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Enti locali alla prova della sussidiariet

Verso un alleanza tra comuni e Terzo settore per dare nuove risposte ai bisogni. E chiedono al governo di varare la nuova legge sull'assistenza sociale.

di Carlotta Jesi

«Superare la dicotomia tra economia e sociale: la prima come produttrice di risorse e il secondo come loro mera distribuzione». È con questo obiettivo che l’onorevole Vasco Giannotti, presidente del Comitato Terzo settore alla Camera dei Deputati, il prossimo 25 novembre aprirà ad Arezzo il primo incontro nazionale su sussidiarietà, autonomie locali e Terzo settore. A tema i punti cardine della legge quadro sulla riforma dell’assistenza, che attendono solo il via libera di Camera e Senato per diventare a tutti gli effetti protagonisti del nuovo sistema di welfare italiano. Quello, per intenderci, offerto e gestito dal non profit oltre che dallo Stato, con una programmazione demandata agli enti locali: buoni sociali da spendere per farsi aiutare da enti pubblici, piccole organizzazioni senza scopo di lucro e attenzione ai bisogni e diritti dell’uomo del 2000. Una vera e propria riorganizzazione dei servizi alla persona. Che l’onorevole Vasco Giannotti, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), l’Anci, l’Unioncamere, il Forum del Terzo settore e i centri toscani di servizio per il volontariato, sono intenzionati a mettere alla prova e preparare ad Arezzo. «Invitando tutti i soggetti investiti di maggiore autonomia e direttamente coinvolti nella risposta dei bisogni sociali, a confrontarsi e unire le loro forze», spiega il deputato. Che di queste realtà ha pronta una lunga lista: università, camere di commercio, enti locali, sindacati e perfino rappresentanti dei consumatori oltre al non profit direttamente impegnato nei servizi alla persona. Un mix di referenti, pubblici e privati, commerciali e senza scopo di lucro, che il direttore del Cnel, Giuseppe De Rita, definisce «l’unico in grado di garantire una sufficiente apertura e la costruzione di un welfare moderno». E che auspica diventino «un mix virtuoso e collaborativo tra funzioni e formule che trovino, a seconda del territorio di riferimento, differenti aggregazioni e integrazioni». Come è accaduto in Lombardia, dove i Comuni delle province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio e Varese, dal 1997 al 1999 hanno sperimentato un progetto di concertazione del Welfare locale in favore degli anziani. Nato da un accordo annuale tra sindacati dei pensionanti (Spi-Cgil, Fnp-Cisl, Uilp-Uil) e l’associazionismo dei Comuni con Anci e Lega delle autonomie locali, e sfociato in 845 intese che hanno negoziato sulla gestione di sussidi e strumenti di assistenza per la Terza età. Insomma, una prova generale di quanto potrebbe diventare prassi abituale con la nuova legge sulla assistenza. Succederà lo stesso ad Arezzo? «Sarà piuttosto una fotografia delle forze in gioco nel territorio», spiega Giannotti. «Un punto di partenza per costruire percorsi di assistenza che partano dal basso, dai bisogni degli abitanti. E, soprattutto, un esercizio con cui enti locali, non profit, università, sindacati e associazioni dei consumatori si eserciteranno a gestire i fondi che verranno loro assegnati», (quelli strutturali, per l’assistenza e più in generale del fondo sociale nazionale, gli incentivi per l’impresa sociale e i fondi comunali). Basteranno per costruire un welfare moderno? No, certo. «Ci vorrà un decentramento che trasmetta e assegni autonomia funzionale ai soggetti periferici», spiega De Rita nel terzo rapporto sulla coesione sociale. Ma anche vere politiche sociali e l’attuazione di quelle leggi sugli enti locali, sulla riforma dell’assistenza e del federalismo, che promettono, finalmente, l’applicazione del principio di sussidiarietà. •


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