Politica

Elezioni: il caso Roma

La vittoria del vicesindaco di Roma Gasbarra, esponente della Margherita e soprattutto ex dc di lungo corso, da sempre pupillo del senatore Andreotti, era iniziata....

di Ettore Colombo

A prima vista, il ?bell?Enrico? (Gasbarra) creerà più problemi di quanti non ne risolva, dentro la Casa delle Libertà; la sua recente e rotonda vittoria al primo turno delle provinciali di Roma, strappata al presidente uscente Silvano Moffa, apre una girandola di lotte al coltello, nel Polo, di cui difficilmente si vede l?esito finale se non in una crisi e rimpasto di governo dagli esiti imprevedibili. Ma proprio l?appoggio incondizionato che il governatore del Lazio Francesco Storace, capofila dell?anima ?sociale? di An, ha inutilmente garantito al suo amico Moffa indica che sta succedendo qualcosa, in quel comprensorio urbano che parte dal cuore della Capitale e a raggi concentrici assorbe l?intera provincia di Roma e le piccole città della campagna laziale ad essa vicina, probabilmente di diverso e migliore di quanto non dicano le stesse analisi e dietrologie politiche che oggi parlano di pezzi di An l?un contro l?altro armati che si sono tolti voti in campagna elettorale, di una Forza Italia che si è impegnata poco e male nel sostenere Moffa (Berlusconi compreso e Tajani su tutti), di un?Udc che si è sfilata dalla competizione, quando non è passata armi e bagagli dall?altra parte, come è successo con l?ex uderrino e poi udiccino Giorgio Fanfani (nipote di).
Innanzitutto, la vittoria del vicesindaco di Roma Enrico Gasbarra, esponente della Margherita e soprattutto ex dc di lungo corso, da sempre apprezzato pupillo del senatore a vita Giulio Andreotti, era iniziata sotto un segno tutto particolare, quello dell?uso (e abuso?) che il candidato presidente di un centrosinistra ?allargato? (a Rifondazione, Italia dei valori, liste civiche e della società civile) aveva fatto delle bandiere della pace, inserendole nei suoi manifesti elettorali. Succede una cosa curiosa, a Roma, infatti: nonostante siano passati tre mesi dalle grandi manifestazioni pacifiste e nonostante la guerra in Iraq sia finita ancora sventolano, dai balconi e persino dagli uffici, le bandiere arcobaleno, nemmeno si trattasse degli stendardi della Roma, la squadra di calcio più amata della Capitale che, quando gioca, rende deserta persino una città ?caciarona? come questa. Dopo un po? di polemiche, botta e risposte via Internet e punture di spillo sui giornali, tuttavia, Gasbarra e la rete Lilliput, che aveva sollevato il problema dell?uso strumentale delle bandiere, nel corso di una campagna elettorale politica, ritenendo che la pace, di suo, non dovrebbe avere colore, hanno decisamente fatto pace: l?entourage di Gasbarra ha spiegato che la loro era una scelta precisa, ?di civiltà?, e che facendola rischiavano di pagarla cara, proprio in termini elettorali e politici, e la rete Lilliput, dopo un?incontro riservato con il candidato, ha capito le sue ?buone intenzioni?.
Ma che in una città considerata da sempre cinica e pronta a digerire imperi, dinastie e regimi politici spiri un vento diverso, da un po? di tempo a questa parte, è chiaro anche dalle scelte di coraggiose di un sindaco come Walter Veltroni, il diessino che non si è mai sentito più di tanto comunista e che governa da due anni la Capitale avendo al suo fianco proprio Gasbarra. Nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni, non certo per calcolo ma comunque con una tempistica significativa, si è tenuto il ?Glocal Forum?, evento mediatico e sociale che ha radunato per tre giorni i migliori e più importanti sindaci del mondo che si battono per una globalizzazione diversa e ?dal volto umano?. Un evento che non si è limitato a riunire intorno a un tavolo più di 40 sindaci di tutto il mondo per dialogare con i rappresentanti di istituzioni internazionali, aziende e personaggi della cultura e dello sport allo scopo di promuovere la riflessione sulla pace e la cooperazione