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Emergency sotto attacco
La stampa italiana raccoglie pareri opposti sugli arresti in Afghanistan. Strada: «Una bufala»
Tre italiani di Emergency arrestati in Afghanistan con accuse gravissime: il caso esplode nel fine settimana e approda sulle prime pagine dei giornali del lunedì: una vicenda piena di zone d’ombra e di interrogativi sul ruolo dei servizi segreti internazionali. Il governo italiano sembra molto cauto, e gli esponenti della maggioranza prendono le distanze dalla ong di Gino Strada, che reagisce duramente, parlando di una “bufala”.
- In rassegna stampa anche:
- TARIFFE POSTALI
- IVA
- ENERGIE RINNOVABILI
- GRECIA
- SUDAN
Il CORRIERE DELLA SERA al caso Emergency dedica il titolo di apertura (“Italiani arrestati in Afghanistan. C’è un giallo sulla confessione”) e le pagine 2 (“Annuncio a sorpresa degli afghani: «Gli italiani hanno confessato»”) e 3 (Strada: «È un rapimento. Ma il governo resta freddo”). La cronaca però è in rapida evoluzione. Lo stesso sito della testata milanese infatti spiega come sulla presunta confessione ci siano ancora parecchi dubbi: «Dopo le accuse contro i tre operatori di Emergency arrestati sabato nell’ospedale di Lashkar Gah, dagli afghani arriva un parziale dietrofront. «Il Times di Londra mi ha citato in modo sbagliato, soprattutto per il riferimento di un legame fra gli italiani e Al Qaeda e oggi ha chiesto scusa – ha precisato il portavoce del governo di Helmand, Daud Ahmadi -. Tutto quello che ho da dire è quello che ho dichiarato il primo giorno e non aggiungo altro perché le indagini sono ancora in corso». Annunciando l’arresto di nove persone, Ahmadi aveva detto che le armi trovate nell’ospedale di Emergency servivano per un complotto pro-talebani teso a uccidere il governatore Goulab Mangal. Poi era arrivata la notizia della presunta confessione dei tre italiani , definita «non credibile» da Emergency». Fra i commenti politici più netti in evidenza quello di Maurizio Gasparri («Che ci fossero armi in luoghi gestiti da questa gente si è visto chiaramente in tutte le televisioni. Il nostro governo deve tutelare la reputazione dell’Italia che impegna le proprie forze armate in Afghanistan a tutela della pace e della libertà minacciate dal terrorismo. Chi dovesse vigilare poco, crea un gravissimo danno. Ci riferiamo a Emergency. L’Italia non può essere danneggiata da queste situazioni. La nostra linea è chiara, quella degli altri no»), quello di Alfredo Mantica (sottosegretario agli esteri: «Forse Strada da umanitario fa un po’ troppa politica) e quello dell’Idv Leoluca Orlando («Accertare i fatti per aiutare chi opera in contesti difficili»). Da leggere poi il retroscena firmato dalla sempre ben informata Fiorenza Sarzanini (“I nostri 007 temono una trappola e provano a mediare con cautela”): «Gli 007 escludono che i tre sanitari catturati tre giorni fa abbiano nascosto le armi all’interno della struttura o che abbiano partecipato a un complotto contro il governatore della provincia di Helmand. Ritengono che possano essere rimasti vittima di una trappola o addirittura di una ritorsione…la strategia scelta è invece quella di offrire la massima collaborazione per svolgere le verifiche e così accertate chi abbia nascosto pistole, bombe e giubbotti nel magazzino».
LA REPUBBLICA in taglio centrale riferisce della situazione in Afghanistan: “Emergency, gli afgani accusano L’ira di Strada: è una bufala”. All’interno due pagine per raccontare la vicenda che ha coinvolto Marco Garatti, Matteo Dell’Aira e Matteo Pagani, i tre operatori di Emergency accusati di aver complottato per assassinare il governatore di Helmand. Gli agenti afgani li hanno trattenuti dopo aver trovato in un magazzino dell’ospedale esplosivi e armi. Secondo il Times i tre avrebbero confessato ammettendo che c’era un piano per condurre attentati suicidi, riporta il quotidiano (nella pagine online stamane si precisa. «Kabul frena: l’inchiesta dei servizi di informazione afgani sulla vicenda è ancora in corso, dichiara all’agenzia di stampa Ansa il portavoce del ministero dell’Interno a Kabul, Zamaray Bashary: “Le indagini continuano e – ha precisato – per il momento non si può fare alcuna ipotesi sugli sviluppi”». Naturalmente da parte di Emergency si smentisce qualsiasi coinvolgimento degli operatori (un medico, un infermiere e un logista). Scetticismo anche da parte dei servizi segreti italiani (e da parte del generale Fabio Mini, ex comandante della forza Nato in Kossovo: «è una organizzazione umanitaria non un covo di potenziali terroristi ed è piuttosto difficile credere alle accuse»; sono sgraditi perché non si schierano, aggiunge). Non è un mistero comunque che l’organizzazione non sia molto gradita agli afgani e agli alleati: non piace che i medici curino tutti i feriti e le forze internazionali non hanno gradito la denuncia di Strada che a febbraio (durante l’operazione militare Moshtarak) ha denunciato gli ostacoli all’apertura di un corridoio umanitario. Gino Strada definisce la vicenda una bufala e la spiega così: «vogliono togliere di mezzo un testimone scomodo, in vista della prossima offensiva. Al di là di tutte le demagogie, noi mostriamo la verità della guerra: il 40% dei feriti nei bombardamenti sono bambini, non pericolosi terroristi. Questo dà fastidio, questo non si vuole far sapere al mondo». Ha lanciato una raccolta di firme su www.emergency.it.
