Non profit

embrioni: congelare o no? l’Italia dei centri si divide

Diversità di applicazione della sentenza della Consulta

di Sara De Carli

Secondo la Corte, il limite massimo dei tre embrioni da produrre è caduto. Ma non tutte le strutture si sono adeguate, perché per alcune la crioconservazione è un problema. E mentre
le coppie protestano,
per il ministero deve decidere solo il medico
La bufera si è abbattuta sul San Raffaele di Milano, ma in realtà sono molti i centri di procreazione medicalmente assistita (pma) che non si sono ancora adeguati alle modifiche della legge 40 stabilite dalla Corte Costituzionale e continuano a lavorare come prima: tre embrioni per ciclo, tutti trasferiti in utero, nessuno crioconservato.
È vero che, come precisa Eleonora Porcu, responsabile del Centro di Sterilità e pma del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna, membro della neonata Commissione sulla crioconservazione degli embrioni voluta dal sottosegretario Eugenia Roccella (mai convocata, per ora), «non c’è scritto da nessuna parte che adesso devono essere creati o trasferiti più di 3 embrioni. Evidentemente a Milano non hanno avuto nessuna coppia che avesse necessità di cambiare». Pure da lei «questa necessità non c’è mai stata». E tuttavia suona strano che in un mese e mezzo il numero standard di tre embrioni sia stato l’ideale per tutte le coppie trattate…
La protesta è esplosa via web. Il portale www.cercounbimbo.net ha avviato un monitoraggio dei centri, invitando a boicottare temporeggiatori e ostruzionisti. Poiché un report ufficiale non esiste, nemmeno al Registro per la pma dell’Iss, affidarsi alle associazioni di pazienti è, per ora, una scelta obbligata.
Una fase transitoria
Cercounbimbo.net elenca i centri di pma che, in base ai racconti dei membri della community, hanno già dato attuazione alla nuova norma e, dall’altro lato, i ritardatari: 34 a 20. C’è chi ha preso tempo dichiarando di aspettare indicazioni regionali o le nuove linee guida annunciate per fine 2009. Addirittura c’è chi, come l’ospedale di Chieti, ha dichiarato di non congelare embrioni «per carenze tecniche». Un’ipotesi che fa rizzare i capelli alla Porcu: «Se un centro non ha l’organizzazione strutturale, strumentale e di know how nella crioconservazione di ovociti ed embrioni, vuol dire che opera fuori legge».
Filomena Gallo, presidente di Amica Cicogna e vicepresidente della neonata Federazione italiana delle associazioni pazienti infertili, che considera le legge 40 restrittiva, parla di una «fase transitoria, con ritardi più diffusi nei centri pubblici, dove vige una certa insicurezza sull’interpretazione della legge». E se sui blog prevale la voglia di guerrilla, la Gallo spiega invece che «non sono i pazienti ad avere le competenze per dire al medico quanti ovociti inseminare e quanti embrioni congelare. I costi di crioconservazione ci sono». Stando al ministero, non c’è spazio per i dubbi. «La legge è chiara, non c’è più un numero predefinito di embrioni, ma è il medico che decide», dice Assuntina Morresi, consulente della Roccella. «Gli embrioni devono essere creati in numero strettamente necessario e i medici stanno dando prova di responsabilità: sbagliava chi pensava al medico come erogatore di servizi a richiesta, di dire voglio 15 ovociti, di cui tot da impiantare e tot da congelare».

Il problema giuridico
Certo, però, la sentenza ha riportato allo scoperto alcuni nodi critici. Problemi giuridici, prima che etici. Innanzitutto c’è da predisporre un nuovo consenso informato, visto che quello vecchio cita i 3 ovociti. Su www.cercounbimbo.net un post del 22 giugno dice: «Ho firmato un consenso che prevede ancora che non più di 3 ovociti vengano inseminati». Quel numero scritto nero su bianco è fuori legge, ma è pur vero che il ministero della Giustizia nuove indicazioni non ne ha date.
E poi c’è la questione della crioconservazione degli embrioni: 3mila ufficialmente abbandonati, altrettanti per cui i genitori non si sono mai espressi, più 800 l’anno congelati in deroga, sotto la legge 40. In Italia ci sono già almeno 20mila embrioni crioconservati per cui urge trovare una soluzione giuridica. Per questo, spiega la Morresi, l’elaborazione delle nuove linee guida sarà un parto lungo e difficile.


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