Mondo

Eluana, viaggio verso la “Quiete”

La donna in stato vegetativo ora è a Udine, giorni decisivi per la sua vita

di Franco Bomprezzi

Oggi la rassegna stampa si occupa anche di:

Eluana ora è a Udine. La svolta nella notte. Ma le decisioni ultime sulla sua sorte non sono ancora state prese. La donna è affidata a una equipe medica di volontari nella struttura residenziale “La quiete”. I giornali di oggi, nonostante la notizia sia arrivata in tarda serata, dedicano ampio spazio all’argomento.

Nella notte un’ambulanza ha trasferito Eluana Englaro, la donna in coma da 17 anni, dalla clinica di Lecco dove era ricoverata alla struttura residenziale La Quiete di Udine. Alcuni esponenti di associazioni per la vita hanno tentato di impedire la partenza del mezzo e sono stati allontanati dalla polizia. Il CORRIERE DELLA SERA titola in prima pagina “Eluana portata a Udine. Partenza fra le proteste”. Due le pagine interne, la 8 e la 9. Tre pezzi a firma di Grazia Maria Mottola. Il primo di cronaca, in cui fin dalla titolazione si dà ampio spazio alla reazione delle suore che l’hanno accudita per anni: «Senza le nostre mani si sentirà abbandonata, senza il nostro amore si lascerà andare». Il secondo servizio “Pane, acqua, rosari: veglie e proteste” mette la lente sulla mobilitazione dei cattolici. Il vescovo di Udine Pietro Brollo: «Accogliamo Eluana per farla vivere. Mi rivolgo alla coscienza di tutti, perché chi ha chiaro di essere al cospetto di una persona vivente non esiti a volerne la tutela, mentre quanti dubitano ancora abbiano la prudenza di astenersi da qualsiasi decisione irreparabile». In prima fila anche Maria Grazia Colombo, presidente dell’associazione nazionale dei genitori scuole cattoliche, Antonella Vian del Movimento aiuto alla vita e l’assessore alla famiglia della regione Lombardia Giulio Boscagli, cognato del governatore Formigoni: «la portano via come un ladro nella notte. Portano via questa ragazza disabile, la portano a morire». Il controcanto è affidato all’ultimo servizio in cui parla Beppino Englaro: “Papà Beppino e 17 anni di attesa: forse questa volta ce la facciamo”. Nella pagine milanesi il CORRIERE sul tema propone un editoriale a firma dell’oncologo Gianni Bonadonna, che si chiude così: «Vivo da 13 anni con un ictus e con un dolore che resiste a ogni terapia…Io non sono un credente…Adesso mi capita spesso di pensare a Dio. Sento che prima o poi dovrò fare i conti con lui…Ho ricevuto premi, onorificenze, laureee ad honorem per le mie ricerche sui tumori. Ma forse potevo fare di più. Per Eluana molto è stato fatto, purtroppo inutilmente. Oggi penso che sia arrivato il momento di affidarsi a Dio e di lasciarla andare via con amore e dolcezza, con una carezza e un po’ di umanità».

“L’ultimo viaggio di Eluana” è il titolo di apertura di LA REPUBBLICA. Accanto alla cronaca di Piero Colaprico (che fa un cenno alle reazioni di protesta da parte del Movimento per la vita), Orazio La Rocca intervista il cardinale Javier Lozano Barragan, ministro della salute del Vaticano: “L’anatema del cardinale Barragan «Fermate quella mano assassina»”. «Con tutto il rispetto per le sentenze, la posizione della Chiesa in difesa della vita è sempre la stessa. E non può certamente cambiare in seguito ad un pronunciamento dei giudici. Non solo nei confronti di Eluana Englaro, ma in ogni caso in cui si tratta di salvaguardare quel bene inestimabile di Dio che è la vita, dal primo concepimento fino alla conclusione naturale»; «con dolore vedo che stiamo andando sempre più verso una cultura di morte». Diverso naturalmente il parere di Renzo Tondo, governatore del Friuli: “C’è una sentenza nessuno si intrometta” è il titolo del pezzo di Oriana Liso che riferisce le posizioni del politico. «So che per Beppino  Englaro e per tutta la sua famiglia questo sarà un momento difficile, durissimo. Non ho mai fatto mistero della mia opinione, per questo gli sono umanamente vicino in questa scelta che, va ricordato, è stata avallata da tutti i possibili gradi della magistratura e che non sarò io a giudicare». Su questa vicenda, aggiunge Tondo, «la politica avrebbe dovuto usare altri toni».