IL GIORNALE apre in prima, in taglio alto, con la cronaca dei fatti che arrivano dall’Afghanistan “Gli amici di Strada: confessione choc”. Fausto Biloslavo racconta gli avvenimenti. «Si fa sporco e si tinge di giallo il gioco sulla sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand. Ieri il Times di Londra annunciava che gli italiani e gli altri sei afghani arrestati sabato nell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah avevano “confessato” il proprio ruolo nel complotto. Il quotidiano britannico cita Daoud Ahmadi, portavoce del governatore nel mirino. “Tutti e 9 gli arrestati hanno confessato”, avrebbe detto il funzionario afghano, “Erano accusati di avere legami con Al Qaida e con i terroristi. Hanno riconosciuto il proprio crimine. Hanno detto che c’era un piano per compiere attentati suicidi nel bazar e nel compound del governatore Gulab Mangal, che volevano uccidere”. Il tutto con cinture esplosive e armi scovate nell’ospedale di Emergency. Peccato che il portavoce del governatore, contattato telefonicamente dal Giornale, abbia smentito i virgolettati del Times. “Non ho mai accusato gli italiani di Emergency di essere in combutta con Al Qaida”, ha ribadito, “Ho solo detto sabato (come riportato dal Giornale) che Marco (il chirurgo dell’ong fermato nda) stava collaborando e rispondendo alle domande”. Non solo: l’ambasciatore italiano in Afghanistan, Claudio Glaentzer, ha incontrato ieri mattina i tre fermati Marco Garatti, Matteo Dell’Aira e Matteo Pagani. Poi ha dichiarato di averli trovati in “discrete condizioni di salute”». La situazione dunque non è affatto chiara e molto tesa. La cosa certa è che i britannici c’entrino qualcosa. Biloslavo infatti sottolinea che «A Lashkar Gah le truppe britanniche hanno la grande base di Camp Bastion. Le immagini girate dall’agenzia Associated press, durante il blitz di sabato che ha portato agli arresti nell’ospedale di Emergency, mostrano con chiarezza dei soldati con uniforme da combattimento, elmetto e arma individuale tipicamente britannici. Fonti di intelligence occidentale garantiscono al Giornale che “Emergency, con la sua propaganda anti-Nato e l’aiuto ai talebani feriti deve aver superato il limite. Gli inglesi hanno appoggiato gli afghani per fare un favore agli americani”. Le truppe Usa sono impegnate in una difficile offensiva nel Sud della provincia. Emergency, chiudendo un occhio sulle nefandezze talebane, che utilizzano la popolazione come scudo umano, pungola di continua la Nato sulle vittime civili». E mentre si attendono sviluppi sono intervenuti il ministro degli esteri Franco Frattini e il fondatore di Emergency Gino Strada. Il ministro è stato duro: «”Prego con tutto il cuore da italiano che quelle accuse non siano vere, perché l’idea che possano esserci degli italiani per i quali anche una parte di quelle accuse siano vere, mi fa rabbrividire. Bisogna accertare la verità. La confessione è da verificare”. Il titolare della Farnesina, poi, ha chiamato al telefono Zalmay Rassoul, la controparte afghana». Strada invece «ha continuato a sparare a zero, come un Che Guevara dell’impegno umanitario. “In Afghanistan è scattata una vera e propria guerra ad un ospedale”, ha dichiarato Strada, Vogliono togliere di mezzo un testimone scomodo». Per poi rincarare la dose: «Preoccupa che forze afghane possano rapire, non arrestare ma rapire, persone nella peggiore tradizione terroristica”. Fra i tanti strali Strada ha detto in serata qualcosa di più sensato sul ritrovamento di armi ed esplosivi, come se avesse letto il Giornale di ieri. Nell’ospedale di Lashkar Gah, in Afghanistan, Emergency ha messo in piedi un sistema di controllo accurato, “ma questo non vuol dire che sia impermeabile. Che qualcuna delle guardie sia stata comprata o forzata da chiunque non lo posso escludere”.
