proprio in questi giorni esse dovranno decidere se e come rinunciare ai vecchi accordi di cooperazione e preferenza commerciale che l’Europa ha concesso loro negli anni Sessanta, e trasformarli in accordi di libero scambio, aprendo i loro mercato alle merci, ai servizi e, molto probabilmente, agli investimenti europei. Lo ricorderà sicuramente, visto che il lancio dei negoziati EPA avvenne sotto la Sua presidenza della Commissione europea. E ricorderà che non solo tutte le principali Ong, le Organizzazioni agricole e le reti di solidarietà europee e delle regioni ACP, ma le stesse agenzie delle Nazioni Unite e la Banca mondiale, hanno lanciato negli anni segnali d’attenzione sulle conseguenze che gli EPAs potrebbero portare allo sviluppo economico e sociale di questi Paesi, tra i più poveri del pianeta: de-industrializzazione, perdita di gettito fiscale e di spazio politico, uscita dai mercati locali di milioni di piccoli produttori.

E’ un fatto che nessuna delle sei regioni ACP coinvolte nel negoziato firmerà al completo gli accordi “ad interim” che avvieranno concretamente, anche se parzialmente, questo cambiamento di relazioni entro la fine dell’anno, ed è un fatto che due tra esse, tra le più importanti, cioè Africa Occidentale e Centrale, abbiamo chiesto espressamente una proroga delle scadenze negoziali, perché temono che gli stessi accordi “ad interim”, pur se parziali, colpiscano al cuore i processi di integrazione regionale dei loro Paesi, che sarebbero, sulla carta, uno dei principali obiettivi degli stessi EPA. A Lisbona, in occasione del summit UE-Africa, avrà avuto modo di constatare direttamente il malessere diffuso anche all’interno delle diplomazie africane rispetto all’atteggiamento impositivo della Commissione Europea in questa fase delicata del processo negoziale. L’ostinazione quasi personale del Commissario Peter Mandelson, che più volte ha attaccato direttamente l’apertura al dialogo promossa con coerenza e costanza dal Governo italiano, di voler chiudere accordi ad interim con più Paesi possibili declassando il livello di partenariato e di preferenze commerciali con quelli che rifiutano un accordo in così breve tempo, crediamo sia una forzatura del tutto illegittima ed inopportuna nel quadro delle relazioni politiche ed economiche UE-ACP. Il prossimo 20 dicembre il Consiglio europeo approverà il regolamento per la concessione di un accesso “duty and quota free” agli ACP che avranno firmato l’accordo ad interim. Ma la partita a nostro avviso non è ancora chiusa.

Per questo motivo Le chiediamo:

1. di proporre in sede europea un segnale di distensione nel processo negoziale evitando di fissare nuove scadenze per la firma di un accordo complessivo (il cosiddetto Full EPA), escludendo dall’agenda in discussione gli investimenti (i cosiddetti Temi di Singapore, già esclusi dai negoziati WTO) e in generale le Trade-Related Issues, garantendo tutte le flessibilità necessarie per un accordo sui servizi (tra i quali prioritariamente acqua, istruzione e sanità), e per permettere di proteggere i prodotti dell’agricoltura familiare da cui dipende la maggioranza della popolazione, salvaguardando uno spazio politico adeguato di autodeterminazione per i Paesi ACP.

2. di imprimere un chiaro indirizzo di solidarietà nella politica di cooperazione allo sviluppo italiana, innanzitutto con l’approvazione della tanto auspicata Riforma della legge 49/1987, che garantirebbe maggiore coerenza, coordinamento ed efficacia alla politica estera del nostro Paese. L’Italia dovrebbe, inoltre, allocare i fondi destinati agli aiuti al commercio solo in presenza di un processo trasparente e partecipato di definizione, esborso e monitoraggio degli stessi. Questi fondi dovrebbero essere orientati al benessere diffuso dei Paesi riceventi, addizionali rispetto ai programmi di cooperazione, finalizzati al sostegno dell’integrazione regionale, allo sviluppo di un commercio locale più solidale e sostenibile e, soprattutto, non essere utilizzati quale moneta di scambio per l’imposizione di politiche-capestro di liberalizzazione.

3. Come ribadito nelle conclusioni del GAERC dello scorso 19-20 novembre, chiediamo che vengano elaborati e implementati meccanismi in grado di vincolare l’implementazione degli accordi a precisi benchmarks di sviluppo umano, tutela dell?ambiente e benessere diffuso, in trasparenza e cooperazione con le rappresentanze delle comunità locali, della società civile e dei Parlamenti.

Rimaniamo in attesa di una risposta positiva e di un Suo pronto e fattivo interessamento.

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