Non profit

Eluana, un anno dopo

Dal 9 febbraio 2009 nessuno "stato vegetativo" ha chiesto di sospendere l'alimentazione

di Sara De Carli

Il 9 febbraio 2009 alla clinica La Quiete di Udine, dopo 17 anni in stato vegetativo, moriva Eluana Englaro. Il Pd ha organizzato per domani sera alle 19 una “veglia laica per Eluana“, che sarà riproposta ogni anno, fino all’approvazione di una legge sul testamento biologico. Sabato a Udine i protagonisti della vicenda, dal padre Beppino Englaro all’anestesista Amato De Monte hanno creato l’associazione ”Per Eluana” (www.pereluana.it), salvaguardare il diritto individuale a una scelta libera e consapevole dei trattamenti sanitari, specie quelli di fine vita. Il sottosegretario Eugenia Roccella ha parlato di «soddisfazione perche’ si e’ acceso un riflettore sugli stati vegetativi e molte cose si sono chiarite. Anche se resta il dolore per non aver potuto salvare la sua vita» e ha annunciato che la legge che impedirà altri casi Englaro arriverà entro l’estate.

Un anno dopo, la dottoressa Matilde Leonardi, neurologa, invece racconta così l’Italia che ha a che fare giorno per giorno con un familiare in stato vegetativo: «C’è un Italia molto più ricca e meno spaventata dalla sofferenza di quel che sembrava un anno fa. Un’Italia che suo malgrado lotta e che ha bisogno di essere sostenuta, prima che si stanchi. Un’Italia in cui ci sono storie di abbandono e solitudine, ma anche tanti “eroi per caso”, che andrebbero molto più raccontati».

La mappatura

La Leonardi è responsabile del progetto nazionale CCM “Funzionamento e disabilità negli Stati Vegetativi e negli Stati di Minima Coscienza”, partito proprio nel febbraio 2009. Non è un censimento epidemiologico di tutte le persone in stato vegetativo presenti in Italia («quella è una delle raccomandazioni che la commissione istituita dalla Roccella l’anno scorso ha consegnato al governo», dice la Leonardi, che della commissione era membro), eppure è il più grande studio internazionale mai realizzato sugli stati vegetativi. I dati saranno resi noti a giugno, ma ad oggi l’equipe della dottoressa Leonardi sta lavorando sulle storie di vita di 500 pazienti di tutta Italia (mancano all’appello solo Molise, Basilicata e Valle d’Aosta), 450 care giver, 700 operatori, in collaborazione con 75 centri e 35 tra associazioni e federazioni di pazienti e familiari. Di tutti questi, lo studio sta mappando percorsi, presa in carico, profilo funzionale.

Eroi per caso

«L’adesione alla ricerca è volontaria, può darsi che ci sia stata una autoselezione degli aderenti, ma nessuno ha chiesto la sospensione di alimentazione e idratazione», dice la Leonardi, «la richiesta unanime è quella di avere più servizi e più assistenza».

In questo anno, la Leonardi dice ci aver visto «molte ingiustizie», ma anche molti «eroi per caso»: per esempio quella mamma che da 21 anni fa 300 km al giorno in treno, 150 all’andata e 150 al ritorno, per passare un po’ di tempo accanto a suo figlio, che sta lì e non le risponde. Ma anche molta capacità di reagire, organizzarsi, cercare una soluzione. Come accade a Roma, a Casa Iride, un normale appartamento in cui alcuni genitori – riuniti nell’associazione Risveglio e in partnership con la cooperativa Comete-medici del territorio – hanno riunito a vivere i propri figli in stato vegetativo, ottenendo una convenzione con l’Asl cittadina. Alcuni di loro sono gravissimi, «casi su cui in altri paesi ci si interroga se valga la pena». Qui l’ambiente è molto stimolante, molto diverso da un istituto, e la casa diventa punto di aggregazione per le famiglie.

Tecnica, strumenti e diagnosi errate

Tra i compiti della Commissione ministeriale c’era anche il fare un punto sulle più moderne tecniche di indagine e diagnosi sullo stato vegetativo. Da questo punto di vista, l’anno appena trascorso ha portato grandi novità. È di pochi giorni fa la notizia di una particolare risonanza magnetica che ha rilevato attività di pensiero anche in pazienti in stato vegetativo, e di qualche mese fa la vicenda di Ron Houben, che dopo 23 anni di stato vegetativo ha ripreso a comunicare, dicendo che sentiva tutto.

Il sottosegretario Eugenia Roccella ha più volte parlato della possibilità che il 40% delle attuali diagnosi di stato vegetativo siano in realtà diagnosi sbagliate. «È un dato della letteratura scientifica internazionale», conferma la Leonardi, «non anticipo nulla ma è un dato che anche la nostra ricerca andrà a confermare. Qui al Besta siamo particolarmente attenti egli sviluppi in ambito scientifico, oggi la scienza ha svelato un funzionamento nel cervello, quel che manca è capire se vi corrisponde una funzione visibile, il significato prognostico. Quel che è certo è che oggi più di ieri possiamo dire che non sappiamo affatto se il fatto di non vedere manifestazioni di dolore implichi che le persone in stato vegetativo non provino dolore. Oggi il principio di precauzione si impone doppiamente».


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