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Emergency: “Il sisma non ci ferma, continuiamo a lavorare”

L’intervista a Pietro Calogero, logista dell’organizzazione che è presente nell’area orientale dell’Iraq, al confine con l’Iran, colpita dal sisma di domenica notte che ha causato centinaia di morti e migliaia di feriti. Nella zona, Emergency gestisce 5 cliniche nei campi per profughi interni e rifugiati siriani

di Ottavia Spaggiari

“Le persone si sono riversate nelle strade in preda al terrore. L’epicentro del terremoto è stato individuato a circa 30 chilometri dalla citta' di Halabja, è stato avvertito anche nelle aree di Sulaimaniya e Kalar, dove lavora Emergency”, racconta Pietro Calogero, logista dell’organizzazione che è presente nel Kurdistan iracheno con un team di 12 persone e 5 cliniche. “Le nostre ‘guesthouse’ hanno riportato lievi danni così come i campi nei quali EMERGENCY lavora. Viste le strutture di fortuna nelle quali la popolazione vive (principalmente tende), non ci sono stati crolli tali da causare feriti. Durante la notte abbiamo ricevuto molti pazienti in stato di panico. Ci stiamo occupando di effettuare una valutazione negli ospedali della zona, in modo da poter intervenire qualora necessario. Sarà una lunga giornata”.

Com’è la situazione in questo momento?

Fortunatamente nel Kurdistan iracheno, dove operiamo noi, sembra si stia stabilizzando. L’epicentro è stato individuato a circa 30 chilometri dalla città di Halabja, con una magnitudo che, a seconda delle fonti, si va dai 7.2 e ai 7.4, ed è stato avvertito anche nelle aree di Sulaimaniya e Kalar, dove lavoriamo, con una magnitudo inferiore, intorno ai 4 gradi. La zona più critica sembra essere a Darbdikhan, a metà strada tra Kalar e Sulimaniya, dove l’ospedale pubblico è stato danneggiato e i feriti sono stati circa una sessantina. Ad Halabja ci sono stati oltre 170 feriti e 84 pazienti sono stati trasferiti nell’ospedale di Sulaimaniya.

Quali sono le priorità adesso?

Le zone più colpite sono state quelle rurali, dove molte abitazioni, costruite con materiali di fortuna sono crollate, a Koratu, un villaggio in cui Emergency aveva una clinica fino a poco tempo fa è crollato. Le persone sono state ospitate principalmente da amici e parenti. Le priorità sul breve periodo sono l’accesso all’acqua, al cibo, le tende. Aiuti sono già arrivati dalla Turchia, il WHO ha inviato a Sulaymaniyah 4 team di assessment per stimare i danni e capire i bisogni. Dal punto di vista medico la priorità è la cura dei traumi fisici e psicologici su persone già fortemente provate, nel medio termine le infezioni, le complicazioni per le donne incinta, le malattie croniche per la mancanza di farmaci, le psicosi e i danni alle infrastrutture.

Che lavoro state portando avanti con Emergency in questa zona e che impatto credete che avrà il sisma sul vostro impegno?

Emergency è attiva in Iraq dal 1995. Gestiamo il Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale a Sulimaniya, dove abbiamo curato oltre 9mila persone e costruito migliaia di protesi, offrendo ai pazienti la possibilità di reinserirsi nelle loro comunità attraverso corsi di formazione professionale e l’apertura di cooperative artigiane. Abbiamo poi aperto 5 cliniche nei campi per rifugiati siriani e i cosiddetti IDPs, (internally displaced persons), ovvero i profughi interni, 4 nella zona di Arbat e una nel campo di Tazade, nell’area di Kalar. Continuiamo a fare il nostro lavoro: portare assistenza alle persone che vivono qui, cercando, con le nostre cliniche, aiutando e collaborando con il sistema sanitario pubblico.

Foto: Alessandro Rota

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