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ELUANA. Sacconi: in strutture pubbliche non si può staccare sondino
Firmato oggi un atto di indirizzo rivolto alle regioni
L’interruzione della idratazione e della alimentazione per le persone che si trovano in stato vegetativo persistente è “contra lege”, se eseguita all’interno delle strutture del Servizio sanitario nazionale (Ssn), sia quelle pubbliche che quelle private convenzionate o accreditate. Dunque, nel caso di Eluana Englaro, qualsiasi struttura si offrisse per interrompere idratazione e nutrizione che mantengono in vita la donna da quasi 17 anni, violerebbe la legge.
È questo l’effetto dell’atto di indirizzo presentato questo pomeriggio al ministero del Welfare dal titolare Maurizio Sacconi e dai sottosegretari Eugenia Roccella e Francesca Martini. Un atto di indirizzo che, al di la delle vicenda di Eluana, fa riferimento a tutti i casi in stato vegetativo. L’atto, indirizzato alle Regioni, è stato firmato oggi stesso ed è «doveroso affinché tutto il Ssn – spiega Sacconi – si uniformi e garantisca a qualunque cittadino il diritto alla nutrizione e all’idratazione». I riferimenti alla base di questo documento sono il parere del Comitato nazionale per la bioetica del 30 settembre 2005, la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità approvata il 13 dicembre 2006, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007 e attualmente in corso di ratifica. E ovviamente l’articolo 32 della Costituzione italiana.
L’unica possibilità per interrompere l’idratazione e l’alimentazione è che questi atti siano «rifiutati dallo stesso paziente in stato vegetativo. Cioè nel caso in cui l’organismo del malato rigetti queste misure. In ogni caso – continua Sacconi – la valutazione clinica resta affidata al medico». L’atto di indirizzo firmato oggi da Sacconi ricorda che «ciò che va garantito ai malati in stato vegetativo persistente è il sostentamento ordinario di base: la nutrizione e l’idratazione. Sia che siano fornite per vie naturali che per vie non naturali o artificiali. Infatti, la nutrizione e l’idratazione vanno considerati atti dovuti eticamente in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere». Questa regola recepisce in toto il parere del Cnb. Come pure la frase in cui si considera che «la sospensione di tali pratiche va valutata non come doverosa interruzione di accanimento terapeutico, ma piuttosto come una forma dal punto di vista umano e simbolico particolarmente crudele di abbandono del malato».
Da queste frasi ne discende che, sempre in base all’atto del ministero del Welfare, la negazione della nutrizione e dell’alimentazione «può configurarsi come una discriminazione fondata su valutazioni della qualità della vita di una persona con grave disabilità e totalmente dipendente». Per Sacconi le ragioni alla base di questo provvedimento sono «il dovere di uniformare gli atti all’interno delle strutture che operano per il Ssn, che devono essere omogenei in tutta Italia. In più, l’atto di indirizzo è uniformato – assicura – a criteri di laicità a cui non sono estranei i valori della centralità della persona». A sottolineare l’importanza di questo provvedimento il sottosegretario Francesca Martini, che spiega chiaramente come venga rispettato «l’articolo 32 della Costituzione». A chi le fa notare lo stretto legame con la vicenda di Eluana Englaro, Martini replica: «In quel caso c’è una sentenza della magistratura che entra in un ambito di relazioni familiari. A noi spetta rispettare il mandato del servizio pubblico».
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