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Emigrazioni e lavoro povero, quelle urgenze a Sud

Il 50° Rapporto dell'Associazione Sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno - Svimez annuncia una crescita dimezzata al Sud, con un aumento del Pil di +0,8% nel Centro-Nord e di +0,4% nel Mezzogiorno. Crollano i redditi. Nel 2022 sono 2,5 milioni le persone che vivono in povertà assoluta al Sud, 250mila in più rispetto al 2020. Per crescere servono politiche industriali, la riduzione del divario di genere, la diminuzione della dispersione scolastica e l’aumento dei laureati

di Ilaria Dioguardi

Presentato a Roma il Rapporto Svimez 2023 Cittadinanza, lavoro, imprese: l’inclusione fa crescere. Il Pil del Mezzogiorno è stimato in aumento dello 0,4% nel 2023, con una crescita dimezzata rispetto al Centro-Nord (0,8%). Il dato nazionale è +0,7%. La riapertura del divario di crescita Nord-Sud è imputabile al calo dei consumi delle famiglie (-0,5%), che non dovrebbe osservarsi nel Centro-Nord (+0,4%).  Dinamica sfavorevole causata da una contrazione del reddito disponibile delle famiglie meridionali (-2%), doppia rispetto al Centro-Nord come nel 2022.

L’accelerazione dell’inflazione del 2022 ha eroso soprattutto il potere d’acquisto delle fasce più deboli della popolazione. Sono state colpite soprattutto le famiglie a basso reddito, prevalentemente concentrate nelle regioni del Mezzogiorno. Nel 2022 l’inflazione ha eroso 2,9 punti del reddito disponibile delle famiglie meridionali, oltre il doppio del dato relativo al Centro-Nord (–1,2 punti). Rispetto alle altre economie europee, in Italia la dinamica inflattiva si è ripercossa in maniera significativa sui salari reali italiani, che tra il II trimestre 2021 e il II trimestre 2023 hanno subìto una contrazione molto più evidente della media UE a 27 (–10,4% contro –5,9%), e ancora più intensa nel Mezzogiorno (–10,7%). «Nel 2022 il Sud cresce come la media Ue (+3,5%). Cumulativamente, nel 2021-22 il Mezzogiorno cresce del 10,7%, quasi come il Centro-Nord (+11%), più del Nord-Ovest (+9,9%)», ha detto Luca Bianchi, direttore generale Svimez. «La crescita al Sud è stata trainata dal settore delle costruzioni, per effetto del superbonus, e dei servizi. Il contributo alla crescita dell’industria è meno della metà che nel resto del paese, 10% contro il 24,5% del Centro-Nord».

La presentazione a Roma del Rapporto Svimez 2023 Cittadinanza, lavoro, imprese: l’inclusione fa crescere

Rispetto al pre-pandemia la ripresa dell’occupazione si è mostrata più accentuata nelle regioni meridionali: +188mila nel Mezzogiorno (+3,1%), +219 mila nel centro-nord (+1,3%). Ma nella ripresa post-Covid è tornata a inasprirsi la precarietà. Dalla seconda metà del 2021, è cresciuta l’occupazione più stabile, ma la vulnerabilità nel mercato del lavoro meridionale resta su livelli patologici. Il 22,9% dei lavoratori nel Mezzogiorno ha un’occupazione a termine, contro il 14% nel Centro-Nord. Il 23% dei lavoratori a temine al Sud lo è da almeno cinque anni (l’8,4% nel Centro-Nord). Tra il 2020 e il 2022 è calata la quota involontaria sul totale dei contratti part time in tutto il paese, ma il divario tra Mezzogiorno e Centro-Nord resta ancora molto pronunciato. «Il dato che più mi colpisce», ha continuato Bianchi, «è che il 75,1% dei rapporti di lavoro part time al Sud (contro il 49,4% del resto d’Italia) non sono stati una scelta, è più di un tema di riduzione del costo del lavoro più che una politica di riconciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro». L’incremento dell’occupazione non è in grado di alleviare il disagio sociale in un contesto di diffusa precarietà e bassi salari.

