Politica

Elezioni: il nuovo scenario e la fine della personalizzazione in politica

Shock per il centrosinistra e fine dell’appeal di Silvio Berlusconi. Soprattutto al Sud, dove il Movimento 5 Stelle tocca anche punte del 50%. È la fine della personalizzazione politica e di una campagna elettorale evaporata al primo contatto con la realtà

di Marco Dotti

Capire chi ha vinto, con una legge elettorale di questo tipo, sarà ancora per molte ore complicato.
Può darsi lo sia per mesi e che la partita sia patta, riportando presto gli italiani al voto. Probabilmente a ottobre.

Capire chi ha perso è semplice, ma per molti il bagno di realtà sarà ben più doloroso: il 4 marzo segna il tramonto politico della lunga e matura stagione di Silvio Berlusconi. E di quella breve e acerba di un Matteo Renzi che da domani si ritroverà segretario di un partito di fedelissimi, per la prima volta non a maggioranza ex DS e senza ex PCI. Un partito di post-sinistra, una margherita senza popolo, ma al grado zero della sua capacità di leggere il presente e per di più ridotto al 19%, ossia nei termini di una forza politica locale (Emilia e Toscana).

Forse non si apre un’era nuova, ma di certo il contesto politico italiano, dal 4 marzo, appare qualitativamente diverso. Non solo perché il M5S ha superato la soglia del 30% e da proiezioni potrebbe ragionevolmente prendersi la regione Lazio. Al Sud, inoltre, il M5S va oltre il 35% nel feudo del governatore De Luca e in alcune zone della Campania tocca percentuali da gloriosa DC (50%). Oramai è un soggetto politico con cui fare (seriamente) i conti.

Di fronte al flop di una campagna elettorale giocata tutta su «o noi o il diluvio» o nella sua variante «fascismo-antifascismo» gli elettori dimostrano di temere più quel «noi», che un probabile diluvio.
Il dato vero sono proprio loro, gli elettori: alta la percentuale di votanti (oltre il 70%). Chi se lo aspettava? Solo pochi mesi fa il refrain era: «la sfiducia nella politica».
«Speriamo si allarghi la forbice dell’astensione», mi confessava sabato un uscente (e probabilmente rientrante) senatore del Partito Democratico. Ben misera prospettiva quella di un gruppo di “democratici” ridotto a confidare nell’astensione.

D’altronde, il tanto decantato miracolo del 40% alle europee a Matteo Renzi riuscì grazie al 58,7% dei votanti. Ma quel tempo è passato: dove si va sotto la soglia del 70%, il centrosinistra si ritrova comunque in caduta libera. A Napoli, citta dove ha votato il 60,05% degli aventi diritto (451.923 votanti su 746.750). Bruciante la sconfitta al Vomero di Paolo Siani, candidato di punta di un PD cittadino che, a urne ancora calde, annuncia la resa dei conti. Fuori dal Parlamento anche il maestro Rossi Doria: M5S primo partito, si prende tutti i collegi.

La questione cruciale, però, è capire con quale criterio si sono orientati al voto gli italiani, dopo una campagna elettorale fatta di bufale e promesse irrealizzabili alle quali hanno finito per credere solo i politici che le pronunciavano. E dopo una massiccia e corale campagna anti M5S che ha ridotto Centrodestra e Centrosinistra all’inseguimento di un abilissimo Di Maio.
Forse che gli elettori, in assenza di parole attendibili, si siano attenuti ai fatti ossia ai programmi? Crediamo di sì (e su Vita abbiamo dato ampio risalto all’analisi dei programmi): l’intruppamento vecchio stile funziona solo sui margini. Ma con queste percentuali di voto la gente vota su ciò che le appare più concreto e vanifica quei margini.

Tra flat tax/ sgravi sulla partita iva/80 euro e reddito di cittadinanza 1 italiano su 3 sceglie il reddito di cittadinanza. Il lavoro, grande assente dal cuore del dibattito, rientra così nell’agenda attraverso altri canali: reddito di cittadinanza, lotta all’azzardo, una politica di accoglienza che non sia speculazione sull’emergenza.

E i trasporti: con un Ministro tuttora in carica e incredibilmente assente davanti a un Nord martoriato nella sua linea principale di collegamento (Milano-Brescia: venerdì ritardi di 4 ore per i pendolari oramai allo stremo), la gente ha fatto i propri calcoli. E ha scelto. Il tutto mentre sui social impazzava la disputa Milano- Roma sull’emergenza neve: segno di un immaginario saturato, incapace di cogliere le infinite pieghe di cui si compone il nostro Paese.
Nell’urna, più che le grandi opere promesse o inutilmente realizzate e i divertissement post-mediali, hanno pesato le modeste verità di fatto. Nel bene e nel male.

Quando parliamo di diseguaglianze parliamo anche di queste modeste verità di fatto. E della loro rappresentazione: storytelling vs nuda realtà dei fatti.
Non capire che sul discrimine tra privilegio e diseguaglianza, fra realtà e bavardage giornalistico si sta giocando tutto nel nostro Paese è la colpa più grave delle vecchie e delle giovani volpi della politica. Forse quelle volpi non hanno perso né il pelo, né il vizio. Ma il fiuto l’hanno abbandonato da tempo. Con quali conseguenze per il Paese lo capiremo presto.

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