tra i popoli, ma che ha visto anche discutere fattivamente di pace in Medio Oriente grazie alla presenza di ospiti come l?ex ministro degli esteri israeliano Shimon Peres e il suo corrispettivo palestinese Abu Ala (la ?road map?, di fatto, i due l?hanno inventata proprio a Roma in occasione di un incontro passato). Tra una serata jazz e una rock e mentre uno dei re della soul music, Quincy Jones, lanciava in piazza Campidoglio il movimento giovanile ?We are the Future?, un progetto a favore dei bambini che vivono a contatto con la paura e con la guerra assieme al sindaco Veltroni e al presidente del Glocal Forum Uri Savir, restano le belle immagini di centinaia di giovani e no di tutte le razze e le religioni del mondo che invadevano Roma con un?entusiasmo superiore a quello dei turisti giapponesi. Parole al vento? Fumo negli occhi? Propaganda? Sarà. Rimane che su handicap, lotta alla droga e all?alcolismo, affidi familiari, bilancio sociale, questione immigrazione, problema dei senza casa e applicazione della legge 285 come di quella su salute mentale e disagio sociale, il comune di Roma è avanti, grazie al lavoro dell?assessorato alle Politiche sociali e all?impegno dello stesso Veltroni. Ma anche la regione Lazio governata dal leader della corrente sociale di An Francesco Storace non è certo rimasto indietro, tutt?altro: sul sostegno alla famiglia (quella ?naturale?, s?intende) come sul registro delle associazioni di volontariato, sull?handicap e sugli asili nido, sulla casa e sui giovani, le scelte dell?assessorato Famiglia e servizi sociali del Lazio e l?impegno diretto di Storace (la cui moglie è attivissima presidente di un?associazione di volontariato per bambini down negli ospedali) è stato massiccio e qualificato. I due leader politici della città-capitale e della regione, inoltre, su molti aspetti hanno bisticciato, ma su altri hanno filato via d?amore e d?accordo: nel rivendicare per Roma la centralità del servizio pubblico radiotelevisivo come nel ribadire il ruolo di Roma capitale e del sistema che su di esso s?impernia, in termini di servizi sociali, alla persona e culturali (non solo, dunque, al fine di mantenere giornaliste e veline dei tg in città contro la devolution leghista), senza dire dell?impegno a spada tratta di Veltroni per la pace, grazie al movimento dei sindaci, e ai notevoli maldipancia che lo stesso Storace ha più volte manifestato sulle scelte filo Bush del Polo. Poi, certo, sulla politica nazionale non sono esattamente delle stesse idee, i due, come hanno dimostrato punzecchiandosi nel corso di diverse occasioni.
Resta che, per ritornare nell?ambito della campagna elettorale per le elezioni provinciali appena trascorsa, non si erano mai visti due candidati così attenti alle ragioni del sociale, al mondo del volontariato e dell?associazionismo (cattolico, certo, visto che Roma è il cuore della cristianità, ma anche laico) da rincorrersi per un mese intero nell?incontrare, proporre e promettere al Terzo settore e affini tutto e di più, senza dire della serrata discussione che i candidati hanno sostenuto, ospitati da quel colosso che è la Caritas romana, su un tema spinoso e difficile per qualunque politico, quello della povertà, del disagio sociale e familiare. Parliamo di Gasbarra e Moffa, ovvio, ma potremmo anche parlare di Veltroni e Storace, che a differenza di forzisti e diessini che se ne dicono di tutti i colori in Transatlantico, abbiamo visto amorevolmente parlottare sotto l?egida di un convegno dedicato a un dc di altri tempi, Aldo Moro. Certo, resterà da vedere quanto realizzerà e farà, delle tante promesse e impegni presi sul tema, il vittorioso presidente Gasbarra come pure quanto non verrà messo a dura prova dalle tensioni politiche (quelle nazionali, dunque, che per una volta sarebbe sbagliato definire ?romane?) Veltroni e Storace, ma una cosa per ora si può dire. In campo sociale, il terreno romano e laziale è fertile.

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