Famiglia

elezioni a teheran, donne decisive

Le campagne di informazione stanno dando i loro frutti: anche nelle campagne l'altra metà del cielo vuole contare. Grazie all'esempio della possibile first lady

di Redazione

Tra meno di un paio di settimane quaranta milioni di iraniani si recheranno alle urne per votare, ma ci sono grandi differenze rispetto al passato. Prima tra tutti, non si tenderà semplicemente a riconfermare il presidente uscente della repubblica islamica Mahmud Ahmadinejad, come da consuetudine; questa volta la battaglia sarà molto più ardua e le possibilità di scelta più ampie. Contro Ahmadinejad si presentano infatti altri tre candidati forti: il conservatore Mohsen Rezai, nato nel 1954, ex capo dell’Irgc (le guardie rivoluzionarie islamiche) e due riformisti: Mir Hossein Musavi, nato nel 1941, che fu primo ministro durante la guerra Iran-Iraq prima di abbandonare, in un certo senso, la politica per diventare direttore dell’Accademia di Belle Arti di Teheran, e il religioso dal turbante bianco Mehdi Karroubi, nato nel 1937 e membro dell’associazione del clero combattente.
La campagna elettorale da poco inaugurata ha una sua particolare e nuovissima estetica: da un lato vengono utilizzate celebrità locali, tra cui registi famosi e scrittori e altri vip per appoggiare l’uno o l’altro candidato, come ha fatto Mehdi Karroubi che, per accattivarsi il pubblico giovanile si è fatto accompagnare da un cantante rap di quelli “zirzamin” (underground), o come Ahmadinejad, sostenuto pubblicamente dal mitico campione mondiale di sollevamento pesi, Hossein Rezazadeh. Dall’altro, si rivoluziona l’immagine dei candidati stessi, come quella di Mir Hossein Mousavi, primo uomo politico dal 1979 a presentarsi a ogni incontro pubblico accompagnato dalla moglie, Zahra Rahnavard, stimata docente di Storia dell’arte e consigliera dell’ex presidente della Repubblica, Mohammad Khatami. La signora Rahnavard ha più volte ribadito la centralità della questione femminile per la politica iraniana e per il suo futuro, facendo di Mousavi il possibile candidato favorito delle donne e dei giovani. Più in generale, la passione con cui vengono sostenuti i candidati dalla gente comune, che distribuisce volantini o semplicemente discute per strada di politica, è indicativa di un’atmosfera di grande fervore e dell’attesa di una svolta in cui credono soprattutto i giovani under 30, che costituiscono il 70% della popolazione iraniana.
A questo punto è difficile fare pronostici; ciò che ha colpito di questa campagna elettorale è la presenza femminile, non soltanto tra i primi 475 aspiranti candidati iniziali, che poi non sono stati in seguito ammessi dal Consiglio dei guardiani, quanto la questione femminile come principale argomento di discussione. Persiste dunque la visione, portata avanti da femministe iraniane come Azam Taleghani e Shirin Ebadi, dell’importanza di un ripensamento della questione di genere nell’Iran post rivoluzionario, dove l’Islam rimane l’unica via di legittimazione per una modernità che non sia mera imitazione dell’Occidente, ma che è inteso come un sistema flessibile, che attraverso un lavoro di re-interpretazione possa trasformare un sistema legale che sfavorisce le donne in uno in cui si promuove, al contrario, l’uguaglianza dei diritti tra i sessi.
Negli anni passati, uno degli strumenti dell’attivismo islamico femminista per promuovere questa re-interpretazione è stata l’ideazione di una campagna di rieducazione delle donne iraniane, soprattutto fuori delle città, e che sta dando ora i propri frutti. La campagna aveva lo scopo di istruire gratuitamente le donne delle zone più periferiche: ora queste stesse “donne delle periferie” sono pronte a operare un cambiamento attraverso un voto consapevole, portando le tematiche che le riguardano al centro del dibattito pubblico.


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