Aldo Schiavone, in un editoriale che dalla prima va a pagina 24, “Un codice di vita e di morte”, torna sulla necessità di una legge, che parta dal principio della indisponibilità della vita: «è un bene totalmente indisponibile, da parte dello Stato, della società, dello stesso soggetto che la vive»; la tecnica sta creando spazi intermedi fra vita e morte, in particolare la morte è allontanata attraverso il ricorso a impianti esterni: «in questi casi non è più in questione il valore assoluto della vita e la sua totale indisponibilità», rientra in gioco la volontà del soggetto, con una legge che imponga dei limiti ai modi con cui tale volontà possa manifestarsi.

IL GIORNALE dedica la foto di copertina al caso Englaro e titola “Per Eluana è cominciato il viaggio verso la morte”. Il neurologo Carlo Alberto Defanti spiega cosa accadrà nelle prossime ore alla clinica “La quiete di Udine”: «Il protocollo è lo stesso messo a punto un mese fa quando Eluana avrebbe dovuto essere accolta nella clinica Città di Udine. Il sondino non verrà staccato e per i primi tre giorni si continuerà a nutrirla artificialmente. Dopodichè senza staccare il sondino verrà sospesa l’alimentazione. Il GIORNALE annuncia la costituzione di un’associazione da parte dell’equipe di medici e infermieri che darà corso all’interruzione. Lo scopo è quello di «regolare meglio i rapporti giuridici con la struttura che ospiterà Eluana». Il trasferimento c’è stato ma IL GIORNALE ricorda: «Almeno sino all’altro ieri i responsabili della clinica “La quiete” continuavano ad avere un atteggiamento assai prudente e dicevano di non aver ancora dato il via libera all’attuazione della sentenza di sospensione del trattamento di alimentazione-idratazione artificiale». 

La notizia del trasferimento della Englaro domina la prima pagina di AVVENIRE col titolo “«Mi porto via Eluana». Mossa choc del padre” e l’editoriale di Francesco Ognibene: “A Udine per vivere. In Italia non esiste la pena di morte”. All’argomento sono dedicate tre pagine: nella prima (pag 3) si racconta la quotidianità di Eluana, dal risveglio al mattino alla fisioterapia, dalla passeggiata nel pomeriggio al riposo della sera; la seconda (pag. 4) è dedicata alla ripresa del discorso del Papa in occasione della 31esima Giornata nazionale per la vita: L’eutanasia è «una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo». Il primo piano di pag. 5 invece è dedicato al «blitz di papà Beppino». Le reazioni fra i parlamentari centristi sono ben espresse dall’interrogazione di Luisa Santolini (Udc) al ministro della Gustizia Alfano: come mai non vengono presi in considerazione i nuovi documenti e le testimonianze di persone vicine a Eluana emersi nei giorni scorsi? «È fondamentale che non si decida sulla vita di Eluana senza dissipare ogni dubbio e raccogliere ogni testimonianza», concorda la Roccella. 

A pagina 5 de IL MANIFESTO in un trafiletto si dà notizia della richiesta di papà Englaro per il trasferimento della figlia. «Ha chiesto di mantenere il segreto sul trasferimento. Niente da fare, in poche ore la notizia si è diffusa, col rischio che qualcosa faccia saltare la decisione della famiglia e le numerose sentenze dei tribunali. La paziente abbandonerà presto, non si sa se nella notte o domani, la clinica delle suore Misericordine di Lecco per trasferirsi alla Quiete a Udine, dove le pratiche dell’ingresso sono ormai “a posto”….». 

