Welfare

Emergenza Kosovo Dini arruola le ong

La Farnesina cambia strada e cerca il sostegno delle organizzazioni non governative per mettere a punto il programma di interventi umanitari nei Balcani

di Paolo Giovannelli

La Farnesina chiede aiuto ai cooperanti delle Ong e ai volontari per gestire l?emergenza Kosovo. È questo, di fatto, quanto lo stesso ministero degli Esteri ammette, mentre sta cercando di mettere a punto la partecipazione operativa al piano di emergenza italiano in favore degli sfollati interni del Kosovo di cinque ong (Gvc, Afmal, Cric, InterSos e Cospe) e di tre organismi di volontariato, quali il Consorzio italiano di solidarietà, la Croce rossa e l?Associazione Papa Giovanni XXIII. Ma, si apprende proprio dalla Farnesina, che le liste restano aperte e si attende che altri organismi di volontariato si facciano avanti per entrare nell?operazione Kosovo, anche se non ancora presenti nella regione balcanica. Così parla, infatti, il coordinatore tecnico degli interventi d?emergenza della Cooperazione italiana, Agostino Miozzo: «I volontari non sono una scoperta di oggi. Ritengo che la nuova direzione generale della Cooperazione italiana, abbia elaborato una nuova impostazione, più attenta rispetto al passato al coinvolgimento diretto del mondo del volontariato, della solidarietà civile e della cooperazione decentrata». Insomma, il buon lavoro svolto in passato nelle situazioni di emergenza dal volontariato viene oggi riconosciuto come fondamentale e la capillare conoscenza del territorio propria del personale delle ong è, al ministero degli Affari esteri, evidentemente ritenuta indispensabile per far viaggiare più rapidamente ed efficacemente gli aiuti d?emergenza della Cooperazione italiana. «Oggi chiediamo al volontariato», continua Miozzo, «di essere nostro partner operativo, ossia di presentare proposte e di elaborare piani di emergenza molto capillari, per una maggiore incisività nelle situazioni di crisi». C?è soddisfazione fra le ong invitate dalla Farnesina a dare manforte nell?operazione di emergenza per il Kosovo. «Tale inversione di rotta è comunque da apprezzare», sostiene il segretario generale dell?associazione Fatebenefratelli per i malati lontani (Afmal), Pierluigi Casa. L?Afmal ha dato la sua disponibiltà a fornire personale medico e paramedico, anche specializzato, per l?operazione Kosovo ed, eventualmente, a operare anche per la razionalizzazione di alcune strutture sanitarie. Gli fa eco il presidente del Gruppo di volontariato civile (Gvc) di Bologna, Luigi Seghezzo: «Il compito delle ong sarà quello di distribuire parte degli aiuti alimentari e sanitari». Il Gvc lavora sul territorio della Repubblica federale di Jugoslavia sin dal 1994 ed è già attivo in Kosovo da circa due anni e mezzo, a Pristina, con un progetto di emergenza finanziato da Echo per il supporto psico-sociale rivolto alle donne maltrattate e ai loro bambini. Il direttore generale di InterSos, (organizzazione presente in Albani, Montenegro, Bosnia e Kosovo), Pierluigi Pugliaro, commenta: «È incoraggiante che la Farnesina abbia finalmente dotato l?ambasciata italiana a Belgrado di fondi per attivare interventi d?emergenza nel Kosovo». Per quest?anno la Cooperazione italiana ha stanziato circa 3 miliardi e 900 milioni per azioni di emergenza nella regione del Kosovo, che costituiscono un fondo di gestione già erogato all?ambasciata italiana di Belgrado (verranno pagati beni e assistenza a favore delle popolazioni sfollate) e che si vorrebbe utilizzare anche per sostenere iniziative gestite dal volontariato; a questa somma vanno aggiunti circa altri 2 miliardi e mezzo di aiuti alimentari e 1 miliardo per attrezzature di pronto soccorso, tende, coperte, utensili, generatori di corrente già spediti. Altri 600 milioni di lire sono stati infine affidati dalla Farnesina all?Organizzazione mondiale della Sanità. Nel frattempo è in fase di programmazione l?utilizzo di un ulteriore pacchetto di altri 10 miliardi per l?emergenza Kosovo già pronto per il prossimo anno.


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