Enogastronomia e cultura, Mamoiada scommette sui giovani
La tradizione mamoiadina della vitivinicoltura è stata rivisitata dalle nuove generazioni, all'insegna dell'innovazione. Lo stesso sta accadendo nella ristorazione e nella proposta museale. Nel paese di Mamuthones e Issohadores, maschere millenarie che animano il carnevale e le principali feste locali, molti giovani decidono di scommettere e investire nel loro paese
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Lo spopolamento della Sardegna, iniziato subito dopo il Piano di Rinascita, dagli anni Sessanta è diventato inarrestabile. Un recente report del Centro Studi della Cna Sardegna mostra dati inequivocabili: se nel 1961 la popolazione localizzata nelle zone interne era pari al 47% del totale regionale, nel 2020 è scesa al 33%. Di questo passo, se non si troveranno contromisure efficaci e durature, potrebbe scendere al 29,7% nel 2050. Il calo demografico dei Comuni dell’interno è arrivato, nel 2020, a più di 137mila persone (-21%), mentre la crescita della popolazione della fascia costiera ammonta a 303mila abitanti (+40%). Tutto ciò ha causato un’enorme perdita di ricchezza nelle aree che si stanno spopolando: negli ultimi sette anni sono andati perduti oltre 230 milioni di euro (valutati ai prezzi del 2019) di reddito annuo dei residenti.
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Eppure, c’è chi sta andando controtendenza. È il caso di Mamoiada, un paese di 2.500 abitanti situato nella Barbagia di Ollolai, che tra gli anni Settanta e metà degli anni Novanta balzava frequentemente alle cronache nazionali per una sanguinosa faida che ha prodotto un lungo elenco di morti ammazzati. Poi qualcosa è cambiato in quella comunità dedita prevalentemente all’agricoltura. Si è preso coscienza che non ci sarebbe stato un futuro per le nuove generazioni, se si fosse seguita la strada della violenza e delle esecuzioni da dietro i muretti a secco.
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Nel paese dei Mamuthones, sono proprio i giovani (in gran parte donne) che stanno imprimendo una nuova connotazione sociale ed economica a Mamoiada. La tradizione è giunta in soccorso ma ha richiesto progetti innovativi che stanno dando i loro frutti. Uno degli elementi trainanti è certamente il settore vitivinicolo: in questo piccolo Comune di montagna si contano una trentina di cantine, di varie dimensioni. La storia di Grazia Canneddu è emblematica.
«Dopo la laurea in giurisprudenza – racconta la 34enne mamoiadina – mi sono trasferita a Roma. Lavoravo nell’ufficio del Personale di una importante azienda, con un contratto a tempo indeterminato. A un certo punto ho sentito il forte richiamo della mia terra e ho pensato di dare una mano a mio fratello Marco, che ha rilevato la piccola azienda di famiglia e, piano piano, la sta facendo crescere. Valorizzare il territorio e credere nel suo potenziale senza abbandonarlo, è la via da perseguire. Non è semplice ma, con la lungimiranza e la qualità dei nostri prodotti, ci possiamo riuscire».
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«Oggi la cantina Canneddu produce diecimila bottiglie all’anno», prosegue Grazia nel racconto. «Morto nonno Raffaele, che aveva impiantato le prime viti, oggi ci lavora tutta la nostra famiglia: papà Tonino, mamma Anna, io e Marco, che ha 28 anni e sta per laurearsi in Enologia e Viticoltura. Lui sta in campagna, io mi occupo di amministrazione, marketing e comunicazione, mia mamma è la maga della commercializzazione, mio padre segue la cantina. Nei periodi specifici, come la vendemmia, diamo lavoro ad altre persone del paese. La cosa straordinaria è che in questo settore, che tradizionalmente è sempre stato appannaggio degli uomini, ora stanno lavorando molte donne, in buona parte sotto i 40 anni. Non è un fenomeno locale: in Sardegna si contano già una quarantina di iscritte all’Associazione Donne del vino. Quello che un tempo, per molti, era soltanto un passatempo per stare all’aria aperta e produrre un po’ di vino per la famiglia e gli amici, oggi è diventata una professione che richiede competenza, dedizione e innovazione. La qualità del vino sardo, negli ultimi 20 anni, è cresciuta in maniera esponenziale».
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Anche Mauro Ladu , 37 anni, è tornato a Mamoiada dopo aver lavorato nella penisola e per alcuni anni a Mosca. «Quando lavoravo da dipendente in un ristorante di Cagliari – racconta – mi è venuto il desiderio di aprire un'attività tutta mia».
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«Con l'allora fidanzata Sara Tavolacci , che nel frattempo è diventata mia moglie e mi dato alla luce una bellissima bambina, pensavo di stare nel capoluogo sardo, visto che lei è cagliaritana. Ma quando abbiamo scoperto dagli studi di settore che il tipo di cucina che avevo in mente non era adatto alla realtà di quella città, è stata proprio Sara a propormi di tornare a Mamoiada. Io sto in cucina, lei si occupa della parte amministrativa. Abbiamo rilevato una cantina in disuso», prosegue Mauro, «l'abbiamo adattata e, nel dicembre del 2020, ho aperto il ristorante “ Abbamele Osteria ”, dove si propone la nostra cucina tradizionale rivisitata in chiave moderna, senza eccessivi stravolgimenti. Devo dire che la scelta ci sta premiando: oltre a numerosi turisti, arrivano molte persone dalle località più distanti dell'Isola. Mamoiada sta diventando una meta del turismo enogastronomico, e propone tante altre attrattive che stanno creando un'economia di tutto rispetto. La nostra attività si colloca bene in questo contesto».
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Il settore della cultura non è rimasto a guardare. Perché nel paese dei Mamuthones e degli Issohadores non poteva mancare il suggestivo Museo delle Maschere Mediterranee.
«Dire che Mamoiada sia in controtendenza rispetto allo spopolamento ormai storico, è una esagerazione. Ma di sicuro stiamo arginando l’emorragia», spiega Rita Mele, responsabile del dipartimento educativo del museo. «Il settore vitivinicolo è certamente trainante, sta offrendo soddisfazioni e opportunità di lavoro soprattutto ai giovani. Più in generale, il nostro paese propone diversi motivi per venire a visitarlo. Uno di questi è certamente il Museo che la cooperativa Viseras gestisce. Nonostante le restrizioni della pandemia, nel 2020 siamo riusciti a registrare un buon numero di presenze. E quest’anno, che ancora non si è concluso, nei mesi estivi abbiamo staccato lo stesso numero di biglietti rispetto all’analogo periodo degli anni passati».
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