“Eluana in viaggio verso la morte” titola oggi LA STAMPA, che riporta la cronaca della serata di ieri, con l’arrivo dell’ambulanza de «La quiete» di Udine, il centro assistenziale che ha accettato di ospitare Eluana Englaro.  Per evitare possibili denunce di eutanasia è stato depositato alla Questura di Udine un protocollo in cui vengono descritte, attimo per attimo, le pratiche che sfoceranno nella morte della paziente: 24 ore su 24 sarà seguita dall’equipe di 15 volontari, tra medici e infermieri, guidata da Amato De Monte, il primario di rianimazione che si era offerto di ospitare Eluana a la «Casa di cure di Udine» e che, dopo le polemiche, aveva rifiutato il ricovero. I 15 sanitari si sono costituiti nell’«Associazione per Eluana Englaro»: una scelta che ha permesso di superare gli ostacoli burocratici dell’accoglimento a “La Quiete”. LA STAMPA dedica uno spazio accanto alla cronaca al “fronte del no”, riportando le reazioni della teodem Paola Binetti, dell’arcivescovo Rino Fisichella e del sottosegretario Eugenia Roccella. «Un fatto gravissimo, un’aberrazione» dice la Binetti, «i magistrati e il padre la lasciano morire di fame e di sete», un «peso enorme» soprattutto per “noi che lavoriamo a una legge sul testamento biologico». Mons. Fisichella: «profonda ingiustizia che reca danno e morte a una vita innocente». Roccella: «per la prima volta nella storia repubblicana viene fatta morire per sentenza una persona non in stato terminale».

E inoltre sui giornali di oggi:

NETTUNO E RAZZISMO

LA REPUBBLICA – “Mio figlio pagherà ma non è un mostro”. Parla la madre del minorenne che ha partecipato al raid incendiario contro l’indiano. «Non siamo razzisti. Io ho sposato un tunisino. Samuele, che ho avuto dal precedente compagno, non ha fatto quel gesto perché ce l’aveva con un extracomunitario»; la colpa è degli altri, che lo trascinano: «Nonostante io non dia la colpa a lui, credo comunque che a questo punto meriti una punizione», concede, «io però non lo lascio a se stesso, non lo posso certo abbandonare. È così giovane che credo che da questa storia possa imparare qualcosa e sono certa che tutto si aggiusterà». Di contro Anna Maria Liguori, inviata a Nettuno, in “Quegli sms dopo l’aggressione «Gli abbiamo fatto la festa»” (hanno mandato messaggini agli amici per vantarsi) riferisce che il patrigno tunisino spesso punisce Samuele severamente: “il ragazzo è talmente esuberante e intemperante”.

IL GIORNALE – Un passo indietro nella cronaca: “Ma chi brucia un barbone esce di cella dopo due mesi. A Rimini in novembre un episodio identico a quello di Nettuno: i colpevoli sono già fuori”. A pagina 3 la storia dei tre attentatori e del loro programma alternativo al carcere: Enrico Giovanardi lavorerà per la Caritas di Rimini, Fabio Volanti per la comunità Papa Giovanni XXIII, Matteo Pagliarani, al pronto soccorso S. Aquilina. Gianni Alemanno, sindaco di Roma, invoca leggi più dure. Tra le risposte: «Sulla certezza della pena ci giochiamo la credibilità» «L’uso della droga è considerato dai magistrati un’attenuante», «Immigrato uguale delinquente: un’idea errata», «Ho sempre detto che se c’è disciplina c’è integrazione».

AVVENIRE – due pagine sono dedicate agli strascichi della vicenda di Nettuno, alla paura della comunità indiana locale di fronte a quello che è stato «un vero e proprio atto di linciaggio». Pag. 8 riporta la condanna netta di Napolitano e l’unanime sdegno del mondo politico. Intervista allo psicoterapeuta Claudio Risé, secondo il quale ciò che è successo la dice lunga sulla realtà «disastrosa dei nostri ragazzi». Ma le responsabilità non sono tanto delle famiglie quanto delle autorità pubbliche, che non tutelano abbastanza gli adolescenti dall’uso delle droghe, e in particolare dalla cannabis, che combinata con alcol è devastante. «Tutte le statistiche provano da anni che la cannabis è la droga più frequentemente associata ad atti di violenza». 

