Non profit

Elezioni: Cosa cambia per la società civile britannica

Intervista a Stephen Cook, direttore di Third sector, il magazine di riferimento del Terzo settore britannico che, nei pesanti tagli al welfare vede anni sempre più difficili per la società civile britannica e si dice scettico sul fatto che il sogno della Big Society di Cameron possa mai funzionare

di Ottavia Spaggiari

Mentre i tagli al welfare pongono sempre più pressione sul ruolo delle non-profit, costrette a confrontarsi con riduzioni delle proprie risorse sempre più ingenti, sembra che si preparano mesi duri per il Terzo settore made in UK, dopo la vittoria dei conservatori di Cameron alle elezioni di giovedì. Abbiamo incontrato Stephen Cook, direttore di Third Sector per farci raccontare cosa si aspetta dai prossimi cinque anni e cosa potrebbe cambiare per la società civile nel Regno Unito.

Come è cambiato il Terzo settore durante l'ultimo governo?

ll settore è cambiato molto durante il governo di coalizione. I tagli alla spesa pubblica hanno rappresentato tagli alle sovvenzioni e ai contratti ottenuti dal non-profit per fornire servizi pubblici. E’ aumentata la concorrenza con il settore privato per i contratti, con un crescente utilizzo di un sistema di pagamento basato sui risultati, che crea problemi di liquidità alle charities. Le donazioni sono rimaste stabili ma non sono cresciute, nonostante alcune misure di incoraggiamento promosse dal governo. E’ crescita anche la competizione per i bandi con i trust e le fondazioni e molte charities hanno cercato di acquisire un modello più imprenditoriale e hanno cercato dei modi per vendere prodotti e servizi, così da aumentare le proprie entrate. Il governo ha fatto molto per incoraggiare gli investimenti sociali, ad esempio con la Big Society Bank, ma questi non sono ancora uno strumenti utilizzati in modo ampio nel settore. L’occupazione nel settore è rimasto più o meno uguale (circa 800 mila persone), ma molte posizioni oggi sono part-time o a tempo determinato, con moltissimi contratti a chiamata. Il volontariato sembrava cresciuto un po’, dopo le Olimpiadi del 2012, che avevano utilizzato molti volontari, ma non vi è alcun dato che provi che  vi sia una crescita costante. Secondo alcune ricerche accademiche sembra che la recessione che abbiamo attraversato abbia contribuito ad una riduzione, piuttosto che a un aumento del volontariato nelle comunità povere dove è più necessario.

Cos’è riuscita ad ottenere la Big Society?

La Big Society (il progetto di Cameron che prevedeva una società in cui i cittadini si fanno sempre più carico dei propri servizi n.d.r.) non ha mai goduto di una grande credibilità, molti l’hanno semplicemente vista come un cinico tentativo di rendere più romantica la riduzione della presenza dello stato e i tagli ai servizi pubblici. Cameron ha presentato l’idea di persone e comunità più impegnate come una cosa positiva e sono state promosse alcune misure che permettono una partecipazione maggiore nelle decisioni delle politiche locali, ma in pratica le non-profit hanno dovuto fare di più per affrontare le conseguenze dei tagli al welfare, misurandosi con un riduzione delle loro stesse risorse. Prima delle ultime elezioni i liberaldemocratici che avevano partecipato alla coalizione e con le elezioni di giovedì sono stati decimati,si prendevano gioco della Big Society chiamandola, la "società fai da te".  

Che impatto avrà il risultato delle elezioni sulla big society?

I conservatori hanno rianimato la retorica della Big Society nel programma elettorale, sottolineando che amplieranno il programma del servizio civile nazionale, che vedono come elemento chiave del progetto. Si tratta di un’iniziativa che spinge i ragazzi che decidono di lasciare la scuola, a fare volontariato e corsi di formazione nelle proprie comunità, come un vero e proprio rito di passaggio all’età adulta. Il governo ha investito in questo molte risorse. Una cosa è certa se la Big Society significa che le persone faranno di più per sé stesse, allora è probabile che questo concetto crescerà, nel senso che con i continui tagli alla spesa pubblica, lo stato per loro farà sempre meno.

Quali sono le sfide principali per il Terzo settore britannico in questo momento e le soluzioni più interessanti emerse durante alla corsa alle elezioni?

Il settore si trova ad affrontare sempre di più i problemi che l’hanno messo sotto pressione negli ultimi anni. La grande attenzione del governo conservatore sarà sulla gestione del deficit di risorse, sull’integrità del Paese dopo la frattura con la Scozia e la contrattazione sul referendum europeo, nello stesso partito infatti ci sono diversi euroscettici. I tagli alla spesa pubblica continueranno a rappresentare un problema per molte charities, i contributi pensati per le charities continueranno a ridursi. I governi locali vedranno diminuite le risorse e questo avrà conseguenze anche per il Terzo settore, a cui dovrebbero essere affidati contratti per l’erogazione dei servizi, proprio dalle amministrazioni locali. I tagli al welfare sono stati stimati intorno ai 12 miliardi di sterline, e questa cifra metterà sotto pressione le non-profit che si occupano di persone svantaggiate e lotta alla povertà, quando anche le loro risorse sono destinate a diminuire. Tra le soluzioni più interessanti vi sono sicuramente gli investimenti sociali nel settore. Al momento però gli investitori sono solo pochi e sono principalmente organizzazioni impegnate nel sociale, come le grandi fondazioni. Gli altri partiti non avevano molte altre idee da proporre, c’era una sensazione distinta che avessero tutti dei programmi molto simili per il Terzo settore.

Cosa potrebbe cambiare dopo le elezioni?

Ci sono stati vari episodi negli ultimi cinque anni in cui i conservatori, i giornali di  destra e anche i ministri hanno criticato le campagne portate avanti dalle charities. Il risultato delle elezioni rafforzerà queste posizioni e c’è la possibilità che la Charity Commission, l’organizzazione che regola tutte le organizzazioni stringerà le regole sulla possibilità delle non profit di portare avanti le proprie campagne. C’è il desiderio di rimettere le charities nella loro scatola, perché continuino ad essere estremamente attive e generose, ma rimangano alla larga dalle politiche pubbliche e questo desiderio potrebbe essere trasformato in azione nei prossimi mesi.

 

STEFAN ROUSSEAU/AFP/Getty Images


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