Welfare

Emergenza carcere, adesso tocca a noi

Inchiesta: oltre l'amnistia, coop sociali e la sfida del reinserimento. Dimostrato che il lavoro riduce la recidiva: un modo serio di affrontare il problema è puntare sull'occupazione

di Redazione

Amnistia e indulto sono tornati nell?agenda politica all?indomani delle elezioni: in considerazione della necessaria maggioranza di due terzi del Parlamento per l?approvazione degli atti di clemenza, e delle ragioni di opportunità politica e pacificazione sociale che vi sottostanno, un confronto politico è indispensabile. Ma i ragionamenti devono basarsi anche sull?evidenza degli scarsi risultati dei precedenti atti di clemenza, insufficienti per la soluzione del problema. Infatti, gli atti di clemenza tamponano il sovraffollamento delle carceri solo per un breve periodo, dopo il quale il problema si ripropone nella sua drammaticità. Se non si creano le condizioni minime per il reinserimento sociale e lavorativo delle persone che usufruiscono della clemenza, queste sono portate a commettere altri reati per sopravvivere e, presto o tardi, ritornano in carcere. E il problema della recidiva purtroppo non esiste solo in occasione degli atti di clemenza ma è la norma se non vi sono le condizioni minime per il reinserimento, per rompere l?anello principale e più robusto della catena reato-carcere-reato legato alle condizioni di esclusione sociale, di povertà economica e culturale. Dal 1998, un protocollo d?intesa tra Confcooperative e il Dipartimento per l?amministrazione penitenziaria ha permesso alle cooperative sociali di Federsolidarietà di intraprendere una serie di iniziative e di azioni nelle carceri italiane (il 7% dei lavoratori svantaggiati, infatti, sono i detenuti negli istituti penitenziari e i condannati ammessi alle misure alternative e al lavoro esterno) per rendersi conto delle reali condizioni dei detenuti, sia nel periodo di detenzione sia nel periodo di reinserimento nella società. Le ricerche empiriche mostrano il successo delle azioni della cooperazione sociale nel processo di rieducazione, formazione e reinserimento lavorativo. Le cooperative sociali di inserimento lavorativo realizzano il proprio fine di solidarietà attraverso lo svolgimento di attività produttive del tutto simili a quelle di tante altre imprese ma con persone svantaggiate, in questo caso detenuti che possono godere di pene alternative fino a quando, terminata la pena, hanno trovato un altro posto di lavoro. Molte cooperative hanno elaborato delle statistiche dei risultati positivi sulle persone condannate che hanno lavorato al loro interno dalle quali si rileva che la maggioranza delle persone uscite dalla cooperativa, alla fine del progetto personalizzato di reinserimento, si sono positivamente reinserite lavorando con continuità presso altre realtà produttive e solo un quinto è tornato in carcere dopo aver commesso un nuovo reato, a fronte di una stima generale di recidiva del 79% . A partire dalle esperienze di questi anni della cooperazione sociale di inserimento lavorativo e dal dibattito in corso su un atto di clemenza per i detenuti, sono importanti interventi per creare le condizioni per il reinserimento sociale e lavorativo. Già da alcuni anni una nostra cooperativa sociale di Brescia ha proposto che i detenuti che hanno ancora due anni di pena da scontare potessero beneficiare di una pena alternativa al carcere lavorando in forma volontaria in una onlus. L?ente onlus avrebbe l?obbligo di garantire il vitto e l?alloggio mentre lo Stato potrebbe garantire un rimborso paragonato a un tirocinio formativo. Questa è una proposta seria che può consentire, al di là di ogni ideologia, risposte rapide e concrete. Massimo Giusti responsabile Focus inserimento lavorativo Federsolidarietà


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