Iragazzi non amano il proprio corpo, lo sentono brutto, goffo e inadeguato. Favoriscono questo quadro la rincorsa impossibile ai miti giovanili, come muscolose star musicali e calciatori atletici, ma anche il triste primato detenuto dall’Italia in Europa: l’abbandono dell’attività sportiva in età adolescenziale, con cui fa pari il primato dei ragazzi obesi. Si aggiunge la paura che gli adolescenti manifestano verso i cambiamenti del proprio corpo: temono che nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza la trasformazione del corpo possa rovinarli definitivamente. Di qui la cura ossessiva, dal viso butterato ai capelli colorati, o alle gambe tozze allungate da impossibili tacchi a spillo. Spesso ragazzi e ragazze si chiedono se non fossero più presentabili con il corpo infantile di qualche anno addietro.
Elena ha 16 anni, frequenta il terzo anno delle superiori ed è in sovrappeso. Durante l’ora di ginnastica contorna il suo corpo di veli e foulard che le consentono di coprirsi. Quando, durante le partite di pallamano, si muove velocemente, con cambi di fronte improvvisi, come il gioco richiede, mette subito a posto ogni lembo del suo abbigliamento.
Poco prima di Natale siamo andati a giocare una partita in una scuola dell’estrema periferia nord di Milano, e lì Elena ha visto che le sue coetanee della squadra avversaria, in sovrappeso come lei, giocavano senza timore di muoversi, anzi, spesso erano determinanti per il risultato dell’azione. È stato allora che Elena si è buttata nella mischia, liberandosi di quell’abbigliamento più balneare che ginnico, ma soprattutto di un peso psicologico che la distraeva dalla concentrazione che la partita richiedeva. Pochi giorni fa, al termine dell’ora di ginnastica (senza pareo), Elena mi ha detto che ha capito che lo sport l’ha aiutata ad accettare il suo corpo, che fino a poco prima sentiva come una pattumiera. Ora si sente pronta a iniziare una vera cura dimagrante.
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