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Elezioni: vincerà Zuma

Le previsioni dicono che il leader dell'Anc raccoglierà almeno il 60% dei consensi e sarà il nuovo presidente del Sudafrica

di Emanuela Citterio

Nessuno si aspetta sorprese. A vincere le elezioni presidenziali in Sudafrica che si aprono domani sarà Jacob Zuma, 66 anni, leader dell’African national congress dal dicembre del 2007, quando riuscì durante la storica assemblea di Polokwane a scalzare Thabo Mkeki da capo del partito e poi, dieci mesi dopo, da capo dello Stato. Uscito indenne da un processo per corruzione a poco più di due settimane dal voto (l’autorità giudiziaria non l’ha assolto, ma ha “congelato” l’iter definendolo inquinato e manipolato dalla politica), Zuma è accusato dall’opposizione di essere populista, corrotto e corruttibile. Nato nel ’42 in un villaggio del Natal, è uno zulu (Mbeki e Mandela invece sono xhosa), è cresciuto in una famiglia povera, non ha finito le scuole primarie e a 17 anni è entrato nell’ala militare dell’Anc. Richiuso per dieci anni nel carcere di Robben Island, come Mandela, è stato poi a capo dell’intelligence del partito fino ad arrivare alla vicepresidenza del Sudafrica. Nel 2005 i giornali sudafricani lo definivano «politicamente morto»: licenziato dalla vicepresidenza per la stessa vicenda di tangenti dalla quale si sta ancora difendendo (il suo consigliere economico è stato condannato a 15 anni di reclusione) sembrava non avere più chanche. Ma al suono di Umshini wami (“Portatemi la mia mitragliatrice”), la canzone dei militanti dell’Anc che canta e balla durante i raduni con i suoi sostenitori, è riuscito a conquistare sempre più popolarità tra le fasce sociali che non si riconoscono nello stile “british” della borghesia nera incarnata da Mbeki.

«Le elezioni di domani sono le più importanti del Sudafrica post-apartheid» dice a Vita.it Gianpaolo Calchi Novati, africanista e esperto associato all’Istituto di studi di politica internazionale (Ispi) che ieri a Milano ha dedicato un approfondimento all’appuntamento elettorale. «Il movimento tradizionale dei neri si è rotto con la spaccatura avvenuta all’interno dell’Anc, niente sarà più come prima. È un momento delicatissimo di transizione per il “Paese arcobaleno”». Il 16 dicembre scorso, infatti, i membri dell’Anc fedeli a Mbeki hanno dato vita a un nuovo partito, il Congresso del popolo (Cope), che però secondo gli analisti non otterrà più del 15% dei voti. «L’Anc alle precedenti elezioni si è attestato quasi al 70%» ricorda Calchi Novati, «e questa volta le previsioni non si discostano di molto, nonostante la scissione interna. Forse potrebbe guadagnare qualcosa il principale partito di opposizione, Alleanza democratica, guidato da Helen Zille, sindaco di Città del Capo».

Gli analisti delle elezioni sudafricane danno l’Anc di Zuma tra il 60 e il 70%, il Cope tra il 10 e il 15% e Democratic Alliance intorno al 15%. «L’esito è scontato» conferma Livio Caputo, sottosegretario agli affari esteri con una lunga frequentazione nel Paese di Mandela, «resta solo da vedere se l’Anc otterrà la maggioranza dei due terzi in parlamento che gli permetterebbe di modificare la costituzione, finora considerata un modello di governo liberale».
Non bisogna dimenticare che insieme alle elezioni presidenziali si apriranno domani le elezioni provinciali, e secondo la maggior parte degli osservatori in tutte le nove province del Sudafrica l’Anc otterrà la maggioranza.
«C’è una parte della società sudafricana che teme che Zuma metta fine al disegno del Paese arcobaleno e torni verso un regime razziale, ma al contrario» continua Caputo «in questo periodo ci sono stati diversi segnali preoccupanti, come le frequenti intimidazioni alla stampa e al potere giudiziario. C’è da dire che il Sudafrica governato da Mbeki ha favorito l’arricchimento di una borghesia nera lasciando indietro le masse, che ora vedono in Zuma una possibilità di riscatto. La disoccupazione è ufficialmente al 27% ma quella reale toccherebbe il 35%, e la criminalità è altissima».
A criticare l’evoluzione dell’Anc e l’arricchimento smodato di alcuni suoi componenti è stato di recente il premio nobel Desmod Tutu, che ha parlato anche di una «deriva autoreferenziale» del partito. Persino la scrittrice Nadine Gordimer, da sempre militante nella causa dell’Anc, ha detto che nel partito di Mandela c’è chi ha «svenduto gli ideali per tre mercedes».
«L’Anc non è riuscito a trasformarsi da partito della liberazione a partito di governo» afferma Caputo, «in questi anni è diventato autoreferenziale favorendo l’arricchimento di una ristretta classe legata alla sua nomeclatura e ha dimenticato il resto della popolazione». C’è anche però chi sostiene che la scissione nel partito dell’Anc e la nascita del Cope è una chiara indicazione dell’accresciuta maturità della politica sudafricana, che finora, nonostate il modello democratico, è stata di fatto dominata da un “partito unico”. Quel che è certo è con le elezioni di domani il Paese arcobaleno si trova di fronta a una tappa decisiva della sua storia.

Leggi QUI anche il commento di Giovanni Carbone nel numero di Vita in edicola

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