Il 75,1% dei rapporti di lavoro part time al Sud (contro il 49,4% del resto d’Italia) non sono stati una scelta

Luca Bianchi, direttore generale Svimez

«Pur in presenza di una crescita sostenuta dell’occupazione, abbiamo una crescita della povertà nel Mezzogiorno. C’è un problema di lavoro povero. Nel 2022 sono 2,5 milioni le persone che vivono in famiglie in povertà assoluta al Sud: +250.000 in più rispetto al 2020 (-170.000 al Centro-Nord). Quindi, bene la crescita economica ma c’è un allarme che riguarda la dinamica della società. Abbiamo un gigantesco tema che è la questione salariale nel nostro paese. Abbiamo provato a fare una stima di come si muove la variazione dei salari reali. Tra il secondo trimestre 2023 e il secondo trimestre 2021 c’è un calo del 10,4% in Italia, del 10,7% nel Mezzogiorno».

Luca Bianchi, direttore generale Svimez

Sulla dinamica territoriale del Pil 2024-2025 incidono gli effetti espansivi degli interventi finanziati dal Pnrr. La Svimez ha stimato in 2,2 punti percentuali l’impatto cumulato sul Pil nazionale nel biennio nell’ipotesi di completo e tempestivo utilizzo delle risorse disponibili: +2,5% nel Mezzogiorno e +2% nel Centro-Nord. Secondo le stime, il Pnrr eviterà la recessione al Sud in entrambi gli anni di previsione: –0,6% e –0,7% il Pil del Mezzogiorno, rispettivamente, nel 2024 e nel 2025 “senza Pnrr”. Il contributo del Pnrr alla crescita del prossimo biennio dipenderà dalla sua pronta ed efficace attuazione. Sulla base dei dati dei progetti complessivi del sistema Regis (il sistema unico di rendicontazione del Pnrr), la Svimez ha monitorato lo stato di attuazione degli interventi che vedono i comuni come soggetti attuatori. Il valore complessivo dei progetti presenti in Regis ammonta a 32 miliardi di euro, per il 45% allocati ai Comuni del Mezzogiorno. Per circa la metà dei progetti risultano avviate le procedure di affidamento; la quota di progetti messi a bando si ferma al 31% al Mezzogiorno rispetto al 60% del Centro-Nord.

Al 2080 si stima una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno. Tra il 2022 e il 2080, il Sud dovrebbe perdere il 51% della popolazione più giovane

La diminuzione delle nascite e il progredire della speranza di vita hanno portato l’Italia tra i paesi europei più anziani. Se da un lato, le comunità immigrate si concentrano nel Settentrione, abbassando l’età media della popolazione, dall’altro, il Mezzogiorno continua a perdere popolazione, soprattutto giovani qualificati. Dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro-Nord (81%). Al netto dei rientri, il Mezzogiorno ha perso 1,1 milioni di residenti. Le migrazioni verso il Centro-Nord hanno interessato soprattutto i più giovani: tra il 2002 e il 2021 il Mezzogiorno ha subìto un deflusso netto di circa 808mila under 35, di cui quasi 263mila laureati.

Secondo il Rapporto Svimez, al 2080 si stima una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno, pari a poco meno dei due terzi del calo nazionale (-13 milioni). La popolazione del Sud, attualmente pari al 33,8% di quella italiana, si ridurrà ad appena il 25,8% nel 2080. Il progressivo processo di invecchiamento del paese non si arresterà nei prossimi decenni: tra il 2022 e il 2080, il Mezzogiorno dovrebbe perdere il 51% della popolazione più giovane, tra 0 e 14 anni, pari a 1 milione e 276mila unità, contro il -19,5% del Centro-Nord (–955 mila). La popolazione in età da lavoro si ridurrà nel Mezzogiorno di oltre la metà (–6,6 milioni), nel Centro-Nord di circa un quarto (–6,3 milioni di unità). Il Mezzogiorno diventerà l’area più vecchia del Paese nel 2080, con un’età media di 51,9 anni rispetto ai 50,2 del Nord e ai 50,8 del Centro. Per invertire la tendenza pluridecennale al calo delle nascite occorre mettere in campo politiche attive di conciliazione dei tempi di vita e lavoro e rafforzare i servizi di welfare.

