Politica

Elezioni, Pregliasco: «Macché virostar, mi candido da cittadino attivo»

Volto noto dell'emergenza pandemica, già presidente di Anpas, Pregliasco si è candidato alle regionali lombarde nella lista dell'eurodeputato dem Pierfrancesco Majorino, che contenderà a Fontana e Moratti la Lombardia. Racconta a VITA, le ragioni di questo impegno, con cui vuol cambiare la sanità, partendo dalla sua esperienza di medico ma anche di dirigente del volontariato

di Giampaolo Cerri

“Virostar” tra le più apprezzate, da poco past-president di una delle più grandi realtà del volontariato, l’Associazione nazionale Pubbliche assistenze – Anpas, professore di Igiene alla Statale di Milano, direttore sanitario («in aspettativa, mi raccomando») dell’Irccs Galeazzi S. Ambrogio di Milano, Fabrizio Pregliasco lo dice senza infingimenti: «È stato un mettermi a disposizione». Spiega a VITA la scelta di candidarsi nella lista di Pierfrancesco Majorino, l’eurodeputato dem che corre da goveratore alle regionali lombarde del 12 e 13 febbraio. «Sono un candidato indipendente», sottolinea.

Professore, indipendente sì ma con una scelta di campo precisa.

Sì, certo, è il campo progressista, che è sempre stato il mio.

E come è maturata questa decisione?

È figlia del mio impegno nel Terzo settore: 40 anni di volontariato nelle pubbliche assistenze, di cui 20 come dirigente.

Certo non le obietteranno di voler capitalizzare la sua popolarità “pandemica”: avrebbe più facilmente trovato un posto in lista nelle precedenti politiche…

Infatti e comunque a me interessava il mio territorio, dove mi sono impegnato professionalmente e socialmente. Io…

Lei?

Io non sono un politico ma certo voglio essere un cittadino attivo, dare un contributo. L’ho fatto con l’impegno associativo e anche con quello professionale: in medicina ho sempre fatto scelte che non andavano innanzitutto verso la realizzazione economica, come quella per la ricerca e per l’insegnamento. Ho sempre avuto un’idea sociale di medicina. E penso di portare un po’ di competenze.

Entriamo in tema, professore, perché se vincesse Majorino a lei toccherebbe fare l’assessore al Welfare…

E io sarei a disposizione, ovviamente. Anche se bisognerebbe vedere gli equilibri all’interno della coalizione. In ogni caso, la cosa importante è che anche i sondaggi indichino la Lombardia come contendibile e spero davvero che gli elettori vogliano esprimere una discontinuità verso il passato.

Ce n’è bisogno, in sanità?

Ci sono problemi che riguardano l’universalità del Sistema sanitario nazionale-Ssn, ci sono le liste d’attesa, c’è una medicina di prossimità che è da costruire, soprattutto per i fragili, ma anche nell'ambito sociosanitario mancano attenzioni: per esempio, per nove anni, siamo andati avanti con la gestione della disabilità con contenitori vecchio stile che invece devono essere modificati, immaginando dei centri di servizio che garantiscano la qualità di vita alle persone. Una realtà che ho conosciuto da vicino, per il lavoro fatto per anni alla Fondazione Sacra Famiglia e poi anche nell’impegno con Anpas in Lombardia.

Pregliasco, facciamo un esempio?

Prendiamo un cittadino anziano o con disabilità: che possa fare una radiografia gratuitamente e in un tempo ragionevole è importante ma se non c’è una rete famigliare, chi lo porta a fare quell’accertamento diagnostico? Ci vuole una presa in carico.

La "presa in carico" era il concetto base di una riforma leghista lombarda, quella sulla cronicità.

Che aveva una sua ratio ma che, nell'attuazione, è stata disastrosa ed è fallita. nella realtà, proprio perché non si è tenuto conto di quello che è l'aspetto epidemiologico. Sono stati individuati chessò i diabetici, però i diabetici sono tante cose: chi si prende una pastiglietta di Metformina e chi sta dentro un quadro molto complesso.

Cosa mancava?

