Sostenibilità

Energia per tutti: ecco il database delle idee migliori

Otto grandi società che operano nel settore energia, capitanate da a2a, in vista di Expo crearono un'associazione per informare sul gap nell'accesso all'energia che esiste nel mondo: "nutrire il pianeta" non poteva dimenticarsene. Ne è nato un database di progetti, case history e esperienze. Ieri l'associazione è stata sciolta ma la sua eredità viene raccolta dal Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano

di Sara De Carli

Una vecchia ruota di bicicletta, un’asta, una batteria, una luce led: ecco il lampione portatile disegnato dall’architetto Matteo Ferroni. In Mali, dove l’idea è nata nel 2010, lo chiamano “Foroba Yelen”. «Abbiamo già consegnato 100 luci a 25 villaggi rurali del Mali, compresi tre centri di salute», spiega Ferroni. «Con soli 50W si dà luce a un villaggio perché il lampione può essere sposato là dove serve». Ferroni non lavora nella cooperazione, in Africa c’è arrivato per fare un teatro: lo ha colpito il raccogliersi delle persone all’ombra di un albero e la sua luce vuole riprodurre proprio quello spazio fisico, tant’è che «questa è una luce collettiva, di gruppo». I lampioncini – continua Ferroni – sono gestiti da piccole associazioni di donne: «Funziona. L’uso sociale è in comodato, se un privato lo vuole utilizzare invece paga un noleggio e quei soldi servono per la manutenzione», spiega Ferroni. Lo chiedono i ragazzini per studiare, il veterinario, il barbiere, i contadini per irrigare le terre… Il bello è che può essere fatto tutto in loco, con materiali poveri, fatta eccezione per la luce led: «Sto scrivendo un manuale che spiega come costruirlo, presto lo metterò sul sito, non mi interessa vendere lampade ma distribuire la conoscenza e dare lavoro agli artigiani locali», dice ancora Ferroni.

Quella di “Foroba Yelen” è una delle storie raccolte da WAME-World Access to Modern Energy, un’associazione creata in vista di Expo2015 da otto società che operano nel settore energia (A2A, Edison, Enel, Eni, E.ON Italia, Gas Natural Italia, ENGIE-GDF SUEZ Italia e Tenaris-Dalmine) insieme a Expo2015. L’obiettivo era quello di sensibilizzare e informare sull'importante questione sociale dell’accesso all'energia, aumentando la consapevolezza del problema. Nel mondo infatti una persona su cinque non ha accesso all’energia e due su cinque sono costrette ad utilizzare fonti solide e molto inquinanti anche per i bisogni primari, come cucinare e scaldarsi. L’accesso universale a servizi energetici affidabili, sostenibili e moderni è uno degli obiettivi che il mondo si è dato per il 2030: con il numero 7 dei Sustainable Development Goals, approvati dall’Onu nel settembre 2015, l’energia viene riconosciuta come la precondizione per lo sviluppo economico ma anche per l’acceso a diritti primari. «Affrontando il tema “Nutrire il pianeta” non si poteva tacere il problema dell’accesso all’energia, che è qualcosa di sostanzialmente necessario alla vita, fa parte del minimo necessario per vivere se intendiamo vivere non solo come sopravvivere», racconta il professor Pippo Ranci, presidente di Wame, che all’epoca della nascita dell’associazione presiedeva il Consiglio di Sorveglianza di a2a.

«Passato Expo, l’associazione ora si scioglie, ma lascia in eredità un patrimonio di informazioni e case history che possono essere replicate o ispirare nuove idee», continua Ranci. Il sito infatti raccoglie progetti, politiche, case studies e pubblicazioni che testimoniano gli sforzi per consentire l’accesso ai servizi energetici alle famiglie, alle comunità e alle imprese là dove esso ancora manca (principalmente in Asia, Africa e America Latina).

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Accanto alla documentazione dei grandi progetti istituzionali ci sono 56 case studies per dare accesso all’energia e 15 grandi storie come quella del lampione portatile. «Le dimensione dei grandi progetti istituzionali e quella delle piccole idee dal basso devono necessariamente convivere, perché ci sono obiettivi che nessuna delle due dimensioni da sola può raggiungere», spiega Ranci. E pensa in particolare al «clean cooking, quando abbiamo iniziato a parlarne in pochi capivano cosa volesse dire, non si immaginava il problema. Invece ogni anno 4 milioni di persone muoiono per via dei fumi prodotti dai focolai per cucinare. A differenza che nell’elettrificazione qui non c’è un problema di infrastrutture ma è necessario mutare le abitudini delle persone, diverse da zona a zona».

Questo patrimonio di idee ed esperienze «che consentono all’opinione pubblica di comprendere il problema, cosa non banale, ma che possono anche essere copiate e riprodotte», non andrà perduto: l'associazione è stata sciolta ieri, ma «il sito e i suoi contenuti, incluso il data base, andrà ora al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano», rivela con soddisfazione il professore. E continuerà ad ispirare nuove idee per illuminare il mondo.

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