A pagina 11 sempre a firma Fausto Biloslavo un box con un retroscena “Emergency finì in cattiva luce dopo il sequestro Mastrogiacomo”. Infatti «Marco Garatti, il medico di Emergency arrestato dagli afghani “ha le mani sporche dell’omicidio di Ajmal Naqshbandi” l’interprete dell’inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, preso in ostaggio dai talebani nel 2007. La clamorosa accusa è stata lanciata dal governatore di Helmand, Gulab Mangal, ai microfoni di radio Azhadi, vicina agli americani. Garatti era in Afghanistan durante i drammatici giorni della prigionia di Mastrogiacomo, preso in ostaggio dai talebani nella provincia di Helmand. Chi lo conosce e ha vissuto da vicino quel drammatico periodo, però, esclude che dietro il camice di medico si nasconda un complice dei tagliagole che hanno decapitato il povero Adjmal. Il sequestro Mastrogiacomo, con i suoi lati oscuri e l’epilogo finale, ha segnato l’inizio del dente avvelenato degli americani e in seguito degli inglesi nei confronti di Emergency. Nei primi giorni del sequestro le Sas, i corpi speciali britannici, erano pronti a intervenire con un blitz per tentare di liberare gli ostaggi. I velivoli senza piloti avevano individuato i sequestratori del feroce mullah Dadullah in movimento. Da Roma, il governo Prodi disse no preferendo una costosa trattativa. Nella mediazione venne coinvolta Emergency, grazie al responsabile afghano del suo ospedale a Lashkar Gah, Ramatullah Hanefi. Una figura ambigua che conosceva bene Dadullah. I talebani puntavano a uno scambio di prigionieri e per far capire che non scherzavano tagliarono la testa a Sayed Agha, l’autista di Mastrogiacomo. La vittima lasciava la famiglia con tre bambini a Lashkar Gah, dove il suo clan fu il primo a protestare in piazza contro Emergency. L’accusa era la partigianeria del mediatore Hanefi e il triste fatto che la pelle di un afghano vale meno di quella di un occidentale. Dadullah riuscì a strappare al governo di Kabul cinque comandanti di rango, che languivano in galera. Fra questi c’era anche suo fratello».
“Gli italiani hanno confessato”. Il titolo in prima pagina de LA STAMPA riprende la dichiarazione rilasciata da funzionari afgani al “Times”. In più, secondo la Cnn i tre volontari di Emergency sarebbero coinvolti nell’omicidio dell’interprete di Mastrogiacomo. Il quotidiano di Torino apre l’edizione di oggi con tre pagine sul caso Emergency. Oltre alla cronaca dell’accaduto, LA STAMPA intervista Gino Strada e il ministro La Russa, e pubblica i profili dei tre cooperanti arrestati. Assistiti da militari britannici, gli uomini della Direzione nazionale sicurezza afgana hanno portato via Marco Garatti, Matteo Dell’Aira e Matteo Pagani. «In febbraio i responsabili dell’ospedale avevano accusato i militari afgani e stranieri di impedire ai civili di farsi curare», ricostruisce LA STAMPA. E Gino Strada conferma: «Dopo le ultime operazioni di guerra Emergency aveva chiesto l’apertura di un corridoio umanitario per consentire l’evacuazione dei feriti. Il cordone lo hanno fatto davvero. Attorno all’ospedale ci sono i militari. Anche se lo chiamano cordone sanitario stranamente non viene consentito ai feriti di entrare in ospedale». «Noi abbiamo una colpa» afferma Strada. «Una colpa grave agli occhi di qualcuno. In guerra un ospedale è qualcosa di anomalo perché cerca di salvare vite umane invece di distruggerle». Una pagina di primo piano sulle reazioni del governo (Frattini: «Prego che siano innocenti»), con intervista a La Russa: «Se il governo afghano avesse voluto chiudere gli ospedali di Emergency avrebbe potuto trovare altre scuse» dice il ministro. «La storia del complotto non sta in piedi» aggiunge. «Se le autorità italiane avessero fatto un imbroglio contro Emergency ci saremmo arrabbiati, anche se l’orientamento politico di Emergency è noto a tutti. Quanti esponenti di sinistra abbiamo salvato negli scenari di guerra? Ora la cosa più importante è garantire agli italiani il diritto alla difesa. Se venisse accertato che sono colpevoli, non potrebbero essere difesi solo perché italiani. Anzi il danno per l’Italia impegna tata militarmente in Afghanistan sarebbe gravissimo».