Le regioni meridionali presentano il tasso più basso di occupazione femminile in confronto all’Europa (media Ue 72,5): Campania (31%), Puglia (32%) e Sicilia (31%)

Il potenziamento dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno è cruciale per contrastare il declino demografico. Le regioni meridionali presentano il tasso più basso di occupazione femminile in confronto all’Europa (media UE 72,5): Campania (31%), Puglia (32%) e Sicilia (31%).
Gli investimenti del Pnrr mirano a colmare queste disparità, ma non sono stati programmati a partire da una mappatura territoriale dei fabbisogni di investimento, bensì attraverso procedure a bando, con una capacità di risposta fortemente influenzata dalle capacità amministrative degli enti locali. I dati presentati nel Rapporto riguardo lo stato di attuazione del Piano Asili nido fanno emergere diverse criticità proprio sotto questo profilo: sono stati assegnati ai comuni 3,4 miliardi, di cui 1,7 al Sud, di cui solo il 36% messe a gara (51% nel Centro-Nord). La recente riduzione degli obiettivi del Pnrr per i nuovi posti asili nido (da 248mila a 15mila) solleva preoccupazioni sulla possibilità di raggiungere il target europeo.

Dalla simulazione effettuata dalla Svimez risulta che, anche se si superassero tutte le difficoltà attuative, le attuali ripartizioni delle risorse non consentirebbero di raggiungere il target europeo del 33% in tutte le regioni. L’Italia presenta una delle percentuali più basse di popolazione laureata in Europa, con il 29% dei giovani tra 25 e 34 anni che ha conseguito un titolo di istruzione terziario nel 2022, 16 punti percentuali al di sotto della media europea. Nel Mezzogiorno, questa percentuale si riduce al 22%. La crescita complessiva dell’occupazione in Italia nel periodo post-Covid è stata dell’1,8% tra il 2019 e il 2023, con un aumento degli occupati diplomati del 3,6% e dei laureati dell’8,3%. Nel Mezzogiorno, la crescita è stata del 15,4% per gli occupati laureati (+203 mila occupati). A livello nazionale, il tasso di occupazione dei giovani laureati (74,6%) è significativamente superiore rispetto ai diplomati (56,5%). Nel Mezzogiorno, il differenziale è di 26 punti percentuali (61,6% contro 35,6%), mentre nel Centro-Nord è di 13 punti (80,6% contro 66,8%).
La disponibilità di infrastrutture scolastiche adeguate contribuisce alla prevenzione e al contenimento delle situazioni di marginalizzazione e disagio. Nelle regioni italiane, la minore diffusione del tempo pieno è associata a tassi più elevati di dispersione scolastica, che raggiunge il 22,1% in Sicilia, il 17,6% in Puglia e il 16,4% in Campania. Il target europeo al 2030 è il 9%.

«Dietro ai dati ci sono le vite di ragazzi e ragazze che subiscono questa grandissima ingiustizia. Il lavoro minorile sfruttato e insicuro, in molti casi, è l’altra faccia della dispersione scolastica», ha affermato Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa Save the Children.

«Ricordiamo che, in generale, il dato della dispersione scolastica in Italia è diminuito, quindi c’è anche una buona notizia. La cattiva notizia è che il Sud resta drammaticamente indietro. Noi lavoriamo da tanti anni nelle regioni del Sud, in una stagione di investimenti (anche il Pnrr investe sulla dispersione scolastica) è necessario tenere conto di alcuni elementi. Il primo è intervenire presto, la dispersione scolastica non si realizza in un giorno, c’è una progressiva disaffezione del bambino dalla scuola che riguarda le assenze ripetute, le bocciature, la lontananza delle famiglie. Bisogna intervenire con l’orientamento nelle scuole primarie», ha continuato Milano.

Per combattere la dispersione scolastica c’è bisogno di un’alleanza tra scuola ed extra scuola per cercare di fare dei passi avanti che sono possibili

Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa Save the Children

«Poi c’è bisogno di continuità. Noi lavoriamo in 250 scuole nel Sud Italia, ci sono progetti che planano nelle scuole per 3-4 mesi, fa più danni farli che non farli. Inoltre, il terzo e ultimo punto è il rapporto tra la scuola e l’extra scuola. Molti ragazzi talentuosi sono in grado di esprimere le loro capacità nello sport, nella musica, nella cultura. Attraverso queste attività è anche possibile riagganciare il loro percorso scolastico. Per combattere la dispersione scolastica c’è bisogno di un’alleanza tra scuola ed extra scuola per cercare di fare dei passi avanti che sono possibili. In un momento di grandi investimenti, la qualità di questi interventi è un elemento da non trascurare».

In apertura, festa delle clementine a Corigliano Calabro (Rc) nella foto di Pasquale Arbitrio/Agenzia Sintesi, nel testo foto dell’ufficio stampa Svimez


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