Cultura

El Alamein: la guerra si toglie la maschera

Recensione del film "El Alamein- La linea del fuoco" di Enzo Monteleone.

di Giuseppe Frangi

Se conoscete qualcuno che vi sta caro ma che ha pensieri positivi sulla guerra, fategli un regalo: portatelo a vedere El Alamein-la linea del fuoco. Enzo Monteleone (regista e sceneggiatore) ha fatto una scelta in apparenza non premiante: invece che filmare una guerra nel suo epicentro, ha posizionato la cinepresa là dove non può succedere niente, nel senso che dal primo fotogramma i giochi sono già fatti, e resta solo da contare quanto tempo manca alla fine («Abbiamo tre miracoli a disposizione», dicono i protagonisti al volontario ultimo arrivato; «qui noi li abbiamo già bruciati tutti e tre…»). La guerra vista dal basso ha un aspetto molto diverso da quello che i libri e soprattutto i film raccontano. è una disperazione quotidiana, un tentativo angoscioso di dare ragioni a una storia senza senso e senza scampo. è un mangiare polvere e sangue, un consumarsi nell?odio verso chi non si conosce e che non si sa perché ci è nemico. Monteleone ha rivissuto la drammatica battaglia che vide italiani e tedeschi soccombere agli inglesi nell?ottobre del 42. L?ha rivissuta come una soggettiva dall?avamposto più a sud, un avamposto senza retrovie e senza neanche più possibilità di ritirata. L?aver spogliato la guerra di ogni patina eroica è costato a Monteleone una montagna di critiche. Invece ha fatto un bel film, avvincente, crudele e pietoso, con un gruppo di attori così coinvolti nella storia da dare il meglio di sé. Non perdetelo.

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