E inoltre sui giornali di oggi:
TARIFFE POSTALI
IL SOLE 24 ORE – L’articolo di apertura di pagina 19 a firma Elio Silva fa i conti in tasca alle onlus e sottolinea, uno dopo l’altro, i casi in cui l’aumento delle tariffe postali ha un impatto drammatico sui budget delle associazioni. Ce n’è per tutti: dall’Airc (+7milioni di euro) al Cesvi (+788mila euro), dalla Lega del Filo d’Oro (+2milioni di euro) al Banco Alimentare (+200mila euro). Ma non solo: «Le nostre pubblicazioni non fanno solo raccolta fondi – dice Giangi Milesi, presidente Cesvi – ma sono strumenti di educazione che concorrono a produrre capitale sociale. Migliaia di classi delle elementari, ad esempio, ricevono i nostri kit didattici utili a stimolare la conoscenza del mondo. L’aumento delle tariffe postali non taglia solo le pubblicazioni, ma anche un pezzo di questa ricchezza».
IVA
ITALIA OGGI – Come tutti i lunedì, quello di oggi è un numero dedicato a temi e a notizie che interessano professionisti e imprese. Segnalo però due notizie particolari pubblicate nella sezione INFO.MONDO. La prima riguarda i medicinali salvavita in Perù. In base a quello riportato nel pezzo “Il Perù taglia tasse e prezzi su 143 farmaci”, il governo peruviano ha approvato una serie di decreti che consentiranno di abbattere i prezzi di alcune medicine salvavita. La legge interessa 85 farmaci e forniture per il trattamento del cancro e 27 per l’Hiv. La legge ha tolto l’Iva anche sui dazi doganali di 31 medicamenti salvavita e sulle forniture di medicine utilizzate per il trattamento del diabete. Novità sul fronte fiscale anche nelle Filippine. Per stimolare la produzione di colture agricole esenti da pesticidi e fertilizzanti chimici nocivi, il governo delle Filippine ha abolito completamente l’Iva sui prodotti biologici. Oltre al togliere, la nuova legge prevede anche di dare; sono previsti finanziamenti agevolati per investimenti nello sviluppo di colture di fertilizzanti e sussidi governativi per le spese di certificazione.
ENERGIE RINNOVABILI
IL SOLE 24 ORE – Il business solare ha salvato l’azienda Ferrenia. E’ un caso di riconversione riuscita di una ditta sull’orlo del fallimento che la famiglia genovese Messina ha rilevato e rilanciato nel mercato delle energie rinnovabili: fotovoltaico in primis, ma anche farmaceutico e biomasse. Tutto questo a pagina 11.
GRECIA
LA REPUBBLICA – L’Eurogruppo in aiuto della nazione ellenica mette a disposizione 30 miliardi per l’emergenza. L’Fmi ne mette altri 15. Li useremo se necessario dice il premier Papandreu. La Grecia è in una gravissima crisi e ha concordato con la Commissione Ue un piano di riduzione del deficit pubblico. Il prestito è dunque utile ma è fatto al tasso del 5%: un rendimento molto alto. Tanto che l’economista Fitoussi dice: «più che un intervento di soccorso mi sembra una punizione… 5% più dell’inflazione e dei tassi medi di debito europeo». Nel retroscena si spiega che le condizioni non proprio favorevoli sarebbero state imposte dalla Germania alleata a Austria e Olanda.
SUDAN
LA STAMPA – “Le donne del Sudan al voto: Noi abbiamo già perduto”. Da ieri 16 milioni di sudanesi stanno votando per la prima volta dopo 24 anni per eleggere il nuovo presidente della Repubblica e il Parlamento, ma anche per le amministrazioni locali. LA STAMPA fa un focus sulla condizione delle donne. A pochi giorni dalle elezioni i partiti dell’opposizione hanno deciso di boicottare le elezioni e con il loro sfumano le speranze di una riforma del diritto della famiglia, sulla quale le candidate di questi partiti stavano lavorando. In Sudan le donne non possono sposarsi senza il consenso di un tutore maschio, sono sotto custodia prima del padre poi del marito, non hanno assicurato il diritto all’istruzione. Anche nei seggi elettorali, dice la direttrice della ong sudanese Sord, «le donne sono confinate in una loro lista a parte, si vota su una scheda gli uomini e su un’altra le donne».
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