Cultura

Emo, il danese che non ti aspetti: puro soul

Recensione del cd "This is my home" di Emo.

di Enrico Barbieri

Non è proprio dalla Danimarca che ci si aspetterebbe la più bella perla downbeat degli ultimi tempi. E sarà pure che nel rimescolamento di latitudini musicali degli ultimi anni tutto è ormai possibile (le evoluzioni nu-jazz degli austriaci Kruder & Dorfmeister, il rock islandese, l?electro-punjabi?) ma proprio da lì arriva Emo col suo This is my home, album profondo e, soprattutto, nero. Emo è Emil Jonathan Soegaard e, dopo una serie di fortunati singoli, esordisce con questo bell?album per la tedesca Stereo Deluxe. Si capisce fin dalle prime note che il danese non è di quella genia di androidi che davanti a un pc simulano musica e sentimenti. La sostanza dei pezzi di This is my house è liquida e organica, mielosa, ed entra docilmente nella testa, dal primo pezzo fino alla bellissima Human, che significativamente chiude l?album. L?impressione di freschezza deriva dal fatto che la maggior parte dei pezzi, prima di essere rielaborati negli studi, sono stati suonati e cantati dal vivo da Emo e da un ottimo ensemble di musicisti. Nel suo svolgersi, raramente la musica esce fuori dal seminato: ci si muove in un territorio rigorosamente black, che va dal jazz al reagge. Eppure l?impressione non è mai di copiaticcio, come succede spesso. Il dub dall?incedere caracollante di This is my home è sempre sorretto da una solida base soul, un?anima nera ispirata e sofferente che chissà dove il giovane musicista danese è andato a trovare.


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