IL MANIFESTO – “Terra di Nettuno” è il titolo che sfonda la fotografia della stazione della cittadina laziale dove i tre ragazzini annoiati hanno dato fuoco all’immigrato indiano. In prima pagina anche l’editoriale di Alessandro Portelli “I cattivi maestri” che ironicamente inizia così: «Per fortuna, neanche stavolta c’entra il razzismo. Un poliziotto ammazza a fucilate il vicino senegalese a Civitavecchia: è una banale lite di condominio. Tre ragazzi bruciano un senza casa indiano a Nettuno: è una ragazzata, magari quasi omicida, ma si sa, i ragazzi si annoiano e tutti siamo in carca di emozioni» e prosegue, «Coltellate, fucilate, violenze sessuali fanno tutte parte di un’unica grammatica dell’annientamento e dell’umiliazione dell’altro (…). E questo senso comune è condiviso tanto dai cinque romeni stupratori di Guidonia o dai tre marocchini che avrebbero violentato una donna (romena) a Vittoria in Sicilia, quanto dall’italiano stupratore di una cilena, dai ragazzetti di Campo de’ Fiori accoltellatori di un americano, dal bravo ragazzo violentatore di Capodanno a Roma…. La sola differenza – e qui il razzismo c’entra espressamente – è la strategia di depistaggio messa in modo da politici e media». Nelle pagine interne sotto il titolo “La banalità del razzismo” si dà conto del clima che si respira a Nettuno, del sit-in antirazzista e delle indagini e delle reazioni delle associazioni che si occupano di immigrati alle parole di Maroni «Cattivo con i clandestini» e che sull’episodio di Nettuno afferma che rappresenta «una violenza inaudita e gratuita, provocata dall’abuso di alcol e droga, che sembra escludere la matrice razzista». L’associazione Migrare osserva che «Non è la prima volta che giovani di buona famiglia bruciano vivo un barbone immigrato. La comunità somala in Italia ricorda quando, negli anni ’90, Alì Giama venne bruciato all’Arco della Pace e ancora attende di leggere sulle cronache la notizia della condanna esemplare degli autori che fu promessa». Sant’Egidio osserva che «la xenofobia scatta anche per una campagna in tema di sicurezza volta a individuare gli immigrati come capri espiatori» e infine, il portavoce del Forum del Terzo settore Andrea Olivero sostiene «il gravissimo episodio di Nettuno lascia ancor più sgomenti per la totale assenza di motivazioni. La noia, come l’assunzione di droga o alcol, è un’intollerabile e inaccettabile motivazione che peraltro non spiega questo astio nei confronti degli ultimi, chiunque essi siano».

CLANDESTINI

IL GIORNALE – Pagina 4 dedicata alla dichiarazione di Roberto Maroni «Con i clandestini serve più cattiveria» e alla pubblicazione di due fondi a firma il primo di Filippo Facci “Il garantismo è tutela anche verso i violenti” e il secondo di Michele Brambilla “Ma il garantismo è per le povere vittime”.

INGLESI CONTRO ITALIANI

IL SOLE 24 ORE – Una pagina intera alla vicenda dei picchetti davanti alla raffineria Total di Lindsey, arrivati al quinto giorno nonostante la neve. Si sottolinea però che gli italiani sono solo la miccia che ha fatto esplodere un conflitto più vasto che tiene dentro tutte le questioni della globalizzazione, tanto è vero che alla protesta dei primi lavoratori si sono aggiunte quelle di altri stabilimenti, e ora in GB gli scioperi interessano due centrali nucleare e tre impianti petroliferi. Intanto i lavoratori italiani si dicono «tranquilli» e come unica precauzione evitano di uscire la sera. A contorno, un divertente pezzo che spiega come in Italia gli inglesi lavorano eccome (e nessuno se ne lamenta) al rigassificatore di Porto Viro (Rovigo) sempre della Irem: sono 150 e con loro la convivenza è «serena». In taglio basso, la “rinascita” di Arthur “King” Scargill, il sindacalista che negli anni 80 fece tremare la Thatcher guidando gli scioperi dei minatori, e che adesso è tornato in auge con la questione protezionismo, che lui ovviamente difende. 

