Cultura
Elezioni. Parma e Piacenza. Dove l’Ulivo non può perdere
In queste due città sono nate le prime due sconfitte del centrosinistra, nel '98, prima ancora di Bologna. Ora governa il centrodestra "moderato"
Se il centrosinistra ha un obiettivo minimo in queste elezioni amministrative, (al di là di quelli massimi teorizzati da Rutelli: tenere il Sud e sfondare al Nord…) sono “tenere Genova” e riconquistare Parma e Piacenza. Queste due città, infatti, nel 1998 suonarono il campanello d’allarme (inascoltato) per la coalione di centrosinistra, ben prima della stessa (e rovinosa) sconfitta nella rossa Bologna: segnarono infatti la prima rivincita di Berlusconi quando il dominio dell’Ulivo sembrava ancora incontrastato. L’anno dopo, nel 1999, appunto, crollò Bologna. L’anno dopo ancora arrivò la mazzata delle regionali che costarono il posto all’allora premier Massimo D’Alema. E, infine, la sconfitta alle politiche arrivò, puntuale, il 13 maggio 2001. Pochi se ne accorsero e corsero ai ripari, avvertendo il malessere. Che pure c’era e forte.
Oggi, quando il potere di Berlusconi&co. sembra più saldo che mai, proprio dall’Emilia potrebbe invece ripartire il cammino, lungo e difficile, dell’Ulivo. Da qui, dove iniziò il tracollo, potrebbe scattare la resurrezione.
Parma. I parmigiani di una cosa sono sicuri: chiunque vincerà, sarà un testa a testa. Rispetto a quattro anni fa, quando si presentò frammentato e diviso, oggi il miracolo di ricomporre i pezzi del centrosinistra, compresi Di Pietro e Rifondazione, è riuscito. Il candidato Albertina Soliani, senatrice della Margherita, cattolica della sinistra diccì, può contare su una coalizione compatta intenzionata a giocarsi tutte le carte per la vittoria. Compresa quella lista capeggiata da Mario Tommasini che nel 1998 con i suoi molti voti segnò la sconfitta dell’Ulivo, ma fu anche il primo segno della sua crisi.
Dall’altra parte il sindaco, Elvio Ubaldi, anche lui proveniente dalla sinistra democristiana, sta attuando furbescamente lo stesso gioco del 1998, lo stesso che fece vincere Guazzaloca: distaccarsi il più possibile dalla Casa delle Libertà, e da Lega e An in particolare, per presentarsi come candidato di centro, moderato. Ai confini di una delle zone più rosse d’Italia, infatti, è meglio evitare collusioni dirette con ex-fascisti e leghisti. Così, a sostegno di Ubaldi c’è solo una lista civica appoggiata da Forza Italia e Udc, mentre Lega e An vanno alle urne con candidati propri, rispettivamente Tiziano Catellani e Massimo Moine. I leghisti non se la sono presa più di tanto, mentre gli uomini di Fini, stanchi di stare fuori dalla porta, hanno protestato direttamente con Berlusconi. Ma Ubaldi non ha voluto sentirci: “Se entrano loro, me ne vado io”, ha detto mettendo fine alla storia. In questi quattro anni, infatti, la città è stata guidata da una giunta “azzurra”, e An si è dovuta accontentare della presidenza di qualche commissione e di enti cittadini. Davvero pochino. Ma, secondo il sindaco, è il prezzo da pagare per vincere da queste parti. E infatti anche la sua campagna elettorale è tutta giocata su temi locali. Guai a parlare di Berlusconi, Bossi e Fini che, infatti, si sono ben guardati dal farsi vedere in città. La battaglia, dunque, si decide al centro, ma anche la sinistra deve fare la sua parte, confermando il 26% dei Ds alle politiche con cinque collegi su cinque conquistati.
Ma la vera incognita di queste elezioni è il grado di popolarità del sindaco: da una parte c’è la sua grande visibilità aiutata potenziata dagli organi di informazione, La Gazzetta di Parma e Tv Parma, che stanno col Polo, pur tra mille polemiche e critiche interne ed esterne. Dall’altra c’è il paradosso di una città in cui sono stati aperti mille cantieri, abbellita con restyling architettonici e fioriere, ma in cui il sistema fognario non funziona. Il traffico aumenta e Parma è la sesta città più inquinata d’Italia. Insomma, le basi per una riscossa dell’Ulivo ci sono tutte. Però dai sondaggi Albertina Soliani risulta un candidato “freddo”: non coinvolge e non buca il video. E, alla fine, specie a livello locale, l’appeal del candidato conta. E non poco.
Piacenza. Diversa, ma non troppo, la situazione a Piacenza. Qui siamo nella città più a Nord dell’Emilia, la zona meno rossa della regione. Piacenza, infatti, assomiglia più a un grande paese: pendolari, traffico, gite a Bobbio la domenica e bagno nel Trebbia. Qui hanno governato tutti: dal Pci con il mitico sindaco Trabacchi negli anni Ottanta al pentapartito, per poi tornare all’Ulivo dell’economista Giacomo Vaciago (prima giunta ulivista d’Italia, nata nel ’94) alla vittoria del Polo nel ’98 con Gianguido Guidotti, avvocato della Curia: meno di mille voti in più dell’ulivista Ultimino Politi (nome omen…). Ora, dopo quattro anni di governo di centrodestra, a sfidare il Polo c’è un ragazzo tutto casa e parrocchia: Roberto Reggi, ingegnere 42enne, attuale capogruppo in provincia della Margherita. Con lui tutto l’Ulivo e Rifondazione, ma non Di Pietro: le speranze di vincere sono solide. E a suo vantaggio ci sono due fattori: uno oggettivo, l’estrema frammentazione politica cittadina con 22 liste e 800 candidati per il consiglio comunale, l’altro cabalistico, visto che qui mai nessun sindaco è riuscito a farsi eleggere per due volte consecutive. La campagna elettorale però non ha visto nessun duello infuocato: parcometri, traffico, autobus gratis per gli anziani e simili i temi dei dibattiti cittadini. Guidotti in realtà è in vantaggio, ecco perché sta facendo una campagna soft, snocciolando i suoi risultati come il 2,5% di tasso criminale, tra i più bassi d’Italia. Nessun grosso scandalo da queste parti. Ma se il vincitore sarà ancora Guidotti, si verificherà un fatto strano: la Lega entrerà in giunta con almeno due assessorati. Ma il Carroccio qui governa anche in Provincia, con ben due posti nella giunta di centrosinistra di Dario Squeri. Chissà cosa ne pensa il Cavaliere.
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