Non profit

Enti pubblici morosi Coop a caccia d’ossigeno

Come continuare le attività nonostante i ritardi nei pagamenti

di Maurizio Regosa

Dal più “classico” prestito alla creazione di gruppi di acquisto. Dalla creazione di uffici contabilità aggregati a quella di negozi per i soci. Ma c’è anche chi punta sulla diversificazione della committenza
Che fare quando l’ente pubblico non paga le fatture? Non è un caso d’accademia. Accade spessissimo, come hanno documentato i servizi pubblicati sui numeri 3 e 4 di Vita. Lo Stato complessivamente pare debba al sistema cooperativo 20/25 miliardi. Mentre aspettano Godot (anche 700 giorni), le cooperative cercano di trovare soluzioni. Parziali, si dirà, visto che il 90% di una fattura per la prestazione di servizi serve a pagare gli stipendi a chi lavora. Ma in qualche caso di sistema o creative. Strutturale è ad esempio la risposta che ha dato il consorzio Kairos di Torino: «Come consorzio abbiamo chiesto un prestito», spiega Mauro Maurino che ne è presidente, «e lo abbiamo poi distribuito fra le cooperative socie. Loro avevano delle difficoltà a ottenere finanziamenti e quindi siamo subentrati noi». Pragmatici e tipicamente cooperativi.
C’è chi ad esempio ha pensato di organizzare dei gruppi d’acquisto. Lo hanno fatto a Napoli e provincia (la Campania è fra i peggiori pagatori e Napoli ha la palma del Comune più ritardatario). Il come lo spiega Gianni Minucci, presidente del coordinamento La rete onlus, che fa capo al Coordinamento nazionale delle comunità per minori ed è formato da 22 enti (fra cooperative sociali, congregazioni religiose, associazioni): «Di fronte ad attese che non finivano mai, abbiamo pensato di fare filiera e organizzare collettivamente alcuni acquisti». In pratica i 22 enti (che gestiscono 45 comunità) acquistano in gruppo i beni di consumo (dagli alimenti ai pannolini, dai cerotti ai saponi). Il risparmio che riescono a spuntare è significativo: si va dal 15 al 18%. Risultati che li hanno convinti e che li hanno spinti a costituire un consorzio di scopo, che si chiama Socrate, e si occupa della gestione di servizi residenziali per minori e gli sta suggerendo di riprovare ad applicare questo ragionamento su altri versanti. Quello assicurativo, intanto. Ogni comunità deve per legge avere la copertura assicurativa per la responsabilità civile e gli infortuni. Perché non contrattare, sempre insieme, le migliori offerte?
Altri, sempre per abbattere i costi, hanno pensato a uffici legali o contabilità aggregate (il che ha anche positivi risvolti nell’efficienza…).
Sempre all’insegna del pragmatismo – perché l’attesa non si trasformi in paralisi – altri stanno pensando di creare strutture che facilitino fra l’altro la liquidità. Negozi, ad esempio, dove i soci possano acquistare risparmiando (all’insegna del mutualismo e a favore del sostegno del potere d’acquisto) e grazie ai quali avere un flusso di cassa che in qualche misura attenui i problemi derivanti dalla lentezza pubblica. Ci stanno pensando a Firenze come a Sestri Levante. Ad esempio il consorzio Roberto Tassano di Sestri (gruppo Cgm) vorrebbe mettere insieme la possibilità di dare ai 1.200 soci alcuni vantaggi legati all’economia di scala possibile se si acquista direttamente dai fornitori, e quella di avere maggiore liquidità (ma precisa il presidente, Giacomo Linaro, «il problema dei ritardi lo abbiamo affrontato più strutturalmente con un accordo con Cgm Finance e con Intesa Sanpaolo»).
«Comunque il vero tema e la chiave con cui affrontare questo tema», aggiunge Fiorenzo Bugatti della cooperativa Cauto di Brescia, «è la diversificazione delle committenze. Noi siamo una cooperativa di inserimento lavorativo e ci occupiamo di ambiente. Abbiamo cominciato con clienti pubblici e man mano abbiamo diversificato la committenza rivolgendoci anche al mercato privato. Per il quale realizziamo sgomberi di cantine. I pezzi che possiamo recuperare, li mettiamo in vendita in un negozio, che abbiamo intitolato Spigolandia».


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