IL GIORNALE – Alle pagine 12 13 oltre alla cronaca anche il quotidiano diretto da Giordano pubblica la notizia che a Porto Viro, Rovigo, la Irem ha assunto operai inglesi e non c’è stata nessuna protesta da parte degli italiani, «c’è perfetta convivenza» dicono i direttori dello stabilimento. Il pezzo scritto da Carlo Lottieri titola “Governi protezionisti con le banche, liberisti con gli operai”. Interessante il florilegio di posizioni all’interno della Lega, da sempre contro quella che definisce come la globalizzazione selvaggia. “I sindaci leghisti stanno con Maroni” (protesta inaccettabile) a partire da Zaia, oggi ministro e prima vicepresidente del Veneto che aveva proposto tre liste di collocamento in base alle origini, veneti, oriundi,stranieri, da cui scegliere lavoratori: a quella degli stranieri si poteva accedere solo se le prime erano esaurite. 

AVVENIRE – La diplomazia è al lavoro per risolvere la questione. Secondo il ministro Sacconi è a rischio il patto Ue che prevede la libera circolazione dei lavoratori. Gordon Brown promette tutela agli italiani. Claudio Scarano, responsabile costruzioni del gruppo Irem, cerca di distendere i toni: «la questione non è l’Italia, né la Sicilia. Il problema è tutto inglese. Ci siamo trovati in mezzo a una situazione di crisi generale più grande di noi, particolarmente delicata in Gran Bretagna dove stanno venendo fuori fragilità occupazionali».

IL MANIFESTO – “Gli inglesi non cedono” è il titolo alle pagine 2 –3 per le proteste dei sindacati inglesi che continuano sotto la neve e si estendono fino alle centrali nucleari. Sulla situazione un articolo dedicato alle reazioni in Italia è intitolato “Governo confuso E la Lega nord soffia sul fuoco” «Oggi tutti gridano allo scandalo. Ma fino a non molto tempo fa, fra coloro che prospettavano una riduzione del numero di ingressi consentiti agli immigrati in alcuni settori c’era anche il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi,  ieri nelle vesti di strenuo difensore dell’Unione europea (…)» si osserva anche che la disunione dei sindacati europei nonostante l’appello di Bonanni che ha chiesto un intervento della Ces (la confederazione dei sindacati europei) «Insomma, di un coordinamento sia pur minimo tra sindacati europei non c’è traccia. Di un’Europa che non sia un’unione monetaria, neppure». Sul problema viene intervistato Gianni Rinaldini, segretario della Fiom, che osserva: «È un colpo pesante, è la materializzazione di come un conflitto sul lavoro si possa trasformare in uno scontro tra lavoratori».

LA STAMPA – “Sacconi alla lega: le frontiere restano aperte”. Ieri il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha difeso l’Europa del trattato di Schengen che il presidente dei deputati della Lega Nord Roberto Cota, intervistato da LA STAMPA, aveva proposto di sospendere per difendere i lavoratori indigeni. Cota è arrivato a solidarizzare con gli operai britannici che vogliono “cacciare” quelli italiani (“Vedrete in Veneto succederà lo stesso”). Oggi due pagine di Primo piano su “la guerra tra poveri” scoppiata in Gran Bretagna ma che serpeggia anche a Treviso («troppi stranieri, si accontentano di troppo poco» è la sintesi per bocca di un operaio veneto nel reportage dell’inviato Fabio Poletti). E un editoriale in prima pagina sull’Europa dal titolo “I confini ridisegnati dalla paura”: «L’Europa è finita oltre lo specchio, si guarda e fatica a riconoscersi» scrive Marco Zatterin. «Le previsioni economiche fanno del vecchio continente un paradiso momentaneamente perduto e capovolto in cui a crescere è rimasta una parte di quelli che un a volta erano detti i “poveri” mentre i “ricchi” pagano alla recessione un pesante tributo di posti di lavoro».