La figura di un case manager che possa accompagnare e facilitare; dei veri servizi intermedi tra il medico di famiglia e l’ospedale. Perché sennò, ed è storia di questi giorni, si intasano i pronto soccorso. Un diabetico scompensato che non viene seguito, arriva in condizioni critiche in ospedale, e lì lo "sistemano" – perché comunque gli ospedali lombardi sono eccellenze – ma a quali costi?

Ricordiamolo.

Il 30% dei cittadini che sono fragili e anziani assorbono il 70% delle risorse: accade mediamente in Italia ma più o meno anche in Lombardia. E senza garantirgli una buona qualità della vita.

Quindi le case di comunità dell’ultima riforma non la convincono…

È rimasto tutto abbozzato: il rischio è che diventino degli spazi, delle mura, delle insegne. Ci vuole la cura non le mura: medici, infermieri, équipe multi-professionali.

Senta, dal suo campo, ci si scaglia spesso contro la sanità privata che, in Lombardia, significa anche non profit. Che ne pensa?

Io sono un dirigente – in aspettativa, lo ricordo – di una grande realtà ospedaliera privata. Credo che il privato, in Lombardia evidenzi eccellenze che hanno permesso di migliorare la qualità delle cure. C’è bisogno però di un coordinamento e di una gestione del pubblico, a livello territoriale, con le Agenzie di tutela della salute – Ats, e con la Regione in regia. Quindi è necessaria una spending review sulla sanità, per riqualificare il contributo del privato.

Vedere quanto si spende per il privato, intende?

Sì, per ottimizzarlo, in un’ottica di regia pubblica, affinché il servizio sia davvero universale. Non è sostituibile, ma da ri-orientare, perché rivolga al meglio le funzioni pubbliche. D’altronde l’accreditamento è previsto da 30 anni a livello nazionale. Nel Lazio, ce n’è addirittura di più.

E il Terzo settore?

È fondamentale, nell’integrazione col sanitario, nel socio-sanitario. Il non profit è elemento di integrazione con il pubblico, cui assicura la conoscenza delle comunità locali. Lavorando in virologia ho sempre cercato di evitare le contaminazioni, queste invece sono contaminazioni positive, da favorire assolutamente.

Per esempio?

I famosi tavoli di coprogettazione sono fondamentali. Cominciano esserci esempi, per fortuna, come il recente caso di Valmadrera (Lecco), dove il comune ha chiesto al Terzo settore di co-progettare una nuova gestione della storica Rsa municipale.

La non autosufficienza, tra l’altro, sarà il tema dei prossimi anni.

Le Rsa, drammaticamente al centro dell’attenzione durante la pandemia, devono continuare a fornire risposte sulla non autosufficienza ma occorre che diventino punti di snodo, diventare degli hub, per andare all'esterno con specialisti geriatri, con infermieri professionali, per svolgere quei servizi intermedi sul territorio, coordinandosi coi medici di famiglia.

A proposito di servizi, le grandi realtà di volontariato sanitario che offrono trasporto, come Anpas, Misericordie, Croce Rossa, lamentano da anni il mancato adeguamento delle tariffe da parte delle Regioni. Se ne sarà lamentato anche lei, da presidente. Alcune, col caro energia, sono in difficoltà estrema…

Della Regione Lombardia le risposte non sono state esaltanti, mi riferisco al fatto di essere considerati alla stregua di fornitori qualsiasi, senza andare a vedere qual è la forza e la presenza di entità del Terzo settore. Trasportare disabili o dializzati a cifre veramente irrisorie, fa sì che vengano realizzati servizi a bassa qualità, tanto è vero che se ne è dovuta occupare la Guardia di finanza.

Si riferisce alla vicenda di Pavia, dove una “cooperativa” era finita sotto inchiesta col direttore della Azienda socio sanitaria territoriale-Asst, per un bando irregolare?

Quello di Pavia è un esempio macroscopico ma forse c'è anche da guardare oltre.

Come sta andando la campagna elettorale?

Ricevo ogni giorno attestati che fanno piacere: le persone mi fermano per strada.

Nessun novax contestatore?

Guardi che la gente è talvolta manipolata da pochi complottisti. No, in ogni caso, nessuno.

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