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Elogio dell’uomo appassionato

L'Occidente oggi non ha più passione. L'editoriale di Giuseppe Frangi

di Giuseppe Frangi

Per una volta dobbiamo dare ragione a Oriana Fallaci. Sul Corriere, infatti, ha scritto alla fine di uno dei suoi consueti lenzuoli, cosparsi di tanto veleno, un?idea sacrosanta: l?Occidente oggi non ha più passione. Soprassediamo su quale tipo di passione auspichi Oriana, una passione bellicosa, un po? da neo crociati con gli occhi avvelenati dall?odio anti islamico. Questi risvolti, un po? limacciosi e un po? folkloristici, non bastano ad archiviare la questione vera: viviamo in un mondo che non conosce più la passione. Anzi, la teme, la demonizza, la neutralizza. Viviamo in un mondo dominato dai diminutivi e dai vezzeggiativi, dove niente è bello e tutto è carino; dove l?orrore è solo un errore di percorso; dove chi grida è un fanatico e chi invece sproloquia è un maestro del pensiero. è il mondo degli psicologi che sistemano tutto, smussano tutti i misteri, rimettono (si fa per dire) nei ranghi tutti gli irregolari. è il mondo dei chirurghi plastici che sognano di spianare ogni difetto, il mondo dei palestrati a vita che scoppiano di salute, e non s?accorgono neppure di vivere in una bolla assediata. Dove per ogni dolore ci deve essere un?anestesia, e per ogni eccezione una comoda spiegazione. è il mondo che pialla i cervelli, li ammansisce con dosi quotidiane di ovvietà. Il mondo in cui valori degni al massimo del galateo sono diventati il confine tra delinquenza e presunta civiltà. Dove l?onestà è un dogma e l?ingiustizia un peccato veniale. Dove gli assassini non si macchiano neppure più di sangue. È un mondo pronto a evolvere in un mondo di cloni. Dobbiamo accettare un mondo così? No. E per questo auspichiamo che la passione faccia breccia, rompa questo copione che è l?ultimo (ma non il definitivo) stadio di quell?omologazione che un uomo appassionato e irregolare come Pasolini aveva denunciato, senza temere i toni cupi da Geremia della contemporaneità. Passione per chi, passione per che cosa? Innanzitutto per noi stessi, per il nostro destino, per il desiderio di bellezza e di vita che ancora ribolle nel nostro cuore. In secondo luogo è passione per gli altri, che non sono una massa indistinta, ma sono tanti ?altro?, ognuno diverso e ognuno in realtà irriducibile alla grande pianificazione del potere. Non è un altro liofilizzato e confezionato; è un altro diverso, quindi che si può amare ma si può anche odiare. Di cui essere amico, ma di cui ci si può sentire anche nemico: attenti a chi ci vende un?idea di mondo spianato da una pacificazione irreale. È passione per le cose e per la realtà. Perché, come diceva un altro grande intellettuale scandaloso (a proposito dove sono finiti? Oggi ci restano solo tanti portavoce del buon senso, una schiera di perfezionisti dell?ovvio, fatti su misura per le ragioni del mercato), Giovanni Testori, «non sbaglierà, nonostante tutti gli errori, chi avrà voluto bene alla realtà. Basta amare la realtà, sempre, anche nel modo precipitoso e approssimativo che è stato il mio. Ma amarla. Per il resto non ci sono precetti». È passione anche per il nostro limite, per quello che non ci è dato di essere. Perché chi ha coscienza del proprio limite, e non lo rifiuta, e non lo maschera, ha certamente tolleranza e comprensione per il limite dell?altro. E un mondo appassionato è un mondo, magari rissoso, ma ultimamente tollerante: perché non pretende di fare la morale a nessuno, non volendo fare la morale a se stesso. E poi, permettetecelo, è passione per il lavoro che si fa. Per questo lavoro, ad esempio, che facciamo ogni settimana. Per un giornale come questo, libero e magari poco moderato. Per le cose che in ogni pagina abbiamo la fortuna di raccontare o il dolore di dover denunciare. Passione per tutte le parole che scriviamo, per i giudizi che diamo, giocando ogni volta un po? della nostra vita e della nostra faccia. Sperando tutte le settimane di appassionarvi alle cose che ci hanno riempito di passione.


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