CRISI

IL SOLE 24 ORE – Interessante pezzo in prima pagina di Gianni Dragoni sulla questione «bonus ai manager in tempi di crisi». Giustamente ci si chiede: negli Usa ci sono polemiche a non finire, ma in Italia? I bonus sono tutti confermati? E perché nessuno solleva la questione? Alla vigilia della stagione dei bilanci, «solo un gruppo, Unicredit, ha annunciato l’azzeramento dei bonus per i vertici». Eppure nel resto del mondo occidentale la cosa è ai primi posti delle agende: si sa tutto dell’irritazione di Obama, ma in Francia Sarkozy ha affrontato di petto i banchieri, chiedendo loro di rinunciare ai bonus (Bnp Paribas e altre hanno detto sì); in Germania la Merkel ha fissato un tetto ai bonus di 500mila euro; mentre in Italia e Spagna il dibattito pubblico sul tema è a zero, il che fa pensare che nulla davvero cambierà.

CORRIERE DELLA SERA – «Mentre in Europa si fa strada l’idea di creare una bad bank contenitore dei titoli tossici e garantita dallo Stato, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti precisa di condividere la proposta “solo se non ricade sui contribuenti”». E precisa: «la cosa migliore è quella di staccare la spina e sospendere questi titoli fino  50 anni». Via Solferino ne parla a pag 27 in Economia.

ITALIA OGGI – Gennaio nero per l’industria dell’ auto. Il mercato Italiano si è congelato in gennaio quando le immatricolazioni sono scese del 32,6% rispetto allo stesso mese del 2008. Poiché un risultato così negativo non si vedeva da 25 anni, il governo cercherà di accelerare i tempi del suo intervento che potrebbe arrivare in occasione del consiglio dei ministri di questa settimana sotto forma di un emendamento al decreto legge mille proroghe, la soluzione tecnicamente più veloce per rispondere ai problemi ormai giganteschi dell’ industria automobilistica italiana europea e mondiale. E cosa proporrebbe il Governo? Secondo Italia Oggi, dai 300 milioni che Tremonti aveva inizialmente pensato di stanziare, è probabile che la somma salirà a 1,5 miliardi di euro. Sarà un importo lordo che terrà conto non soltanto delle risorse versate dallo stato per gli incentivi alla rottamazione di vetture eurozero a eurodue  e per la nuova rinuncia triennale agli incassi del bollo auto per chi sostituisce vetture eurozero, eurodue con automobili euro 4 o euro5, ma anche dell’imposta a carico dei proprietari di veicoli particolarmente inquinanti, che emettono più di 170 grammi di Co2 per chilometro. Il meccanismo, funzionerebbe come una sorta di bonus-malus assicurativo, con un incentivo statale fino a un massimo di 1.500 euro crescente al decrescere delle emissioni inquinanti. Accanto a questa  ipotesi di intervento indiretto, ci sarà anche un aiuto diretto dello Stato, che sostituirà parte del parco di veicoli pubblici, quelli più inquinanti, con nuovi mezzi tecnologicamente  più avanzati.

CRISI IN RUSSIA

IL MANIFESTO – Si osserva come la crisi stia marciando in Russia al ritmo di 100 mila disoccupati in più in una settimana, mentre cresce la protesta nelle province che si sentono abbandonate a se stesse. «E il peggio deve chiaramente ancora venire. Infatti, se le dimostrazioni di protesta più importanti sono state ancora organizzate da “addetti ai lavori”, cioè principalmente il Partito comunista (Kprf) e dalle varie forze di opposizione, si sono incominciati anche a vedere meeting e cortei “spontanei” di gente non politicizzata, anche nei centri. Dove in effetti si stanno accumulando le tensioni maggiori».

SRI LANKA

CORRIERE DELLA SERA – Il focus di oggi titolato “Sri Lanka – la guerra dimenticata” dà conto dell’offensiva governativa contro le ultime roccaforti controllate dalla tigri tamil. La Croce rossa parla di 250mila civili bloccati che rischiano la morte. La testimonianza è affidata al cooperante Giovanni Porta, l’ultimo occidentale che ha lasciato la zona di guerra: «Ho percorso quasi tutti i territori controllati dai ribelli. Ho visto nascere l’offensiva dei governativi. E sono finito, mio malgrado, stritolato dalla macchina propagandistica che ha dipinto come un terrorista, un mercenario al soldo dei separatisti».


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