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Elisabetta e Luciano: «Un’accoglienza mancata ci aprì all’affido»

Lei operatrice sociale, lui ingegnere, Elisabetta Cantini e Luciano Cristoferi fanno affido da 30 anni, a Firenze, con l'Associazione Famiglie per l'Accoglienza. Raccontano le fatiche, le gioie, la crescita, anche per i figli biologici, dell'aprire la loro famiglia a molti bambini. Una storia iniziata con una disponibilità offerta a ospitare i minori albanesi che sbarcavano in Italia ai primi anni '90. Ascolta l'episodio n. 3

di Redazione

Si chiamano Elisabetta Cantini e Luciano Cristoferi, sono due coniugi fiorentini, over 60, lei operatrice sociale, lui ingegnere, che da oltre 30 fanno affido. Fanno parte dell’Associazione Famiglie per l’accoglienza, una realtà presente in tutta Italia e che si occupa di adozione e affido.

Nel secondo episodio n. 3 di Genitori a tempo, genitori e basta podcast di VITA dedicato all’affidamento familiare a oltre 40 anni dalla sua introduzione con la legge 184/83, sono le loro voci che ci accompagnano in una nuova tappa del viaggio nell’Italia che accoglie. A realizzarlo è Giampaolo Cerri, giornalista di VITA e anche padre affidatario di lungo corso.

Quei ragazzi che sbarcavano in Puglia

Elisabetta e Luciano raccontano che la loro disponibilità all’accoglienza nacque ,per la prima volta, nella primavera del 1991, quando l’Italia conobbe la grande e improvvisa immigrazione albanese, di cui facevano parte anche da tanti minori non accompagnati. «Una disponibilità che non si concretizzò in un’accoglienza», ricorda Luciano, «ma che segnò l’inizio di un impegno».

Marzo 1995, VITA n. 10 si occupava proprio di un’esperienza di accoglienza di minori albanesi ad Arezzo. Nella parrocchia della Provvidenza, nel quartiere di Saione. L’autore era proprio Giampaolo Cerri

Ripercorrendo questi decenni, raccontano esperienze di affido consensuale, con l’accordo della famiglia naturale, e di affidi successivi ad allontanamenti forzati, disposti dall’autorità, e quindi con le “visite protette” con i genitori biologici. Un racconto che non censura le fatiche e, talvolta, anche i dolori di un’esperienza ma che Elisabette e Luciano consigliano oggi a tutti, «ma meglio in un percorso associativo o condiviso» dice Elisabetta.

Fare affido è costruire la pace

«L’esperienza che noi facciamo nelle nostre case ha un valore civile pubblico», aggiunge Luciano, responsabile di Famiglie per l’accoglienza in Toscana, «oggi, in un momento in cui la guerra è all’ordine del giorno, l’affido è la possibilità di vedere in azione persone in cui il criterio di giudizio sulla realtà è diverso da quello che comunemente si legge sui giornali, cioè sia il criterio della pace. Si può costruirla anche e paradossalmente, accogliendo un bambino a casa». Spiega Luciano che accogliere un bambino c’entra «anche con i morti di Israele o di Gaza, perché tu crei un pezzetto di vita nuova, in un mondo che sembra andare in tutt’altra direzione».

Le altre voci

Nell’episodio n. 1 del podcast, la presentazione della serie con le voci di alcuni dei protagonisti di questo viaggio, come quelle di Enrica e Luigi di Piacenza dell’Associazione “Dalla parte dei bambini” – Coordinamento Care, di Maria Teresa di Torino dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie – Anfaa e di Marcella e Carlo di Cuneo anch’essi di Anfaa. O, ancora, quelle di Silvia e Lorenzo di Modena, dell’Associazione Kayros

Nell’episodio n. 2, c’è l’esperienza di Marta e Paolo, dell’Associazione Papa Giovanni XIII, che hanno aperto a tanti, grandi e piccoli, la loro casa di Misinto (Mb), soprattutto a bambini con disabilità, di cui si parla oggi come minori con “special needs”, bisogni speciali.

Al viaggio si aggiungeranno poi Annalisa e Pasquale dell’Associazione Cometa di Como, Karin di M’ama Roma. e Maria Grazia con Fabio di AiBi di Milano e Saranno loro i protagonisti dei prossimi episodi, on air settimanalmente.

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Ascolta l’episodio n. 3.

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