Mondo
Emigrazione record da una Cuba sempre più in crisi
L'ultimo problema sono interminabili blackout che hanno portato negli ultimi giorni la popolazione in strada a protestare a Pinar del Rio e all'Avana. Al di là delle ideologie, la realtà è che oggi, anche a causa della pandemia che ha fatto crollare il settore del turismo, fondamentale per l’economia cubana, la gente dell'isola è esasperata. Ad un anno dalle proteste dell'11 luglio 2021, Papa Francesco esprime tutta la sua solidarietà mentre aumentano gli esodi e la repressione del governo del presidente Díaz-Canel
di Paolo Manzo
A Cuba la situazione peggiora di giorno in giorno e, nonostante le proteste del luglio 2021, da allora nulla è cambiato, anzi. Nelle ultime settimane oltre alla solita carenza di cibo e articoli di igiene personale a prezzi accessibili – quella cubana dell’85% è la quarta inflazione più alta al mondo dopo Zimbabwe (495%), Turchia (122%) e Sri Lanka (116%) – si sono aggiunti infatti interminabili blackout elettrici. La gente è così esasperata che, nonostante i divieti draconiani, questa settimana è di nuovo scesa in strada per protestare a Pinar del Río, nel quartiere Los Palacios, e all’Avana, nel parco El Curita, sorprendendo il regime che ha interrotto dopo qualche ora Internet ma oramai diversi video erano finiti online.
I manifestanti si erano radunati davanti alle locali sedi del governo al grido di "abbasso il comunismo", "ho fame" e "Díaz Canel singao”, non propriamente un complimento nei confronti del presidente di Cuba. A scatenare le proteste è stata un'interruzione di corrente di 12 ore. Poi, come da prassi, polizia e forze paramilitari hanno iniziato a reprimere.
L’alternativa alla miseria e alle prigioni del regime, qui come altrove, è l’emigrazione e i numeri fanno capire meglio di qualsiasi analisi la disperazione del popolo minuto cubano. Un anno dopo le storiche proteste del 2021, infatti, l’esodo dei migranti cubani è esploso, 140mila in fuga in pochi mesi, con un aumento di 10 volte rispetto all'anno precedente, secondo la US Customs and Border Protection. Il fenomeno è iniziato lo scorso novembre, quando i presidenti di Cuba e Nicaragua hanno eliminato i visti prima necessari ai cubani per andare a Managua con l’obiettivo di facilitare il meccanismo di uscita e abbassare la tensione che si era creata sull'isola con le manifestazioni di massa e la successiva repressione. Una strategia simile a quella di Fidel Castro che tre decenni fa, quando lo scontento sociale all’Avana stava per esplodere, aprì il rubinetto dell’emigrazione e ci fu lo storico esodo del 1980, che vide la partenza di 125.000 cubani dal porto di Mariel su centinaia di barchette, i cosiddetti balseros. E anche adesso le proteste hanno trovato la loro valvola di sfogo in quella che è stata ribattezzata la "Mariel silenziosa", un fenomeno migratorio che ha battuto ogni record.
Migliaia di cubani scesi in piazza per protestare contro le difficoltà economiche e la mancanza di libertà un anno fa erano stati la più grande mobilitazione popolare dall'inizio del regime, nel 1959. Così come brutale era stata la repressione del dissenso.
Oggi, con il deterioramento dell'economia e dei servizi pubblici, il governo ha ampliato la repressione e per chi non si piega, come denuncia un recente rapporto di Human Rights Watch, non resta che la prigione o l’esilio. Il governo ha infatti emanato negli ultimi mesi decine di norme penali tanto draconiane quanto vaghe, che criminalizzano i contenuti "offensivi" che "disturbano l'ordine pubblico" o "insultano" i funzionari. Nelle democrazie, le proteste di massa fanno pressione sui governi affinché cerchino un cambiamento mentre, purtroppo, nelle dittature servono come pretesto per aumentare la repressione e il Partito Comunista Cubano non fa eccezione. Al 30 giugno 2022, i prigionieri politici erano 999, un enormità per un’isola con 10 milioni di abitanti.
Intervistato nell'anniversario delle proteste dalle giornaliste messicane María Antonieta Collins e Valentina Alazraki della televisione Univisión, Papa Francesco ha espresso la sua vicinanza alla gente dell’isola caraibica, “amo molto il popolo cubano. Ho avuto buoni rapporti umani con i cubani e lo confesso anche con Raúl Castro” ha detto. Per poi aggiungere: "Sono stato felice quando è stato raggiunto quel piccolo accordo con gli Stati Uniti che il presidente Obama voleva all'epoca, e Raúl l'ha accettato ed è stato un bel passo avanti, ma ora si è fermato”. “Al momento – ha spiegato il Papa – si tengono dialoghi per ridurre le distanze. Cuba è un simbolo, Cuba ha una grande storia, mi sento molto vicino anche ai vescovi cubani", ha concluso. Dal canto suo, l’ex presidente boliviano Evo Morales ha elogiato il governo di Cuba definendolo "la migliore democrazia del mondo”. Purtroppo, al di là delle ideologie, la realtà è che oggi, anche a causa della pandemia che ha fatto crollare il settore del turismo, fondamentale per l’economia, la popolazione cubana è esasperata. Per rendersene conto è sufficiente leggere i commenti a questo articolo sui blackout di Cubadebate, il sito su cui Fidel Castro pubblicava le sue celebri riflessioni.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.