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Embrioni, chi congela e chi no

Scoppia la polemica: un blog denuncia che al San Raffaele di Milano, per scelta etica, non congelano embrioni. Nonostante una sentenza della Corte Costituzionale abbia tolto il limite massimo di tre embrioni, tutti da impiantare

di Sara De Carli

Il San Raffaele, ufficialmente, ripete quel che ha già detto al Corriere della Sera: non diciamo no al congelamento in assoluto, ma la crioconservazione degli embrioni deve restare un evento eccezionale, privilegiando il congelamento degli ovociti. In realtà, da informazioni giunte a Vita, già da questa mattina, dopo la polemica esplosa sulle pagine del Corriere, i medici stanno dando alle loro pazienti indicazioni diverse: dal velato suggerimento di recarsi presso altri centri, se si desidera avere la possibilità di congelare gli embrioni, ora si dice esplicitamente che anche al San Raffaele si congeleranno embrioni.

Boicottare i temporeggiatori
La protesta contro il San Raffaele riportata oggi dalle pagine milanesi del Corriere della Sera, circolava già da qualche tempo sul web. Il forum di www.cercounbimbo.org segnalava infatti l’idea di “boicottare” i centri che non si stanno adeguando alla modifica della legge 40 attuata da una sentenza della Corte Costituzionale, in vigore dal 14 maggio. La sentenza toglie il limite massimo dei 3 embrioni da realizzare per ogni ciclo, e di conseguenza – pur lasciando il divieto – amplia la possibilità di congelare embrioni. In questo mese e mezzo c’è stata, da parte dei centri, una differenza di comportamento. C’è chi si è immediatamente aduguato e chi ha preso tempo, dichiarando di aspettare indicazioni regionali (giunte per ora solo da Piemonte e Toscana, che hanno chiarito a tutti i centri che «quando la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità di una norma, la stessa cosa cessa di avere efficacia il giorno successivo alla sua pubblicazione») o le nuove linee guida annunciate dal sottosegretario Eugenia Roccella.

Sul sito www.cercounbimbo.org c’è un elenco dei centri di PMA che hanno comunicato la loro piena attuazione della nuova norma e dei temporeggiatori: 34 a 20. I post per ora parlano solo di «due embrioni congelati al Santa Maria (RE)» in data 24 giugno («e non mi hanno chiesto neanche un euro») e di un embrione (25 giugno) congelato all’Humanitas di Milano. Il San Raffaele figura nel secondo gruppo e c’è un post che in data 22 giugno dice: «Sono in cura al San Raffaele di Milano. Ho firmato un consenso che prevede ancora che non più di 3 ovociti vengano inseminati». Che con quel numero scritto nero su bianco sarebbe, se vera, cosa diversa da quel che han detto al Corrierei i vertici dell’Ospedale.

Sono già adeguati, non c’è obbligo nè numero
«Se fosse vero che al San Raffaele rifiutano in assoluto di fecondare più di tre ovociti, sarebbe grave, da denunciare», commenta al telefono Eleonora Porcu, ginecologa e ricercatrice del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, membro della neonata Commissione sulla crioconservazione degli embrioni voluta dalla Roccella (creata ma mai convocata, per ora). «Ma attenzione, perché sulla sentenza della Corte Costituzionale c’è un equivoco di fondo grosso: non c’è scritto da nessuna parte che adesso devono essere creati o traferiti più di 3 embrioni, ma solo che se c’è necessità di farlo non sei più fuori legge. È il medico in scienza e coscienza che decide cosa è meglio per ogni determinata donna. Evidentemente a Milano non hanno avuto nessuna coppia che avesse reali necessità di cambiare. Poi se qualche intepretazione azzardata ritiene che il cambiamento legato alla sentenza fosse il via libera a congelare dieci embrioni per ogni ciclo, credo che questo non sia aderente allo spirito della consulta, che mantiene la proibizione del congelemanto di embrioni».
Un po’ come è andata anche a da lei, pare: «Io mi attengo alla legge 40, con le modificazioni imposte dalla sentenza: coppia per coppia vedo quel che c’è bisogno». In questo mese avete mai riscontrato il bisogno di fecondare più di tre ovuli? «No, mi sembra che non c’è mai stata questa necessità. D’altronde nel nostro centro nel 2008 siamo arrivati ad avere il 50% di gravidanza per donne fino a 35 anni, quindi in età favorevole, e una media complessiva del 33%, sopra gli ultimi risultati del registro europeo che parlano di una media del 31%. Secondo lei con questi risultati abbiamo bisogno di cambiare tante cose?».

Quelli che “non abbiamo l’azoto”
Altro punto, la strumentazione tecnica. L’ospedale di Chieti, sempre stando all’elenco di www.cercounbimbo.org, dichiara di non congelare embrioni per carenze tecniche. La stessa motivazione è stata citata a Vita dalla dottoressa Paola Zanoia, che all’Istituto Superiore di Sanità lavora al registro della PMA. «C’è grande confusione – ci ha detto qualche giorno fa – alcuni centri anche volendo non hanno la strumentazione per conservare embrioni». Banalmente, pare, alcuni centri vorrebbero conservare embrioni ma non hanno i bidoni di azoto. Possibile?, chiediamo alla dottoressa Porcu. «No, sono meravigliata. La crioconservazione è sempre stata prevista, un centro non dovrebbe esistere senza poter crioconservare: a parte il congelamento degli ovociti, che il 50% dei centri non ha mai fatto, la possibilità in via eccezionale di congelare embrioni è sempre esisita anche con la legge 40. Quindi non esiste per legge la possibilità che un centro operi senza avere una perfetta organizzazione strutturale, strumentale e di knw how nella crioconservazione, sia di ovociti sia embrioni. Non può venir fuori un problema del genere, perché se un centro dice questo, vuol dife che operava e opera fuori legge». Su questo punto, almeno, è tutto chiaro: non ci sono scuse.

La replica
Nel pomeriggio è arrivata la precisazione del San Raffaele (leggi il comunicato integrale): «Il San Raffaele ha accolto integralmente le modifiche alla legge 40/2004 secondo la sentenza n. 151 della Corte Costituzionale», che dà al medico «la facoltà di scegliere, sulla base delle condizioni cliniche della coppia e dell’età, il numero di ovociti» e che la crioconservazione di embrioni «viene effettuata in caso di grave e documentato rischio per la salute della donna o per ridurre il rischio di gravidanze multiple (situazione pericolosa per la donna)».


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