Mondo

Emergenza suicidi, 40 morti al giorno

Il governo cerca di correre ai ripari. E la crisi per una volta non c'entra

di Gabriella Meroni

È emergenza suicidi in Corea del Sud, un paese dove ogni giorno 40 persone in media si tolgono la vita, un numero più che doppio rispetto a vent’anni fa. Il problema è talmente sentito che anche il governo – come riferisce la Bbc – ha deciso di scendere in campo con politiche mirate a limitare il fenomeno: all’inizio dell’anno è stata approvata una legge che ha disposto l’installazione di telefoni d’emergenza su tutti i ponti e l’apertura di centri di prevenzione in tutto il paese.

Ma come mai tanti sudcoreani si tolgono la vita? Le ragioni sono complesse e difficili da identificare. La crisi, che affligge paesi vicini come il Giappone, sembra aver risparmiato la Corea del Sud: il paese è cresciuto negli ultimi dieci anni del 7% l’anno, e anche se negli ultimi mesi si è registrato un aumento del tasso di indebitamento delle famiglie, qui parole come licenziamenti di massa o recessione sono sconosciute. Anzi. Si può dire che la Corea del Sud non sia mai stata tanto ricca, stabile e potente in tutta la sua storia. È la dodicesima potenza economica del mondo. A Seul ci si può collegare in metropolitana a una rete wi-fi, divertire in centinaia di sale da ballo e gustare un ottimo cappuccino in qualunque bar. Eppure la gente sembra molto più infelice oggi che nei tempi difficili della guerra.

Alcuni spiegano i tanti suicidi tra i giovani con l’utilizzo di internet e il proliferare in rete di gruppi pro-suicidio. Altri, come il neuropsichiatra infantile Kang-ee Hong, affermano che negli ultimi 40 anni i genitori coreani hanno abbandonato i valori tradizionali per sposare un individualismo esasperato. «Dalla primissima infanzia i bambini imparano l’importanza di fare carriera e soldi, e si convincono che se non vanno bene a scuola o non riescono a entrare in un college prestigioso sono dei falliti. E il messaggio che ricevono dai genitori è del tipo “tu non sei mio figlio”». I bambini studiano dalla mattina alla sera, weekend compresi, per assicurarsi l’ingresso nelle scuole d’eccellenza, quelle che garantiscono un posto di lavoro sicuro e ben retribuito. La pressione sui giovani è forte e i ritmi di lavoro intensi. Forse troppo.


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